sabato 7 novembre 2020
Dietro la scelta di "chiudere" la Regione non ci sono solo i numeri del contagio. Due Asp sciolte per mafia. Mercoledì il Cdm aveva prorogato il commissariamento regionale
Calabria «rossa», cure a rischio e l'ombra della 'ndrangheta
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Coincidenze. Il 4 novembre il ministro della Salute emette un’ordinanza che dichiara la Calabria zona rossa «allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19». La Regione insorge e annuncia che impugnerà il provvedimento. Lo stesso giorno il Consiglio dei ministri approva un decreto legge che «introduce misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della Regione Calabria». È la proroga fino al 2023 del commissariamento della sanità calabrese che va avanti da dieci anni. Il motivo? «In ragione della situazione emergenziale in corso - si legge nel comunicato di Palazzo Chigi - e verificato il reiterato mancato raggiungimento del punteggio minimo previsto dalla griglia dei livelli essenziali di assistenza (Lea) in ambito sanitario e degli obiettivi economico- finanziari previsti nei programmi operativi, il testo dispone misure eccezionali per assicurare il fondamentale diritto alla salute». Non sono, quindi, i numeri dei contagi ad aver convinto il governo ad inserire la Calabria tra le Regioni più a rischio, ma la condizione del sistema sanitario regionale. Che non è solo una questione di inefficienza.

L’attuale commissario non è un esperto di sanità, ma l’ex generale dei Carabinieri Saverio Cotticelli, nominato nel 2018 dal precedente governo M5s-Lega, guidato da Conte. Rischi di affari illegali, di infiltrazioni criminali? Ricordiamo che attualmente ben due Aziende sanitarie provinciali calabresi (Asp) su cinque sono commissariate per condizionamento da parte dellandrangheta. Si tratta di quella di Catanzaro, sciolta il 13 settembre 2019, e di quella di Reggio Calabria, sciolta l’11 marzo 2019. Per quest’ultima si tratta di un infelice ritorno. Era, infatti, già stata sciolta per mafia il 19 marzo 2008, mentre il 28 aprile 2006 era toccato alla Asl di Locri, poi confluita nella Asp di Reggio Calabria. Nel frattempo, il 23 dicembre 2010, è stata sciolta, sempre per condizionamento ndranghetista, la Asp di Vibo Valentia. Dunque ben tre Asp su cinque sono state considerate dal governo ampiamente infiltrate e colluse. Nel mirino era entrata anche la Asp di Cosenza, ma il Viminale aveva archiviato la proposta di commissariamento avanzata dalla prefettura.

Ma le 'coincidenze' non si fermano qua. Sempre il 4 novembre la Regione ha consegnato all’impresa D’Agostino il cantiere del nuovo ospedale della Sibaritide. Un iter durato 16 anni. Era infatti previsto dal piano di riordino della rete ospedaliera presentato nel 2004. Un progetto importante, una struttura fondamentale per più di 200mila persone dell’area di Rossano e Corigliano, in affanno in questi giorni. Sono passate cinque giunte regionali, di centrosinistra e di centrodestra, quattro 'inaugurazioni', ma l’ospedale non è mai decollato. Imprese che se ne vanno, altre che ricevono un’interdittiva antimafia, intoppi burocratici, scontri tra Regione e Governo, e neanche un mattone messo in opera. Ora si parte, sembra. Durata dei lavori prevista in tre anni. Appuntamento al 2023, altra coincidenza, la stessa data della scadenza della proroga del commissariamento della sanità calabrese. Ma, costruito l’ospedale, ci sarà da risolvere il problema dell’organico, attualmente insufficiente, e non solo per affrontare l’emergenza Covid.

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