mercoledì 1 giugno 2022
A Katoogo, baraccopoli malsana nella capitale dell'Uganda, nonostante l'inondazione del Lago Vittoria gli abitanti restano aggrappati alla loro miseria. Ma c'è chi si spende per i bambini disabili
Passerelle per attraversare le acque che hanno invaso la baraccopoli

Passerelle per attraversare le acque che hanno invaso la baraccopoli - Luca Liverani

Meglio lasciare il taccuino in tasca, ora. Non ci si può distrarre, in questo dedalo di vicoli tra baracche così vicine che le tocchi allargando le braccia. Bisogna fare attenzione a dove si mettono i piedi, saltando da un lato all’altro per evitare il rigagnolo di liquami scuri che scorre lento tra casupole di mattoni crudi, lamiere e tavole. O per camminare su travi malmesse, scavalcando le pozze in cui la rete fognaria a cielo aperto si mischia con l’acqua che dal lago Vittoria ha inondato nel 2020 questa baraccopoli. E non accenna ad andarsene. La gente, qui, conduce un braccio di ferro ostinato con l’inondazione, aspettando - fiduciosa o disperata - che un giorno l’acqua si ritiri. Nel frattempo, contro ogni logica, non intende allontanarsi da questo agglomerato di tuguri.

Fogne a cielo aperto tra le baracche dello slum

Fogne a cielo aperto tra le baracche dello slum - Luca Liverani

Benevenuti a Katoogo, lo slum di Ggaba, quartiere meridionale della capitale dell’Uganda, Kampala. Affacciato sul lago Vittoria, il più grande lago d’Africa - tre volte la Lombardia - Ggaba ospita zone residenziali e un campus universitario. Ma anche baraccopoli come Katoogo, dove la povertà incrosta e deturpa tutto. Tranne gli sguardi dei bambini, che riescono a giocare e sorridere, scalzi e stracciati, tra pozzanghere e immondizia, razzolando tra capre, galline e cani ossuti.

Betty Nankabirwa è la responsabile del Centro di aiuto per bambini disabili a Ggaba

Betty Nankabirwa è la responsabile del Centro di aiuto per bambini disabili a Ggaba - Luca Liverani

Katoogo è un luogo doloroso, dove prende corpo quell’«umanità scartata» che papa Francesco non si stanca di difendere. Un ghetto angoscioso, dove la negazione dei diritti fondamentali - lavoro, casa, educazione, salute - ha il corpo di uomini, donne, ragazze e bambini seduti davanti alle baracche. In attesa che passi quel giorno, che li condurrà a un altro identico.

I vicoli ora si allargano, la stradina di terra rossa è fiancheggiata da casette a livello del terreno, povere ma non miserabili. In quella che vuole assomigliare a una villetta vive Betty Nankabirwa, capelli cortissimi, fisico robusto, sguardo intelligente. Dal 2015 questa educatrice ha trasformato la casetta davanti alla sua abitazione in un centro diurno per bambini disabili: un cortile, una stanza, un’aula scolastica con bagno. Perché di bambini disabili ce ne sono tanti, qui a Katoogo, che per lo più passano la vita chiusi in casa. Avere un figlio con handicap fisici o mentali qui è ancora uno stigma sociale.

Bambini disabili ospiti del Centro a Katoogo

Bambini disabili ospiti del Centro a Katoogo - Luca Liverani

Betty ci apre la porta di metallo del suo “Centro di aiuto per bambini disabili”. Il colpo d’occhio è un pugno nello stomaco. Tre bambini siedono su piccole sedie a rotelle, un cuscino da viaggio attorno al collo per sostenere la testa che pende. Un’altra decina sta seduta o sdraiata su stuoie. La maglietta corta di una bimba non nasconde una peg per alimentazione liquida, un tubo che spunta dall’addome. Appesa a un chiodo un’immagine del Cristo della Divina Misericordia. I muri del cortile sono dipinti a colori vivaci, ornati dalle impronte di mani. Una scritta dice in inglese «Non devi essere perfetto per essere meraviglioso». Ce ne sono di molto piccoli e di adolescenti, qui, imperfetti e meravigliosi.

»Non devi essere perfetto per essere meraviglioso»

»Non devi essere perfetto per essere meraviglioso» - Luca Liverani

Sono più di cinquanta - ci spiega Betty -i bambini che frequentano il suo centro, che vive di offerte e di carità. Le mamme glieli affidano quando lavorano, oppure perché capiscono che stanno meglio lì che sepolti in casa. «Otto li ho raccolti per strada dove erano stati buttati», spiega Betty con semplicità. Poi con un pizzico di orgoglio ci presenta un ragazzino che non sta fermo un attimo: «Quando è arrivato non sapeva stare nemmeno in piedi». Ci apre la porta dell’aula, ornata di cartelli didattici in inglese. Mostra i quaderni con le file di astine e gli esercizi, attività di pre-scolarizzazione che hanno permesso ad alcuni ospiti di andare a scuola o a seguire corsi di avviamento al lavoro.

I bambini di Katoogo hanno perso la scuola con l'alluvione del 2020

I bambini di Katoogo hanno perso la scuola con l'alluvione del 2020 - Luca Liverani

E allora cominci a capire che quel centro diurno, povero e apparentemente squallido, non è poi molto peggio delle abitazioni lì attorno. Per quei bambini scartati è una zattera di salvataggio. Betty, praticamente da sola, ci mette il suo cucchiaio per svuotare questo mare di sofferenza.

Non sa che a Entebbe, a meno di un’ora di macchina, c’è l’ospedale di chirurgia pediatrica di Emergency, che da un anno dà un senso alle parole «diritto alla salute». «Davvero è gratis?» chiede. Perché in Uganda gli ospedali sono pubblici, ma le cure sono a pagamento.

Una casa completamente allagata è ancora utilizzata come abitazione

Una casa completamente allagata è ancora utilizzata come abitazione - Luca Liverani

Il giro a Katoogo prosegue verso l’area alluvionata. L’arrivo del gruppetto di mzungu, noi bianchi, allarma alcuni residenti che protestano. Chi ci guida chiarisce i loro timori: no, non siamo stati mandati dal governo ad accertare l’invivibilità del posto, non è un’ispezione che potrebbe portare a uno sgombero forzato.

«L’acqua ha invaso anche la nostra moschea, tutti i tappeti infangati», racconta sconsolato un ragazzo con la maglietta rossa da calciatore e un occhio di meno, in piedi sull’ingresso di questa stanza in muratura. «Sei cristiano? Io musulmano, ma non importa, Dio è uno solo. Italiano? Allora conosci Balotelli». Più avanti c’è la scuola. I banchi che galleggiano nel fango testimoniano che queste quattro mura abbandonate erano una struttura per l’infanzia.

«Santuario della lode a Dio». La baracca, allagata, è una casa abitata

«Santuario della lode a Dio». La baracca, allagata, è una casa abitata - Luca Liverani

Pochi passi e c’è una grande baracca di legno. Sulla facciata verde la scritta solennemente spiega che è il "Santuario della lode di Dio" e, più sotto, una piccola insegna dice In God we trust, abbiamo fiducia in Dio. Con la parola «Dio» che malinconicamente pende rovesciata. All’interno la baracca è completamente allagata. La musica di una radio accesa segnala una presenza di vita. Dal buio spunta un soppalco laterale, una cuccia dove un uomo si rigira. Perché i disperati di Katoogo sono convinti che potrebbe anche andare peggio. E allora credono che sia meglio sopravvivere tra acque maleodoranti, zanzare malariche, rischio di cortocircuiti - un conducente di moto taxi boda-boda dicono sia morto fulminato - che andare in un altro posto. Potrebbe essere ancora peggio di questa discarica di umanità scartata.

Il fango portato dal Lago Vittoria ha reso impraticabili le aule

Il fango portato dal Lago Vittoria ha reso impraticabili le aule - Luca Liverani



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