martedì 24 aprile 2012
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Salute sempre più affidata alla buona... sorte. Con la crisi sono cresciuti i fattori di rischio, diminuite le risposte dei servizi pubblici e le Regioni ormai azzoppano la prevenzione. E il peggio deve ancora venire: nel 2015 mancheranno 17 miliardi di euro al Servizio sanitario nazionale per coprire i bisogni sanitari degli italiani. Come racconta il nono " Rapporto Osservasalute" pubblicato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane che ha sede presso l’Università Cattolica di Roma, dov’è anche stato presentato ieri. A partire da un dato: dal 2007 al 2010 l’effetto dei tagli a servizi e farmaci ha ridotto del 3,5% la spesa pubblica per i farmaci, ma aumentato del 10,7% quella privata per i soli farmaci.Meno frutta e verdura. «È in pericolo la salute degli italiani – si legge –. E salta già agli occhi come gli italiani, pressati dalle restrizioni economiche, comincino a risparmiare su azioni preventive di base». Si rinuncia per esempio a frutta e verdura, che «diventa un lusso per pochi (per la prima volta dal 2005 si registra un calo del numero di porzioni consumate al giorno fino al 4,8% dal 5,7%)».Più antidepressivi... Gli italiani, insomma – spiegano i ricercatori –, «se costretti a fare economia, tagliano dove possono e cercano risposte rapide al moltiplicarsi dei piccoli disturbi». Così «risulta aumentato il consumo di farmaci antidepressivi (cresciuto di oltre quattro volte in una decade, passando da 8,18 dosi giornaliere per mille abitanti nel 2000 a 35,72 nel 2010)», come «effetto anche di un disagio diffuso dilagante, scatenato dalle difficoltà socioeconomiche».E più suicidi. Non soltanto. «Numerosi studi – sottolinea ancora il Rapporto – dimostrano che l’impatto sulla salute di una crisi economico-finanziaria, quale quella che stiamo vivendo a livello globale, è forte: potrebbe portare a un incremento dei suicidi». Coi dati che mostrano «anche per l’Italia un aumento del numero di suicidi tra il 2006, quando i casi registrati erano 3.607 e il 2008, che si chiude con 3.799 casi», ma anche «delle morti legate ad uso/abuso di bevande alcoliche e droghe».Buona salute, ma sempre meno. Ad ogni modo, la salute degli italiani resta «tutto sommato ancora buona, grazie alla "rendita" a loro disposizione, merito, per esempio, della tradizione della dieta mediterranea». Che però «rischia di erodersi rapidamente: gli italiani sono infatti sempre più grassi (nel 2010 il 45,9% degli adulti, contro il 45,4% del 2009), più anziani (sempre più ultra75enni, il 10% della popolazione contro il 9,8% della scorsa edizione del Rapporto) e colpiti da malattie croniche».Maggiore speranza di vita. Migliora intanto la speranza di vita degli italiani: «Nel 2010 è risultata pari a 84,4 anni per le donne e a 79,2 anni per gli uomini». E i dati indicano, per entrambi i generi, una ripresa della crescita di questo valore, che sembrava essersi arrestata nei due, tre anni precedenti. «Dal 2006 gli uomini hanno guadagnato 8 mesi e 4 le donne».Nuovamente fecondità in stallo. Svanisce la (flebile) speranza di crescita del tasso di fecondità degli anni passati, di nuovo sceso da 1,42 del 2008 a 1,41 del 2009, con le prime stime sul 2010 a confermare questo trend. Si arresta quindi il timido processo di ripresa dei livelli di fecondità che era partito nel 1995 quando questo tasso raggiunse il suo minimo con 1,2 figli per donna.Asl poco trasparenti. Solo il 57% delle Asl pubblica i dati relativi alla propria attività. E la maglia nera va alla Puglia, stando ad Osservasalute: lo fa solo 1 delle sue 7 Asl, segue il Lazio (2 su 12), mentre regioni virtuose sono dove tutte le 15 Asl pubblicano on line sono la Lombardia e il Friuli.Buco nero per tre regioni. Sono efficaci le iniziative di contenimento della spesa sanitaria messe in campo in Italia: il 2010 infatti – secondo Osservasalute – ha mostrato una crescita molto contenuta della spesa pubblica pro capite (+0,66%), che mantiene il nostro Paese sotto la media Ue. Il dubbio degli esperti? «I tagli all’assistenza potrebbero incidere sulla salute dei cittadini». Quanto invece agli equilibri economici a breve, preoccupano le differenziazioni regionali. Con Lazio, Campania e Sicilia che da sole «hanno prodotto il 69% sia del disavanzo italiano 2010, sia del disavanzo cumulato 2001-2010».Il disavanzo arretra. Anche nel 2010 il Servizio sanitario nazionale conferma un disavanzo: 2,325 miliardi di euro circa (39 pro capite). Ma assai meno rispetto ai 3,251 miliardi del 2009, confermando il trend dal 2005. La spesa sanitaria italiana comunque non può dirsi fuori controllo, afferma Eugenio Anessi Pessina, docente di Economia aziendale e Public Management della Cattolica: «Vengono applicati dei tagli alla sanità non perché la spesa sia alta, ma per tentare di diminuire il debito pubblico italiano».
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