martedì 18 febbraio 2020
Vuole fare l’educatore, da bullo che era, per spiegare ai ragazzi come si diventa grandi nonostante gli sbagli
Don Claudio Burgio, il cappellano del carcere minorile Beccaria, assieme a Daniel, nel giorno della sua laurea

Don Claudio Burgio, il cappellano del carcere minorile Beccaria, assieme a Daniel, nel giorno della sua laurea - http://www.kayros.it/

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C’era una volta un ragazzo cattivo, che si chiamava Daniel. Pensava di non dover studiare, o lavorare, per poter vivere, e che contasse solo esser ricchi. Così – aveva sì e no 15 anni – cominciò a minacciare e a picchiare i suoi coetanei, a rubare le borsette per strada e la merce nei negozi, finché divenne uno dei bulli più temuti del suo quartiere, alla periferia di Milano. Violento e spietato. Nemmeno quando fu arrestato, Daniel capì che doveva cambiare: anzi, continuava a comportarsi male e a prendere punizioni.

Finché per la prima volta nella sua vita incontrò qualcuno – don Claudio, il cappellano del carcere minorile Beccaria – che non lo guardò come un ragazzo cattivo: «Sei migliore di così» disse don Claudio, e si prese Daniel nella sua comunità di recupero. Era il 2015.

Già dopo un anno il ragazzo cattivo non esisteva più: Daniel capì che aveva sbagliato e che la vita doveva avere tutto un altro senso. Cominciò a studiare, dall’Inferno di Dante Alighieri, un librone che gli aveva messo in mano un’anziana professoressa in carcere, che come don Claudio aveva visto qualcosa in lui. E con quelle storie di cattiveria e di dolore, con la poesia, con le regole di condivisione della vita in comunità e il sostegno della sua famiglia, Daniel ricominciò a camminare. Giovedì scorso – qualcuno fra i suoi vecchi amici ha fatto persino fatica a riconoscerlo, tanto luminosi erano i suoi occhi – s’è laureato brillantemente all’Università Cattolica di Milano in Scienze della formazione.

Vuole fare l’educatore, da bullo che era, per spiegare ai ragazzi come si diventa grandi nonostante gli sbagli, o forse anche grazie a quelli.

Ad assistere alla sua tesi di laurea, oltre a don Claudio e alla professoressa dell’Inferno di Dante, c’era anche il giudice del Tribunale per i minorenni di Milano che l’ha fatto condannare tante volte, fino a costringerlo al carcere: «È una grande vittoria di tutti noi, questa» ha detto stringendolo fra le braccia come una seconda mamma.

La pm, insieme a Daniel, gira le scuole e incontra gli studenti raccontando che si può «non cedere alla tentazione del lato oscuro della forza. Lui è riuscito a trovare dentro di sé la forza del cavaliere Jedi e in questo è un esempio per i ragazzi». Il primo a essergli stato affidato si chiama Bragan, ha 17 anni. Era un ragazzo cattivo, finché Daniel non l’ha guardato come don Claudio ha fatto con lui.

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