giovedì 6 maggio 2021
Mentre i politici litigavano per un'ora di coprifuoco nessuno si ricordava dei vecchi nelle strutture. È toccato alla Comunità Sant'Egidio e ai comitati dei parenti alzare la voce. Ed è servito
Visite agli anziani nelle Rsa: arrivano le regole, sarà possibile riabbracciarsi
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Quello che appena un paio di giorni fa – con l’annuncio di un emendamento al prossimo decreto in tema di aperture – sembrava uno spiraglio, è diventata una certezza ieri dopo le parole di Sandra Zampa, già sottosegretario alla Salute e ora consulente del ministro Roberto Speranza: «Nelle prossime ore è prevista un’ordinanza che permetterà lo sblocco delle visite dei familiari nelle Rsa, con la garanzia che siano fatte in tutta sicurezza».

Anche gli ultimi dubbi, dunque, dettati dalla linea ormai proverbialmente prudenziale del ministero, sarebbero venuti meno: l’ordinanza entrerà immediatamente in vigore, voci sempre più insistenti assicurano che già da settimana prossima, di fatto, le strutture saranno riaperte. E le famiglie riunite.

È la fine di un incubo durato un anno, quel lockdown degli affetti (come l’ha definito ieri il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, da giorni in pressing sul governo) che gli anziani hanno pagato a un prezzo altissimo, dopo quello dei contagi e dei morti durante la prima ondata. Appelli sugli effetti devastanti della mancanza di relazione coi propri cari, d’altronde, sono stati lanciati a ogni livello: prima dagli esperti, poi dai direttori e dagli operatori delle strutture, ancora dai familiari.

L’ultima volta, settimana scorsa, è toccato alla Comunità di Sant’Egidio alzare la voce, documentando quanto sta accadendo nelle Rsa «eterna zona rossa» con un’indagine condotta su 237 strutture: il 64% chiuse a ogni tipo di visita (anche da parte dei volontari), meno del 50% organizzate per il servizio di video-chiamate, nemmeno il 20% dotate delle ormai celebri “stanze degli abbracci”.

Eppure proprio nelle Rsa si è concentrata da subito la campagna vaccinale, che lì ha ormai messo al sicuro oltre il 90% degli ospiti con la prima dose e oltre l’80% con la seconda: uno scudo potente, che il “rischio calcolato” dal premier nel riaprire l’Italia settimana scorsa non ha tuttavia preso in considerazione.

Ora, invece, si prepara finalmente la svolta. Le regole d’ingaggio sembrano definite: nelle Rsa si entrerà con lo stesso Green pass che regolerà gli spostamenti nel Paese nei prossimi mesi, o almeno secondo il principio che lo ispira. Le certificazioni da mostrare per visitare i propri cari saranno cioè: l’attestato di avvenuta doppia vaccinazione, o di guarigione da Covid o, ancora, di tampone negativo nelle ultime 48 ore.

E questo da Nord a Sud, in ogni Regione, secondo protocolli chiari e uniformi. Che è poi il principale motivo di soddisfazione, assieme alla notizia delle imminenti riaperture, per Uneba, la più rappresentativa organizzazione di categoria del settore sociosanitario e socioassistenziale non profit, voce di centinaia di strutture residenziali e centri di servizi per anziani in tutta Italia: «Lo scorso 27 aprile eravamo tornati con forza a chiedere un intervento a governo e Regioni, oggi lo accogliamo con favore».

L’appello di Uneba, oltre che per le visite, era quello a un “vaccino contro la solitudine”: cioè che ad almeno un parente per ospite delle Rsa fosse garantita immediatamente la vaccinazione, così da permettergli di riabbracciare i propri cari in sicurezza e «riaccendere il dono più grande per tutti, in particolare per le persone fragili: le relazioni umane».

Meno soddisfatti, invece, i comitati dei parenti degli anziani: l’ipotesi sul tavolo del governo, oltre al Green pass, di visite ancora contingentate e di decisioni comunque di volta in volta affidate alla decisione dei direttori sanitari spaventa le famiglie riunite in Orsan-Open Rsa Now e #RSAaperte, che chiedono «la fine degli arresti domiciliari per i propri cari».

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