mercoledì 8 luglio 2020
Teniamo alta la guardia, il vaccino dell’influenza? Non so se sarà possibile imporlo, ma risolverebbe il problema delle diagnosi.
Il virologo Pregliasco: pandemia ancora in corso
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A Oxford dicono che il Covid-19 non è nato in Cina, che è un virus dormiente, che c’è sempre stato e che adesso si è risvegliato. Lei ci crede?
La scienza procede per evidenze dimostrate e sempre confutabili – è la risposta del virologo Fabrizio Pregliasco, direttore scientifico dell’Irccs Galeazzi di Milano –, ma prima vanno dimostrate. Quella del Cebm di Nuffield è un’ipotesi degna di rispetto, che parte dal ritrovamento di tracce del coronavirus in campioni di acque reflue precedenti la pandemia. Aspettiamo che sia confermata dai dati prima di commentarla, no?

Questa ipotesi però spiegherebbe tante cose, anche la paura di una risorgenza del virus in autunno. Lei cosa si aspetta che succeda?
In questo momento la pandemia è in corso e il Covid-19 sta andando avanti. Non è finito nulla. Certo, è una guerra di trincea, fortunatamente con meno morti di prima, e il virus si muove nel sottobosco. L’estate ha creato condizioni ambientali e di distanziamento sfavorevoli al contagio, ma l’autunno e l’inverno comporteranno sbalzi termici e l’azione convergente di altri virus influenzali. Teniamo alta la guardia.

Sarà necessario imporre il vaccino dell’influenza?
Non so se sarà possibile 'imporlo', ma sarebbe sensato farlo perché risolverebbe il problema della diagnosi differenziata: ci saranno migliaia di influenzati, in assenza di una vaccinazione di massa dovremmo isolarli tutti.

Non avremo ancora un vaccino per il Covid-19?
Lo escluderei, anche se si procede rapidamente. Servirà un anno e mezzo per le verifiche e l’industrializzazione, anche se il programma italo-inglese (la Irbm di Pomezia sta lavorando con lo Jenner Institute dell’Università di Oxford, ndr) si basa su una tecnologia consolidata.

Come bisogna gestire la situazione nell’attesa dell’inverno?
Ripeto: il virus circola ancora, anche se sottotraccia, si presenta in forma lievi e probabilmente esiste una quota molto alta di asintomatici. Ma circola. Anche perché siamo diventati meno attenti e ci sono casi di importazione legati ai viaggi aerei. Bisogna proseguire nel monitoraggio, soprattutto negli ambienti di lavoro a rischio, come dimostra il caso dei macelli tedeschi, dove bassa temperatura, umidità e affollamento degli operatori hanno creato degli importanti focolai. Lo stesso può avvenire da noi, soprattutto in quelle aree dove si lavora in condizioni di scarsa sicurezza.

Perché il virus uccide di meno?
Difficile stabilirlo. Abbiamo ancora delle mere ipotesi. Sappiamo che gli asintomatici hanno una bassa carica virale e sappiamo che sono tanti: prima non li intercettavamo, ora siamo più efficienti nei controlli. Sappiamo che il virus è mutato, nel senso che è divenuto più contagioso e meno letale, diversamente da Ebola. Sappiamo usare meglio gli antivirali non specifici: in particolare gli steroidi e l’eparina, mentre è stata ridimensionata l’efficacia dell’idrossiclorocina e anche sul Rendesivir non vi sono dati robusti per farvi così tanto affidamento. Inoltre, siamo maggiormente consapevoli dei meccanismi di trasmissione attraverso l’aerosol… insomma, abbiamo imparato molto in questi sei mesi di emergenza ma è onesto dire che mancano ancora molte conferme scientifiche di queste intuizioni. Stiamo cercando di collocare tutti i tasselli disponibili per capire di più.

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