martedì 17 gennaio 2023
Don Luigi Ciotti: una certa politica ha avuto delle responsabilità. Cosa nostra è passata dalla fase stragista alla fase imprenditoriale e ormai ha una dimensione internazionale
Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che ogni 21 marzo ricorda con una marcia in una città tutte le vittime di mafia

Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che ogni 21 marzo ricorda con una marcia in una città tutte le vittime di mafia - Ansa

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Soddisfazione, preoccupazione, giustizia, verità e conversione. Sono le parole che ritornano nella lunga chiacchierata che don Luigi Ciotti, fondatore e presidente del Gruppo Abele e di Libera, ci regala al termine della giornata iniziata con la cattura di Matteo Messina Denaro. «È una notizia di cui essere felici ed è giusto, anzi doveroso, il riconoscimento alle forze di polizia e alla Procura di Palermo, che per tanti anni, con sforzo e impegno incessanti, anche a costo di sacrifici, hanno inseguito il latitante. Ma non vorrei si ripetessero gli errori commessi in seguito alla cattura di Riina e di Provenzano».

Quali errori, don Luigi?
Non si dimentichi il principio che l’ultima mafia è sempre la penultima. Il codice genetico della mafia affida alla sua creatura un imperativo primario, quello di sopravvivere, cambiare, mutare. Quelle mafie sono cambiate, stanno cambiando ma c’è sempre un’altra che cova, che ha sempre covato. Nei cambiamenti storici che sono avvenuti ci sono sempre le ceneri che covano sotto. E allora sarà bene porci la domanda di come sarà la mafia che viene. Non si risolve tutto arrestando il capo.

La mafia che viene o che c’è già?
La mafia è molto cambiata. Ora che abbiamo preso dopo trenta anni Matteo Messina Denaro, sembra tutto risolto. No, attenzione. Guardiamo quello che, ad esempio, sta succedendo a Milano dove ci sono imprenditori che vanno a cercare loro i mafiosi. I grandi boss hanno abbandonato le forme arcaiche, adesso ci sono i manager, usano delle strategie, delle modalità, degli strumenti diversi.


Già Messina Denaro era più moderno di Riina e Provenzano, come capacità di investimenti in attività innovative come i centri commerciali, l’eolico, l’azzardo.
È passato dalla fase stragista a quella imprenditoriale, e ormai c’è una dimensione internazionale. Non solo Sicilia. Infatti quest’anno non a caso terremo a Milano la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Oggi le mafie viaggiano su piani molto più alti.

Se volesse, Messina Denaro potrebbe aiutare a capire, a trovare quella verità che ancora manca?
Deve togliere un po’ di questa nebbia. Ancora non si riesce a capire chi sono stati i mandanti che si nascondono dietro tante vicende. Aveva ragione Borsellino quando diceva “mi ammazzeranno, ma il problema non è scoprire chi mi ammazzerà ma chi ha dato gli ordini”. Messina Denaro è conoscitore di questo. Mi auguro che ci sia una sua collaborazione e sono sicuro che molti oggi tremano, quelli che in questi trenta anni lo hanno assecondato, accompagnato, coperto. Per loro è un momento difficile perché se collabora si spazzeranno quelle nebbie, emergerebbero delle verità, scopriremmo delle cose fondamentali. Lo dobbiamo a chi ha perso la vita, al loro sacrificio, al loro impegno, ai loro familiari che per l’80% non sanno la verità, e senza la verità non c’è giustizia.

Sicuramente oggi è un grande successo della magistratura e delle forze dell’ordine. Ma basta questo per sconfiggere davvero le mafie?
La latitanza di Messina Denaro è stata possibile anche grazie alla latitanza di una certa politica che non ha tutelato e promosso il bene comune, garantendo i diritti fondamentali, come il lavoro, la scuola, la salute. Le politiche sociali sono fondamentali, perché sono la libertà e la dignità della gente. Molto, invece, è stato fatto in questi anni da una società che si è data da fare. Penso alla raccolta di un milione di firme per la legge sull’uso sociali dei beni confiscati. Ora leggo che Giorgia Meloni propone che il 16 gennaio diventi la giornata di festa della lotta alla mafia. Io vorrei ricordarle che c’è il 21 marzo, legge dello Stato, che ricorda il sacrificio e l’impegno di tante persone.

Le immagini di Messina Denaro non sono più quelle del giovane boss, con auto di lusso, donne e abiti griffati. E’ un uomo malato, sofferente.
Siamo tutti uguali. Ora sarà lo Stato a tutelare la sua salute. E sappiamo che anche nelle carceri su questo non è mai venuto meno. Quindi troverà dei medici che gli daranno una mano. Sarà anche un’occasione per guardarsi dentro. Io me lo auguro di cuore che ci sia voglia di collaborare per restituire un po’ di giustizia al Paese. Spero che trovi la forza per togliere queste nebbie che hanno accompagnato la storia di questi anni. Abbiamo bisogno di una verità senza ombre, completa.

Ora tutti parlano di mafia…
In campagna elettorale quali forze politiche hanno parlato di mafia? Nessuno. Ora tutti parlano, ma temo che la storia si ripeta. C’è aria di normalizzazione. Mi auguro di no.

E all’uomo Messina Denaro cosa dice?
Io sono piccolo piccolo, ma mi auguro che ci sia anche per lui la conversione, perché dobbiamo credere che anche nella storia delle persone che hanno commesso cose terribili, sia possibile un cambiamento interiore. Ne ha bisogno la sua coscienza, la sua vita, ne ha bisogno lui soprattutto di tutto questo. Lui e tanti altri.

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