giovedì 6 luglio 2017
L'Italia aveva riposto molte speranze per dare nuovo impulso alla suddivisione degli sforzi nell'emergenza, ma ha incassato il no degli altri Paesi sulla apertura di altri porti nell'Ue
Il vertice di Tallinn: la Ue chiude i suoi porti, l’Italia resta sola
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L'Italia ha ottenuto al vertice di Tallinn un sostegno formale per l'insostenibile situazione degli arrivi di migranti dal Mediterraneo centrale, soprattutto per quanto riguarda il lavorare su un codice di condotta per le organizzazioni non governative (Ong). Mentre non c'è stata nessuna apertura da parte degli altri Paesi Ue sulla ripartizione degli arrivi con altri porti mediterranei.

Come ha sottolineato il ministro dell'Interno, Marco Minniti al termine di una mattinata di discussioni al Consiglio informale dei ministri dell'Interno sotto la guida della presidenza estone, "le questioni poste dall'Italia hanno avuto un rilievo. Il lavoro da fare è impegnativo e complicato ma sul piano di azione della Commissione, e in particolare il sostegno alla Libia, il codice di condotta per le Ong e i rimpatri, il sostegno è stato quasi unanime". Sull'apertura dei porti e la disponibilità ad accogliere le navi di soccorso delle Ong internazionali, invece, l'Italia ha incassato un "no secco".

Apertura di altri porti nell'Ue: il no di Germania, Belgio, Spagna e Francia

Dopo Francia e Spagna, anche Germania e Belgio si sono opposti all'apertura di altri porti Ue, come invece proposto dall'Italia: il rischio, per Berlino, è di attirare più migranti e di creare divisioni fra i Paesi. Olanda: «Non è la soluzione».

"Non sosteniamo la cosiddetta regionalizzazione delle operazioni di salvataggio" ha spiegato il ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maiziere arrivando alla riunione a Tallinn, in riferimento alla proposta italiana di condividere con altri Stati l'accoglienza dei migranti salvati nel Mediterraneo.

Sulla stessa linea il ministro per l'Asilo e politica migratoria belga Theo Francken: "Non credo che il Belgio aprirà i suoi porti" ai migranti salvati nel Mediterraneo.

"L'Italia ha chiesto aiuto, e noi vogliamo dargliene, ma i porti della Spagna sono sottoposti ad una pressione importante nel Mediterraneo occidentale, aumentata del 140%, che impone anche a noi un grosso sforzo per i salvataggi in mare" ha spiegato il ministro dell'Interno spagnolo Juan Ignacio Zoido.

"Aprire più porti" europei ai migranti soccorsi "non risolverà il problema. Bisogna pensare al ruolo che i porti africani potrebbero avere", porti come quelli "di Tunisia ed Egitto ad esempio" ha sostenuto il ministro per la Sicurezza e Giustizia olandese Stef Blok.

Perché cambiare e regionalizzare la missione Triton?

Cambiare il mandato della missione Triton? "No. Il mandato della missione è ben definito. Si tratta di migliorare l'attuazione di quanto già concordato. Fanno già un lavoro molto buono" ha affermato il commissario europeo alla Migrazione Dimitris Avramopoulos.

"La regionalizzazione della missione Triton non era all'ordine del giorno di questa riunione", ha aggiunto Minniti, "è
però evidente che ci sono posizioni contrastanti: noi manteniamo il nostro punto di vista, altri mantengono il loro: ne discuteremo nella sede formale di Frontex con la necessaria fermezza".

Minniti nel suo intervento ha particolarmente insistito sulla necessità di aumentare l'impegno Ue e dei singoli paesi in Libia, sottolineando l'ampio divario con l'investimento (3 miliardi) fatto l'anno scorso per bloccare la rotta balcanica. "Gli investimenti in Libia sono insufficienti", ha osservato, "ho riscontrato la disponibilità dei singoli Stati ad aumentarli". Su tre punti - Libia, codice di condotta delle ong e rimpatri con la stretta sui visti - al vertice di Tallinn c'è stata una posizione unanime. E sugli stessi temi si sono levate le voci critiche delle Ong internazionali che sono preccupati del sostegno alla Libia, Paese nel quale, come già documentato da diverse denunce, è palese la violazione di diritti umani dei migranti.

Ong e Caritas Europa: le posizione critiche verso il sostegno alla Libia

"La priorità è divenuta il respingimento dei migranti attraverso il rimpatrio". Leila Bodeux, responsabile ufficio migrazione e asilo di Caritas Europa, è molto critica nei confronti del Piano d'azione della Commissione europea per il Mediterraneo centrale di cui si è discusso al vertice informale di Tallinn. "La priorità è solo respingere i migranti attraverso i rimpatri - osserva in un'intervista al Sir - rafforzare i controlli alle frontiere meridionali della Libia per impedire loro di arrivare in Europa, senza tener conto delle drammatiche situazioni da cui fuggono e del rischio di ulteriori violazioni dei diritti umani". "Concentrarsi solo sulla sicurezza - prosegue - è controproducente perché alimenta le reti dei trafficanti, costringe le persone ad intraprendere rotte più pericolose e non diminuisce l'immigrazione irregolare, anzi il contrario".

Di fronte alla palese violazione dei diritti umani dei migranti in Libia, desta particolare preoccupazione quindi l’obiettivo di Italia e UE di rafforzare il controllo dei flussi migratori non solo da Italia a Libia ma anche con finanziamenti a paesi di transito come Niger, Mali, Etiopia, Sudan e Ciad, dietro una loro maggiore collaborazione nel controllo delle frontiere e nelle procedure di rimpatrio e espulsione, ma senza chiedere loro di rispettare standard nella tutela dei diritti umani dei migranti.

Queste misure sembrano tracciare un disegno che punta alla chiusura della rotta centrale del Mediterraneo - è la denuncia che arriva da Oxfam -, senza però che vengano predisposti meccanismi di ingresso regolari e sicuri verso l’Italia e l’Europa.

Il rischio è quindi quello di creare così “nuovi inferni” per le persone in fuga da conflitti, abusi, violenze, fame e povertà “sempre più alla mercé delle reti di trafficanti di esseri umani che non operano solo attraverso il Mediterraneo, ma direttamente in Libia e nel continente africano. Facendo aumentare il numero dei morti in mare, che nel 2016 sono stati quasi 6.000 e sono 1985 dall'inizio dell’anno”.

La retromarcia dell'Austria: non ci sarà la polizia al Brennero

Ieri la retromarcia dell'Austria, nessuno schieramento di forze armate al confine con l'Italia. Lo ha chiarito il cancelliere Christian Kern dopo un colloquio telefonico con il premier Gentiloni. Per il presidente del Parlamento europeo Tajani quella di Vienna è una "scelta saggia".

Un altro tema centrale è legato a quello della riforma delle regole di Dublino del diritto di asilo che al momento penalizza l'Italia affidando l'esame delle domande solo al Paese di primo ingresso: come si legge nella dichiarazione congiunta, i 28 sottolineano "la necessità di continuare il lavoro con la massima priorità sulle proposte legislative di riforma del sistema di asilo comune, basata sui principi di solidarietà e responsabilità" con l'obiettivo di assicurare "soluzioni sostenibili di lungo termine".

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