giovedì 18 agosto 2022
Sul nostro arco alpino il termometro sta salendo a una velocità doppia rispetto alla media globale. E a neve al suolo negli ultimi 10 anni ha subito un costante decremento
Il ghiacciaio della Marmolada nel 2019

Il ghiacciaio della Marmolada nel 2019 - Ansa

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Dalla fine dell’Ottocento ad oggi 200 ghiacciai alpini sono scomparsi. Al loro posto un paesaggio lunare, fatto di pietre e detriti. Secco e caldo anche in alta quota. Mentre emergono quasi ogni giorno dal ghiaccio che si fa acqua, resti della storia naturale e umana che ha costellato le Alpi. Effetti, tutti, del cambiamento climatico che sembra aver accelerato il suo corso tra tempeste tropicali in Europa e temperature africane in montagna. Qualcosa che occorre capire fino in fondo. È per questo che da ieri Legambiente organizza, per la terza volta, la “Carovana dei ghiacciai”, campagna itinerante di sensibilizzazione e conoscenza sul tema dello scioglimento dei ghiacciai alpini.

L’iniziativa è in collaborazione con il Comitato glaciologico italiano, sostenuta da Sammontana e Frosta, con partner tecnico Ephoto. Obiettivo informare ma anche monitorare lo stato di salute di una decina di ghiacciai. Ieri e oggi tappe sui ghiacciai del Monte Bianco del Miage e Pré de Bar (Valle d’Aosta), poi si passerà a quelli del Monte Rosa di Indren (Piemonte); si toccherà quindi il ghiacciaio dei Forni (Lombardia), quello della Marmolada (Veneto - Trentino), per arrivare al ghiacciaio del Montasio (Friuli-Venezia Giulia) dal 1° al 3 settembre.

Ogni tappa sarà di due giornate dedicate «all’escursione e osservazione delle morfologie glaciali e delle recenti variazioni ambientali, alle riflessioni su cambiamenti climatici e bisogni di adattamento e momenti di arte con il solenne saluto al ghiacciaio». Tutto per far comprendere sempre di più cosa sta accadendo e, soprattutto, cosa si può fare. Perché la scomparsa dei ghiacciai non significa solo la perdita di monumenti naturali ma anche l’esaurimento di risorse idriche fondamentali per le pianure, per le loro coltivazioni, per le città. Senza dire di un equilibrio naturale che viene minato. Per questo la campagna di Legambiente è promossa nell’ambito della più vasta iniziativa ChangeClimateChange.

Per capire meglio cosa accade, basta sapere che sulle Alpi le temperature stanno crescendo a una velocità doppia rispetto alla media globale. L’atmosfera oltre i 3.500 metri è in totale disequilibrio; a fine luglio lo zero termico è stato registrato sulle Alpi svizzere a 5.184 metri: qualcosa di eccezionale, ma in negativo. Sono gli effetti, spiegano i tecnici di Legambiente e del Comitato glaciologico, dell’inverno 2021-2022, «estremamente mite e siccitoso in tutto l’arco alpino (in molte aree si è superata la soglia dei 100 giorni senza pioggia). Più in generale, la neve al suolo, negli ultimi 10 anni ha subito un costante decremento; molti nivometri già a maggio sono arrivati a zero».

Del cambiamento climatico le montagne «ci lanciano un sos forte e chiaro», avverte Giorgio Zampetti, direttore nazionale Legambiente. Intanto, dai luoghi dove i ghiacciai erano padroni, emerge di tutto. Non solo animali mummificati come la marmotta a 4.200 metri di quota sul Monte Rosa, ma soprattutto le ossa umane trovate sul ghiacciaio di Chessjen nel Vallese o il corpo emerso dal ghiacciaio Stockji vicino a Zermatt, a nordovest del Cervino. Nella prima settimana di agosto una guida alpina ha invece scoperto il relitto di un aereo precipitato sul ghiacciaio dell’Aletsch, vicino alle cime della Jungfrau e del Mönch, nel 1968.

Il cambiamento climatico riguarda tutto il pianeta. L’Artico si è riscaldato quattro volte più velocemente del resto del mondo negli ultimi 40 anni. Lo dice uno studio pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment del gruppo Nature, che spiega come il fenomeno rimetta in discussione i modelli che spiegano l’innalzamento del livello dei mari. C’è però una nota positiva. Se riuscissimo a contenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi come previsto dagli accordi di Parigi sul clima, potremmo ancora salvare la calotta glaciale più grande del mondo, quella dell’Antartide orientale (Eais). Però occorre agire molto ma molto in fretta.

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