venerdì 19 febbraio 2010
Dimissioni da coordinatore e da sottosegretario dopo il pranzo Berlusconi-Fini e la confermata intesa con l’Udc. Il premier: «Scelta nobile, ma ora ci ripensi». Nel mirino l’asse fra Bocchino e Carfagna.
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Tanto tuonò che piovve. Nicola Cosentino si dimette. Da coordinatore del Pdl campano, e da sottosegretario all’Economia. «Lo faccio per liberare il campo da ogni strumentalizzazione in campagna elettorale». La decisione, subito dopo il pranzo fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, da cui emergeva la riconferma dell’intesa con l’Udc, che gli toglieva potere decisionali anche nella sua Provincia, Caserta, promessa al partito di Casini per Domenico Zinzi. E non bastavano, in serata le parole di Silvio Berlusconi a fargli cambiare idea. «Pur apprezzando le nobili motivazioni che lo hanno indotto a compiere un gesto volto a far sì che durante la campagna elettorale non vi possano essere strumentali ragioni di polemica dell’opposizione, nel rinnovargli la mia stima lo invito a continuare nel suo lavoro nell’interesse del partito e del Paese», gli mandava a dire il premier.Ma le cose non stanno proprio così. Altro che opposizione, il gesto di Cosentino era una porta sbattuta in faccia proprio ai suoi. Aveva, nel suo sfogo con Berlusconi, mercoledì, lamentato il progressivo «commissariamento» di cui si sentiva vittima in Campania da parte di Italo Bocchino e di Mara Carfagna, rivendicando che era stato lui l’artefice della risalita del Pdl in regione. Avvertendo il premier come la saldatura fra l’uno e l’altra rischiava di avvenire a tutto beneficio di Fini. Che di Bocchino è il riferimento attuale, mentre il ministro della Pari Opportunità non aveva fatto mistero, altrettanto, di vedere nel presidente della Camera l’unico possibile successore di Berlusconi. Non a breve certo, ma... Non c’era neanche bisogno, dunque, di ragionare più di tanto: l’eccellente esito dell’incontro Fini-Berlusconi, Cosentino lo leggeva come una sentenza. Era chiaro che la promessa fattagli dal premier al termine del suo sfogo, di lasciargli l’ultima parola sul candidato presidente di Caserta non aveva retto, di fronte all’impuntatura dell’Udc e all’avallo di Fini.Ma ora le cose si complicano in Campania. Basta leggere in controluce la fulminea dichiarazione di Bocchino, appena trapelava la scelta di Cosentino: «Le dimissioni vanno respinte dai vertici del Pdl al fine di garantire un suo contributo in campagna elettorale e per evitare che nella vicenda dell’alleanza con l’Udc appaia che ci sono vincitori e vinti». E già: chi le fa adesso le liste in Campania? Era l’interrogativo sotteso alla dichiarazione di Bocchino. E i voti del Pdl a Caserta, dove il coordinamento locale aveva fatto muro sulla candidatura del senatore Pasquale Giuliano? Era l’altro interrogativo.Meno preoccupata, a dire il vero, si mostrava Mara Carfagna, pur dicendosi «umanamente molto dispiaciuta per le dimissioni. Spero ci ripensi o che vengano respinte, perché siamo nel mezzo di una campagna elettorale fondamentale per i destini di questa Regione». Ma subito avvertiva: «Sono convinta che il partito andrà avanti con la squadra che sta lavorando da tempo per vincere queste elezioni. È una perdita importante, mi auguro che rimanga in sella – aggiungeva di nuovo –. Se non dovesse essere così, il partito è convinto che l’obiettivo di vincere le elezioni va perseguito a ogni costo. La classe dirigente campana è matura, radicata sul territorio e ha dimostrato più volte di saper affrontare i momenti difficili».Ma c’è anche chi vede, nella vicenda, un nesso con la svolta "liste pulite" del Pdl, chiesta altrettanto dagli uomini di Fini (Fabio Granata e Angela Napoli) e sottoscritta in pieno da Berlusconi. Una svolta che Cosentino (che si sente ingiustamente accusato per le inchieste sulla mafia) potrebbe non aver gradito. E anche Denis Verdini, toccato a sue volta dalle inchieste sugli appalti della Protezione civile, ora ha avuto meno forza per difendere il fido coordinatore campano.

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