
Due bambini sventolano la bandiera italiana - Ansa
Sono in corso grandi cambiamenti per quanto riguarda la normativa inerente la cittadinanza. Il fallimento del referendum ha fatto passare in secondo piano il fatto che nella Gazzetta Ufficiale-Serie Generale n. 118 del 23 maggio 2025 è stata pubblicata la legge n. 74, di conversione, con numerose modificazioni, del decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, recante “Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza”. La legge pone nuovi limiti all’acquisizione della cittadinanza, ad esempio restringendo i criteri di trasmissione iure sanguinis.
La normativa è tecnicamente molto complessa, per cui gli addetti ai lavori sono già all’opera per cercare di interpretare esattamente questi cambiamenti. Gli Sportelli immigrati del Patronato Acli, operativi sui territori per lo svolgimento di pratiche relative alla cittadinanza, hanno già posto quesiti interpretativi al ministero dell’Interno, per alcuni casi, non così inconsueti, che ad oggi paiono andare incontro a gravi complicazioni nell’esigibilità dei propri diritti. A cercare di spiegarlo in modo semplice è Matteo Bracciali, referente della Federazione Acli Internazionali: infatti, questi cambiamenti colpiscono anche diverse famiglie italiane cosiddette expat, cioè residenti all’estero. «C’è molta preoccupazione in particolare per queste famiglie, che non fanno notizia e che sono poco abituate a dover lottare per un diritto, perché si tratta di cittadini italiani, nati in Italia da genitori italiani, per cui non si sarebbero mai aspettati di avere difficoltà nel trasmettere la cittadinanza ai figli» spiega Bracciali. Infatti, in base alla nuova normativa, se questi (che sono per lo più giovani lavoratori, studiosi, ricercatori, andati a cercare miglior fortuna in altri Paesi) hanno ottenuto anche la cittadinanza del Paese di destinazione, mantenendo quella italiana, quest’ultima si trasmetterà ai figli per diritto di sangue solo grazie alla cittadinanza esclusiva dei nonni. Insomma, «un filo che si spezza, quello che tiene legate le nostre comunità italiane all’estero alle loro radici –. osserva con preoccupazione Bracciali –. Sono persone orgogliose delle loro origini quelle che incontriamo nelle nostre sedi all’estero, non certo aspiranti truffatori». In buona sostanza, questi nuovi italiani che nasceranno all’estero, da genitori italiani ma con doppia cittadinanza, dovranno dimostrare di avere i nonni (ascendenti di secondo grado) che posseggono la sola cittadinanza italiana.
Ma i cambiamenti non finiscono qua: le cose si modificano anche per i figli di cittadini naturalizzati italiani. Questi non la otterranno più in automatico insieme ai genitori: dovranno dimostrare la residenza continuativa in Italia per almeno due anni. Dunque, i figli nati all’estero, che si siano ricongiunti al padre, divenuto italiano, da meno di due anni, potrebbero restare bambini stranieri fino al compimento della maggiore età, mentre il genitore sarà cittadino a tutti gli effetti. Anche errori burocratici relativi alla continuità della residenza potrebbero far sì che i figli di italiani naturalizzati non possano esserlo a loro volta. Prima di questo cambiamento, era sufficiente la residenza e la convivenza in Italia col genitore al momento del giuramento. «Stiamo ancora facendo approfondimenti interpretativi su tutti questi casi, ma siamo preoccupati per questa legge che, di fatto, prevede che ci siano cittadini italiani di serie A e di serie B, catalogati in base alla loro capacità di trasferire ai figli la cittadinanza – osserva Bracciali –. In un mese si è voluta stravolgere una legge trentennale. Forse sarebbe servita una maggiore prudenza».