mercoledì 27 marzo 2024
La vicenda di Pioltello s'intreccia col dibattito sul nodo dell'assenza di un'intesa giuridica fra lo Stato e le comunità di fede islamica presenti nel nostro Paese. Un percorso in atto da vent'anni.
La festa di fine Ramadan a Milano

La festa di fine Ramadan a Milano - IMAGOECONOMICA

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La vicenda, ancora in itinere, del giorno festivo per la fine del Ramadan indetto da una scuola di Pioltello s’intreccia con un nodo ancora non sciolto. Perché, al di là degli aspetti legati all’autonomia scolastica e e del “taglio” più social-culturale che religioso della vicenda, il dibattito che ne sta scaturendo in qualche modo s’interseca con la vexata quaestio dell’assenza di una «intesa» formale, strutturata e complessiva, stipulata fra le istituzioni italiane e gli enti religiosi e culturali islamici presenti in Italia, nel solco di quelle sottoscritte fra lo Stato e i rappresentanti di altre fedi. «Il rispetto dell’identità delle comunità religiose, da parte dello Stato è un fatto positivo e appartiene alla laicità» del nostro ordinamento, ha ricordato nei giorni scorsi il segretario della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, ma la promozione delle identità religiose «deve avvenire dentro un contesto istituzionale di rispetto di norme e di procedure». E in assenza di quel contesto, ogni decisione - quale che sia - non è semplice da valutare.

Nel frattempo, rispetto all’intesa con l’Islam, a che punto siamo? Di fatto, partendo dal punto fermo della libertà religiosa sancita dalla Costituzione, da quasi vent’anni ci si muove su un percorso a piccoli passi, non sempre lineari. Prima ancora che nei contenuti, la difficoltà principale risiede nella necessità giuridica d’interloquire con enti riconosciuti formalmente dallo Stato (e che pertanto abbiano titolo a rappresentare le comunità degli oltre 2,5 milioni di fedeli musulmani stimati nel Paese).

«Il percorso verso l’Intesa che possa normare vari articoli sull’organizzazione della pratica religiosa per i musulmani italiani», ragiona Yahya Pallavicini, imam della moschea centrale al-Wahid di Milano e vice presidente della Comunità religiosa islamica italiana, «richiede il preventivo riconoscimento giuridico di un interlocutore come ente morale di culto, con decreto del Presidente della Repubblica, e il successivo avviamento di un tavolo di negoziazione e approvazione di una bozza di Intesa, che deve ricevere l’approvazione di Governo e Parlamento».

Dal 2005, il ministero dell’Interno ha iniziato un dialogo istituzionale con alcune organizzazioni dell’islam italiane, come la Coreis, il Cici-Moschea di Roma e l’Unione delle comunità islamiche in Italia, o Ucoii, che riunisce 140 associazioni (e gestisce 80 moschee e 300 luoghi di culto non ufficiali). Diversi ministri - da Giuseppe Pisanu, Giuliano Amato, Roberto Maroni, Annamaria Cancellieri, fino ad Angelino Alfano, Marco Minniti e Luciana Lamorgese- hanno contribuito, in modo più o meno intenso, a tener vivo il dialogo. Nel 2007, Amato ha promosso la Carta dei Valori delle Cittadinanza e dell’Integrazione. Nel 2011, ricorda Pallavicini, con Maroni e il sottosegretario Alfredo Mantovano, «come Coreis abbiamo contribuito a due documenti su ministri e luoghi di culto islamici». Nel 2015 è stato istituito il Consiglio per le relazioni con l’Islam italiano, organismo collegiale con funzioni consultive. Nel 2017, col ministro Minniti, è stata la volta del Patto Nazionale per un Islam Italiano.
Nel 2021, durante la gestione dell’emergenza-pandemia, alcuni enti islamici hanno sottoscritto il Protocollo per la riapertura dei luoghi di culto, col premier Giuseppe Conte e la ministra Lamorgese. E nel 2022, Viminale e Consiglio di Stato hanno dato parere favorevole alll’istanza di richiesta di personalità giuridica della Coreis. Un iter avviato nel 2020 pure dall’Ucoii. E arriviamo ai giorni nostri: col ministro Matteo Piantedosi in carica, nel 2023 al Viminale ha ripreso a riunirsi quel Consiglio consultivo fondato in epoca alfaniana. Un passetto, l’ennesimo, ma in un percorso in cui la firma di una intesa giuridica fra Stato e Islam italiano ancora non pare dietro l’angolo.


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