lunedì 25 marzo 2019
L'ex terrorista dei Pac, arrestato a gennaio dopo quasi 40 anni di latitanza, ha ammesso per la prima volta, davanti al pm di Milano di essere responsabile dei 4 omicidi per cui è stato condannato
Cesare Battisti ha ammesso al pm i 4 omicidi
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Ha confessato. Quarant’anni dopo, ma ha confessato. Quarant’anni dopo, finalmente ha confessato.


È anche questo un modo per uscire dagli anni di piombo: sabato, durante un interrogatorio di 9 ore reso nel carcere di Oristano al pm Alberto Nobili e alla dirigente della Digos Cristina Villa, Cesare Battisti ha ammesso la sua responsabilità nei 4 omicidi per cui era stato condannato all’ergastolo.


Più precisamente l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) si è accusato di due assassinii commessi materialmente – le uccisioni dell’agente della Digos Andrea Campagna (Milano 19 aprile 1978) e del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro (Udine 6 giugno 1978) – e di altri due in concorso: quelli del gioielliere Pierluigi Torregiani (Milano 16 febbraio 1979) e del commerciante missino Lino Sabbadin (Mestre 16 febbraio 1979). Inoltre Battisti si è dichiarato colpevole anche di vari altri fatti criminali, come tre gambizzazioni e diverse rapine.

È la prima volta che l’ex terrorista – latitante dal 1981, dopo un’evasione, fino al 12 gennaio scorso, quando è stato catturato in Bolivia – ammette le sue responsabilità; finora si era sempre dichiarato innocente, anzi perseguitato politico. Perciò (anche se l’avesse fatto nella speranza di ottenere qualche beneficio nella detenzione, come più di qualcuno ha osservato) ha ragione Nobili a ritenere che si tratta di «un riconoscimento importantissimo al lavoro dei magistrati, una sorta di "onore delle armi" per chi lo ha inquisito. I 4 omicidi, i tre ferimenti e una marea di rapine e furti per autofinanziamenti corrispondono al vero».

Ma non solo: il gesto costituisce anche un ulteriore passo di giustizia e di risarcimento almeno morale verso i parenti delle vittime, cui lo stesso Battisti ha offerte le sue scuse: «Mi rendo conto del male che ho fatto – avrebbe dichiarato – e chiedo scusa ai familiari». Che poi qualcuno degli interessati accolga la richiesta e qualche altro no, fa parte dei legittimi percorsi di persone che hanno sofferto.

«Anche se non si può parlare di pentimento – ha detto ancora Nobili – ho avuto la sensazione di assistere al rito liberatorio di una persona nei confronti di un passato che non ha rinnegato ma si è reso conto che è stato devastante». Peraltro l’ex terrorista, che oggi ha 64 anni e ha chiarito di parlare soltanto di se stesso senza voler coinvolgere nessun antico compagno, ha anche tentato un’analisi storica della sua esperienza.

Lo riferisce chi l’ha ascoltato: «Quella di Cesare Battisti è stata una sorta di dissociazione da ciò che all’epoca, come tanti altri, riteneva una guerra giusta. Ha fatto chiarezza su un periodo della storia di un gruppo che ha agito negli anni Settanta in maniera efferata. Adesso si rende conto della follia di quegli anni di piombo, che per lui hanno ucciso il ’68: la lotta armata ha infatti impedito lo sviluppo di una rivoluzione culturale sociale politica che sarebbe stata assolutamente positiva e avrebbe portato il Paese a un progresso culturale sociale e politico».

Infine, l’ultimo aspetto che le dichiarazioni di Battisti obbligano a rivedere riguarda la copertura, politica e intellettuale, che l’ex terrorista ha ricevuto durante la lunga latitanza in Messico, Francia e Brasile, durante la quale ha svolto diversi lavori e ha avuto un certo successo come romanziere, senza beneficiare – così ha dichiarato – di «nessun appoggio obliquo, occulto». L’essersi infatti sempre dichiarato innocente e perseguitato politico ha indotto molta e influente sinistra a sostenerlo, schierando nomi di primissimo piano sia francesi sia italiani, come d’altronde era uso secondo una certa retorica della "solidarietà tra compagni militanti".

Ma sarebbe ingenuo ignorare che in tal modo i suddetti intellettuali avallavano la teoria aberrante e mortifera della "insurrezione armata contro lo Stato", della "guerra al sistema"... Le ammissioni di Battisti chiamano dunque inevitabilmente altre prese d’atto: gli anni di piombo pesano ancora.

CHI È CESARE BATTISTI

LE TAPPE DI UNA LUNGA LATITANZA

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