giovedì 11 agosto 2022
Non vuole creare contrapposizioni ideologiche, il suo timore che dietro le richieste di suicidio assistito ci possa essere, in alcuni casi, non una libera scelta ma il frutto della disperazione
Alberto Guerrieri

Alberto Guerrieri - Da Youtube

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«Rivolgo a tutti ma proprio a tutti una richiesta di aiuto per sostenere l’associazione Diritto vita dignitosa nata nel 2011 per chiedere che venga garantito a tutti, anche ai disabili compresi gli ultimi, i casi più estremi, le persone disabili gravissime in dipendenza vitale, le condizioni per vivere dignitosamente. Una vita che valga la pena di essere vissuta, indipendentemente dalle proprie condizioni di salute».

Inizia così l’appello che Alberto Guerrieri lancia senza sosta, in questi giorni, attraverso un video. Non ha le telecamere e i microfoni dei telegiornali puntati addosso e malsopporta che lo siano stati, per l’ennesima volta, su Marco Cappato nel suo viaggio di morte per la Svizzera con Elena. Perché Alberto sa cosa vuol dire (davvero) aiutare una persona fragile come un cristallo: da molti anni assiste nella sua casa di Piombino il figlio, che è precipitato nella sindrome “locked-in” in seguito a un terribile incidente stradale: incapacità di qualsiasi movimento volontario e impossibilità di comunicare, se non attraverso cenni codificati degli occhi. Un compito gravoso, che Alberto ha condiviso fino pochi mesi fa con la moglie Maria Grazia e che adesso porta avanti da solo, chiedendo aiuto ai servizi pubblici e alle istituzioni.

Il suo appello è accorato: «Ho consapevolezza – spiega – di rappresentare un messaggio in forte controtendenza rispetto all’idea che ci sia una sorta di riga rossa, un limite sotto il quale la vita non è più degna di essere vissuta. Contro tutto questo da anni portiamo il nostro contributo di idee. Una battaglia resa difficilissima da un’informazione non equa, non equidistante, che ha sortito l’effetto di privilegiare il messaggio a favore del suicidio assistito, del diritto a una morte dignitosa, togliendo voce a chi reclama il diritto a una vita dignitosa». Non vuole creare contrapposizioni ideologiche, il suo timore però è che dietro le richieste di suicidio assistito ci possa essere, in alcuni casi, non una libera scelta ma il frutto della disperazione.

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale del novembre scorso, che ha indicato le condizioni alla quali chi favorisce il suicidio assistito non è perseguibile, a dicembre l’Asl Toscana Nordovest annunciò di aver creato, prima in Toscana e fra le prime in Italia, una équipe dedicata alla valutazione delle richieste di suicidio assistito. «La delicatezza di questo tema avrebbe dovuto suggerire maggior rispetto e un approccio meno infantile» sottolinea Guerrieri.

L’importante infatti non è verificare dal punto di vista medico, in maniera burocratica, l’esistenza di certe condizioni: «Quello che davvero è necessario, e che nessuno vuol dire, è il comune impegno a creare concrete condizioni di libera scelta. Quando una persona è in condizioni di non autosufficienza assoluta e non può contare sull’assistenza adeguata, in grado di garantirgli almeno un minimo di dignità, è chiaro che possa accarezzare l’idea di farla finita. Questo è il problema che si finge di ignorare».

L’associazione "Diritto vita dignitosa" avanza quindi una proposta precisa: che per ogni richiesta di suicidio assistito una commissione nazionali valuti se il paziente abbia goduto e goda della necessaria assistenza, se abbia goduto e goda di un progetto di inserimento e inclusione sociale. «La mancanza di questi due requisiti – sottolinea Guerrieri – contribuisce a uccidere ogni speranza e condanna queste persone senza voce a ritenere la loro esistenza priva di significato, sottraendo a poco a poco ogni volontà di continuare a vivere. L’aiuto che chiedo a tutti è quello di dar voce anche alle nostre idee e alle nostre proposte, non solo a quelle di chi batte per il suicidio assistito».

Alberto Guerrieri ha raccontato la sua storia anche in un libro, Invisibili come Dio Padre, pubblicato dalle edizioni Toscana Oggi con la prefazione del cardinale Giuseppe Betori. Un libro scritto per necessità, come una terapia, per l’esigenza di esprimere a parole sentimenti e pensieri. Un modo per manifestare gratitudine verso chi è rimasto vicino e per raccogliere gli atti di tutti gli incontri e i convegni promossi dall’associazione.

Il titolo richiama le parole di papa Francesco, che più volte ha fatto riferimento agli “invisibili”, alle persone escluse dalla società che gira lo sguardo altrove. E un richiamo a un Dio che nessuno ha mai visto, ma che si è reso visibile attraverso le fattezze umane di Cristo e che oggi vediamo nel volto di ogni persona che soffre.

Guerrieri è anche il promotore della legge 112 del 2016, quella sul “Dopo di Noi”, presentata nel 2011 come proposta di legge regionale, e poi nel 2013 come proposta nazionale di iniziativa popolare. Ha ottenuto per il suo impegno sociale il conferimento della Medaglia del Presidente della Repubblica.

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