venerdì 20 aprile 2012
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Emmanuel, l’ultimo arrivato, appena 8 mesi, non sa di essere sotto sfratto. Abbandonato dalla madre romena di 18 anni, e gravemente disabile, è stato accolto con amore da 6 mesi nella casa famiglia "La Compagnia dei Felicioni" della Comunità di Capodarco, che da dieci anni opera in una villetta di Trentola Ducenta confiscata al boss della camorra, Dario De Simone. Una vera famiglia per Emmanuel (i nomi dei bimbi sono di fantasia), la sua prima famiglia. Una mamma e un papà, Fortuna e Antonio, che oltre ai loro quattro figli (uno adottato) hanno aperto la vita a bambini con storia di dolore, violenza, abbandono. In dieci anni 31 bambini affidati dal tribunale o dalle amministrazioni locali. «Siamo genitori – spiegano – e vogliamo essere fino in fondo accanto alla sofferenza per trasformarla. Ci stanno a cuore i bambini di questa terra perché noi ci sentiamo parte del nostro territorio».Ma questa bella famiglia corre il rischio di essere sfrattata perché il sindaco, come Avvenire ha denunciato circa un anno fa, insiste nel dire "no" alla proroga del comodato d’uso del bene confiscato, scaduto lo scorso 8 aprile. Se non fosse stato per l’intervento del Tar che ha sospeso la delibera comunale, i "Felicioni" sarebbero stati mandati via: Fortuna, Antonio, i bambini e i due ragazzi che, raggiunta la maggiore età, sono rimasti con loro. A luglio il Tar deciderà nel merito ma il sindaco non molla e lo sfratto continua a incombere. Emmanuel non lo sa. Ci guarda incuriosito coi suoi occhioni che sorridono malgrado la malattia che nei prossimi giorni lo obbligherà a un difficile intervento al Bambino Gesù di Roma. Sorride il piccolo tra le braccia di Fortuna. «É davvero un "felicione". É il sorriso di Dio». Una felicità a rischio.Anche Francesca, 13 anni, non sa di essere sotto sfratto. La sua testolina di riccioli biondi è devastata da anni di violenze da parte del padre. L’avevamo incontrata tre anni fa, magra, il viso smunto, parlava solo a versi e si attaccava con le mani alle persone. Come un cucciolo in cerca di affetto. Ora gira tranquilla per la casa, parla con la gente. Anche se quelle violenze la continuano a condizionare. Ma questa ora, da sei anni anni, è la sua famiglia, questa è la sua casa ma... sotto sfratto. Anche Paolo non lo sa. Sette anni, un visetto vispo, sempre in movimento. Ma quando è stato affidato a Fortuna e Antonio batteva la testa contro al muro, cadeva in continuazione, non sapeva controllare gli sfinteri, emetteva solo versi. Figlio del degrado familiare, un padre con problemi mentali, una madre alcolizzata, probabilmente maltrattato, Paolo veniva lasciato per ore seduto a terra con le gambe incrociate a guardare la tv. Solo i filmati di "mister Bean", il comico inglese che non parla mai. Quella era per lui la realtà, per questo non parlava. «Dove era la rete di sostegno di quella famiglia? Nessuno vedeva? Davvero nessuno poteva intervenire prima?» si sfoga Fortuna. Oggi Paolo va a scuola ed è cominciato un percorso per la sua adozione. Il bambino reagisce, fa anche domande complesse. «Checco e Armando sono i vostri figli e io?». Ma la strada sarà molto difficile.I quattro figli di Fortuna e Antonio invece sanno dello "sfratto". «Glielo abbiamo detto. E dopo una prima reazione di stupore e dolore si sono fidati di noi. Non ne parliamo più. Hanno capito che ci batteremo fino all’ultimo ma comunque vada l’importante è tenere aperta la porta all’altro». Storie difficili, di dolore e speranza che i "Felicioni" hanno voluto condividere in occasione del decimo anniversario. Casa piena di tanti amici, dal parroco don Vincenzo Marino col quale collaborano in iniziative per i giovani del paese, ai volontari di Libera e del Comitato don Peppe Diana, e perfino l’università Orsola Benincasa che sta sostenendo la casa famiglia. E ospiti molto speciali. Il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, i presidenti di Libera don Luigi Ciotti e di Capodarco, don Vinicio Albanesi (vedi altro articolo). A loro Fortuna e Antonio confermano il proprio impegno. «Oggi siamo in festa e vi ringraziamo per essere qui con noi. Siamo convinti della pedagogia della Resurrezione, che si può riemergere anche dalle storie negative. Quindi ora siamo più forti anche per il male che ci è stato fatto. Se dovessimo uscire di qua saremmo nudi ma vittoriosi perché abbiamo mantenuto la nostra dignità».
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