venerdì 17 febbraio 2017
Fioroni (Pd): parlo da medico, le Dat così non vanno
Giuseppe Fioroni

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«Fermiamoci a riflettere. Con questo testo si apre all’eutanasia passiva». Giuseppe Fioroni, leader dei popolari del travagliato Pd ed ex ministro dell’Istruzione lancia un allarme. E lo fa soprattutto da medico, dirigente di Medicina interna al Policlinico Gemelli.

Diranno che sono otto anni che si attende una legge.
Quando si parla della vita e della morte meglio una riflessione in più e non in meno. Specie se si commette l’errore di pensare di avere la proprietà esclusiva della nostra vita.

Che cosa preoccupa di più, del testo?
Le Dat, rilasciate quando la persona è sana, si prevede che siano vincolanti, a meno che il medico non possa dimostrare che i suoi interventi migliorano le condizioni del paziente. Ora, se abbiniamo tale vincolatività con la classificazione come trattamento sanitario anche della nutrizione e idratazione artificiale, sostanzialmente noi stabiliamo che una persona che abbia escluso nella Disposizione anticipata l’alimentazione e l’idratazione possa essere lasciata morire di fame e di sete.

È l’aspetto più delicato.
Certo. Di fame e sete muore sia una persona sana che una persona malata. E questo combinato disposto della vincolatività della Dat col possibile inserimento di idratazione e alimentazione nella stessa, apre di fatto all’eutanasia passiva. Così, allo stesso modo potremmo pensare che medicare le piaghe da decubito di un malato terminale (che sono un trattamento terapeutico che non migliora le condizioni di vita del paziente, ma previene solo un’infezione) possa essere escluso con la Dat. E mi chiedo, da medico: anche per fare una flebo glucosata o di liquidi ci vorrà il consenso informato? Ma così si intasano gli ospedali.

Come si possono correggere queste storture?
Prevedendo che un medico debba prendere, sì, in grande considerazione la Dat, ma poi debba scrivere in cartella clinica se intende aderirvi o meno, e le motivazioni per cui lo fa. E sarà il medico a valutare se anche idratazione e alimentazione, per lo specifico paziente, nel caso concreto, rischino di rappresentare accanimento terapeutico.

Famiglia e i congiunti non sembrano tenuti in alcun conto.
Mi terrorizza l’idea che si tolga di mezzo con leggerezza quel circuito virtuoso fra medico, paziente e - appunto - la famiglia, che fino ad oggi è stato, nella stragrande maggioranza dei casi, l’argine all’accanimento terapeutico. La normativa si riferisce a casi astratti, ma dovrà operare in casi concreti, che vanno valutati di volta in volta, anche alla luce dell’evoluzione della scienza medica.

L’autodeterminazione come principio va riconosciuta? E fino a che punto?
È importante come principio, ma deve sempre fare i conti col senso di responsabilità del medico. Quando nella legge si dice che un medico, se attua la volontà del paziente, non ne risponde civilmente e penalmente, se per assurdo, nel testamento biologico, uno chiedesse, in caso di cancro, di essere curato con gli estratti del del tubero blu, che cosa si fa, lo si fa morire senza chemio?

In queste ore si sta accelerando. Meglio approfondire la riflessione, invece?
I temi di bioetica rappresentano la nuova frontiera, e in questa prospettiva, mi preoccupa pensare a un Parlamento chiamato a fare la ricetta per dire come ciascuno di noi dev’essere curato. Credo che responsabilità delle competenze scientifiche venga prima della capacità legislative.

C’è chi sostiene che la fretta sia dettata dalla strumentalità politica.
Questo tema tocca la coscienza di ogni cittadino. Affrontarlo con il rischio di favorire chi cerca di creare divisioni del Pd, o problemi alla maggioranza di governo, credo sia sbagliato.

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