venerdì 6 giugno 2025
Rileggiamo i dati sull'aumento di arrivi nel nostro Paese. Che fine hanno fatto i mille che dovevano essere portati a Gjader? Non c'è stato alcun effetto deterrente. E dai Paesi sicuri si fugge ancora
Ancora sbarchi, ancora flop per i centri in Albania: i numeri non mentono

ImagoEconomica

COMMENTA E CONDIVIDI

I numeri non sono opinioni. Ma alcune opinioni provano a usare i numeri. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha rivendicato il rimpatrio di 30 immigrati dal Cpr di Gjader in Albania e il nuovo trasferimento nel centro di altri 30 dall’Italia. Intanto sul sito del ministero compaiono i numeri dei migranti sbarcati quest’anno sulle coste italiane, Lampedusa soprattutto, ma anche Pozzallo, Siracusa, Roccella Ionica, Crotone e nel sud della Sardegna. Quanti? 23.943 rispetto ai 21.784 del 2024 nello stesso periodo, 2.159 in più. Sono quelli che, secondo il progetto del Governo, dovevano essere intercettati in acque internazionali, per essere poi trasportati nei centri in Albania. Dovevano ospitare circa mille persone, ma alla fine ne sono arrivate poche decine poi tutti trasferiti in Italia dopo interventi della magistratura. Un innegabile insuccesso. Ma ancor di più lo sbandierato effetto deterrente che il progetto albanese avrebbe dovuto avere, riducendo le partenze. Che invece sono aumentate del 10% rispetto al 2024. Certo lo scorso anno gli sbarchi erano più che dimezzati rispetto al 2023, vero anno boom, ma se andiamo a leggere gli anni precedenti ci accorgiamo che anche il 2025 sta diventando un anno record. Nel 2022 i migranti sbarcati fino al 31 maggio erano stati 19.481, nel 2021 ancora meno 14.692, e 5.119 nel 2020 e addirittura 1.561 nel 2019. Troviamo poi 13.430 migranti sbarcati nel 2018 e solo nei due anni precedenti altri numeri record: 60.228 nel 2017 (ben 58.258 dalla Libia) e 47.883 nel 2016. Altri numeri ma anche periodi geopolitici diversi. Ma i numeri non bastano a spiegare. Perché dietro i numeri ci sono persone, vite, percorsi, sofferenze. La prima riflessione riguarda il luogo di partenza delle barche. Negli ultimi mesi quasi tutte risultano salpate dalle coste libiche della Tripolitania e più recentemente nuovamente anche dalla Cirenaica, territorio governato dal generale Khalifa Haftar, sostenuto dai russi. Gli ultimi arrivati proprio ieri in Calabria e nei giorni precedenti anche in Grecia. Sono invece quasi scomparse le partenze dalla Tunisia. Se agli sbarcati aggiungiamo i quasi 10mila intercettati e riportati in Libia, emerge con chiarezza, per chi vuole vedere, una situazione di forti tensioni in quel Paese. Come sempre la gestione dei traffici di migranti è un sintomo o un’arma di pressione, in mano a milizie, fazioni politiche e alleati stranieri. Pochi giorni fa la Farnesina ha dovuto evacuare d’urgenza in Tunisia alcuni dipendenti dell’ambasciata a Tripoli dopo un attacco armato all’hotel che li ospitava. La notizia, rivelata dall’inviata di Rai News 24, Angela Caponnetto, non ha avuto commenti ufficiali. Di Libia non si parla, così come del record di sbarchi. E anche di chi sbarca. Tra le prime dieci nazionalità segnalate su sito del ministero dell’Interno troviamo solo tre paesi cosiddetti “sicuri”, quelli che dovevano finire in Albania e poi espulsi: Bangladesh, da mesi in testa alla classifica dei migranti sbarcati (7.835), Egitto, al terzo posto (2.458), e l’Algeria al decimo (452). Quasi scomparsi i tunisini con appena 301 persone. Assenti siriani, afghani, iracheni e iraniani, Paesi non sicuri ma che risentono del calo delle partenze dalla Turchia. Ricompaiono invece eritrei (al secondo posto con 3.662) e etiopi (al quinto con 1.234), evidente segnale di ritorno della tensione in quei Paesi, che spinge migliaia di persone alla fuga. Ma anche di questo non si parla, tranne quando queste nazionalità compaiono negli elenchi dei morti affogati nei naufragi che non calano mai.


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: