martedì 18 ottobre 2016
«Inopportuno legare la maglia azzurra alle scommesse». Il vicepresidente Uefa: «Rinunciammo a molti soldi, ma evitammo un danno d’immagine ancora più grande». VAI AL DOSSIER
Abete: noi rinunciammo ai soldi, ora Tavecchio cancelli lo sponsor
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«Di fronte a questa situazione dello sponsor “inopportuno” della Nazionale, Intralot (l’agenzia di scommesse sportive), dati i miei trascorsi da presidente della Figc non mi sono ancora espresso... Ma visto che mi chiamate in causa, vorrei prima di tutto invitare tutte le parti interessate, Stato Federcalcio e Coni, a non mettere la testa sotto la sabbia e ad analizzare ogni singolo aspetto della vicenda formulando delle proposte, e se possibile dare delle risposte, per non trovarci in futuro con il classico problema del vuoto normativo». È il pensiero dell’ex n.1 della Figc dal 2007 al 2014 - e attuale vicepresidente Uefa, Giancarlo Abete.

Ma, al “vuoto” normativo in fatto di sponsor “inopportuni”, quando lei era a capo della Federcalcio, alla vigilia degli Europei del 2012 rispose con un perentorio “no grazie” alla proposta della Sisal. Dire che io ho rinunciato allo sponsor e questa Figc invece ha trovato l’accordo con l’agenzia di scommesse non significa che la presidenza Abete fosse migliore, è semplicemente un fatto di opportunità. Il mio gruppo e la mia coscienza all’epoca fecero dire “no” alla Sisal senza esitazione, perché non era opportuno legare la Nazionale alle scommesse, anche se legalizzate.

Una rinuncia che ebbe riflessi positivi sul piano etico, ma forse un po’ meno su quello economico.   Eticamente era l’unica cosa da fare. Il messaggio che le scommesse rimandassero alla Federazione non era assolutamente contemplato. Sul piano economico abbiamo rinunciato a molti più soldi di quelli previsti dal contratto di Intralot e la Figc. Con noi la Sisal sarebbe stato main sponsor e quindi parliamo di diversi milioni di euro che non entrarono nelle casse federali. Ma convenimmo che il beneficio sarebbe stato di gran lunga inferiore al rischio di andare incontro a problemi ulteriori, con relativi danni di immagine.

Cosa intende per problemi ulteriori? Viviamo in una società in cui l’azzardo e la ludopatia in quanto piaghe sociali, sono dirette conseguenze di un eccesso di scommesse. Il calcio rappresenta il 90% degli introiti derivanti dal sistema delle scommesse sportive che alla fine portano vantaggi concreti solo allo Stato e ai concessionari, mentre per il calcio è comunque sempre un danno, in quanto viene visto come il soggetto cattivo e “illegittimo” pur muovendosi in un contesto legale. È per questo che dissi no alla Sisal.

Ma visto che il calcio alla fine subisce un “danno”, quanto meno di immagine, perché non c’è un solo calciatore della Nazionale disposto a dire la sua in merito alla questione? Qui dobbiamo sciogliere il nodo dell’ipocrisia e lasciare fuori i singoli protagonisti in campo. Le scommesse sono gestite e controllate dallo Stato che in quanto imprenditore principale risponde degli eventuali benefici o delle azioni di controllo contro la criminalità che si può inserire in un fenomeno come quello dei “giochi”. La Federazione non è una società a scopo di lucro e la sua missione è quella di un soggetto associativo che cerca di reperire le risorse per portare avanti al meglio le sue attività. Ma in questo, ripeto, d’ora in poi la Figc dovrebbe essere supportata meglio da un intervento organico da parte del Governo e del Coni.

Scusi, ma il Coni nel momento in cui la Figc stipula un contratto con Intralot non può intervenire a stralciare l’accordo? Assolutamente no. Il Coni in una situazione di questo tipo può intervenire in via del tutto informale per consigliare la Federcalcio in merito alle sue strategie, ma poi è la Figc che valuta e decide il da farsi, e lo fa in piena autonomia. Noi avevamo un advisor con il quale avevamo scelto per il no a questo tipo di sponsorizzazione, ora l’advisor è un altro e anche le decisioni sono andate nella direzione opposta.

Questa è la “sentenza” di Abete? No ripeto, è semplicemente una valutazione di opportunità. Le mie considerazioni “politiche” le farò in altri ambiti e in altri momenti.

Ci sta dicendo che potrebbe ricandidarsi alla presidenza della Figc? Avevo detto in tempi non sospetti che quello scaduto (nel 2014) era il mio ultimo mandato. Ora, visto che da ieri fino a marzo, siamo in piena campagna elettorale aspettiamo di vedere se ci saranno più candidati per la presidenza.

Ma un presidente federale che sia un ex calciatore, come avviene in gran parte d’Europa, è un’utopia? Finora non l’abbiamo avuto anche perché l’Aic è un soggetto sindacale talmente forte e autonomo che tende ad allontanare un eventuale candidato che sia espressione dell’Assocalciatori. Ma non è escluso che in futuro un campione che non abbia svolto attività interna al sindacato possa diventare l’uomo giusto per guidare il calcio italiano.

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