giovedì 12 maggio 2022
Nel primo anno del Centro di pediatria chirurgica di Entebbe tanti gli interventi risolutivi per gravissime patologie intestinali. Il "miracolo" di portare in Africa medicina di eccellenza e gratuita
L'accettazione del Centro di chirurgia pediatrica a Entebbe

L'accettazione del Centro di chirurgia pediatrica a Entebbe - Foto Liverani (con autorizzazione di famiglie e medici)

COMMENTA E CONDIVIDI

Qui in Uganda li chiamano i "dirty children", i bambini sporchi. Nessuno li vuole in classe. Nessuno ci vuole giocare. E passano l'infanzia da soli. Sono i bambini nati con patologie intestinali che, nei paesi sviluppati,vengono risolte agevolmente nei primissime mesi di vita. In Africa no. I più fortunati riescono ad avere interventi chirurgici salva-vita, che però spesso condannano a un'esistenza solitaria, isolata, ghettizzante. Bambini con malformazioni ano-rettali che - semplicemente - non possono andare al gabinetto come tutti, perché il loro intestino non ha via d'uscita. L'apertura, quando sono appena nati, di un orifizio sull'addome permette la sopravvivenza, ma impedisce la vita sociale: fasciati con pezze o perfino buste di plastica non possono stare con gli altri perché sono "i bambini che puzzano", marchiati da un pesante stigma sociale. Fino ad un anno fa. Perché l'ospedale di chirurgia pediatrica realizzato a Entebbe da Emergency sta affrontando questa piaga. E cambiando radicalmente la loro vita .

Sono le storie di Jauza, Moses, Clever, Prisca, Abdul e di tanti altri bambini, dai 4 agli 11 anni, o anche più grandi, restituiti alla vita vera, piena e serena da medici e infermieri appassionati e competenti - ugandesi e internazionali - che animano la bellissima struttura affacciata sul Lago Vittoria, realizzata sul progetto regalato da Renzo Piano al suo amico Gino Strada.

Piccoli pazienti dell'Ospedale di Emergency

Piccoli pazienti dell'Ospedale di Emergency - Foto Liverani (con autorizzazione di famiglie e medici)

Gente come il dottor Andrea Franchella, che coi suoi colleghi ne ha operati tanti nel primo anno di vita di questo ospedale. Chirurgo pediatrico dall'Arcispedale Sant'Anna di Ferrara, in pensione dal 2018, ora è il primario di questa struttura. Seduto su un divano dell'ospedale, riprende fiato dopo un complesso intervento per salvare una bambina da una peritonite circoscritta. Colpa della patologia di Hirschsprung, in italiano nota come mega-colon. Dopo le malformazioni ano-rettali, è la patologia più frequente qui: il tratto finale dell'intestino non ha le cellule nervose che permettono le contrazioni, le feci si accumulano sempre di più dilatandolo enormemente. Con rischi via via sempre maggiori.

Piccoli pazienti dell'Ospedale di Emergency

Piccoli pazienti dell'Ospedale di Emergency - Foto Liverani (con autorizzazione di famiglie e medici)

"A dire il vero - racconta il dottor Franchella - ho cominciato presto, già negli anni '80, a partire periodicamente per operare nei paesi in via di sviluppo. Ho cominciato in una missione francescana in Guatemala. E quando ho saputo di questo nuovo ospedale di chirurgia pediatrica non ci ho pensato due volte. Nel primo anno di attività abbiamo già operato 62 bambini per ripristinare la funzionalità impedita dalla malformazione ano-rettale, chiudendo lo "stoma" sull'addome, ricostruendo l'orifizio naturale e ricollegando l'intestino. Più altri 19 interventi di mega-colon". Una frequenza di casi dovuta ai mancati interventi risolutivi in età neonatale, all'altissima natalità della regione (4,7 bambini per donna) per cui i ragazzi sotto i 15 anni sono il 42% della popolazione. Senza contare che in Occidente la diagnostica prenatale contribuisce a eliminare prima della nascita i feti con queste anomalie.

Piccoli pazienti dell'Ospedale di Emergency

Piccoli pazienti dell'Ospedale di Emergency - Foto Liverani (con autorizzazione di famiglie e medici)

I bambini che arrivano all'ospedale di Emergency qui a Entebbe hanno spesso storie cui si si fatica a credere. Come quella di Jauza, 9 anni, che nella sua pancia gonfia aveva un "fecaloma" lungo 25 centimetri e largo 14. O come Moses, 6 anni, minuto ma gonfio come una donna al nono mese. "Molti di questi bambini cominciano qui, prima dell'intervento - racconta l'infermiera genovese Eleonora Dotti - a giocare per la prima volta con i loro coetanei che sono nella loro stessa condizione. Una volta operati, fanno una cosa eccezionale: cominciano una vita normale. Anche solo andare a scuola per loro è una rivoluzione". L'intervento ha un duplice effetto: risolvere il problema sanitario e allo stesso tempo cancellare lo stigma sociale.

L'ospedale è già un punto di riferimento, non solo nazionale. Ci sono genitori che percorrono centinaia di chilometri per dare una possibilità ai loro bambini sfortunati. Come William, 49 anni e sei figli, che a novembre ha visto in tivù l'ospedale di Emergency e si è fatto 9 ore di pullman da Fort Portal, villaggio al confine con la Repubblica Democratica del Congo. Il suo quinto figlio, Clever, 11 anni, era già stato operato, senza successo, nell'ospedale Mulago di Kampala. Una struttura pubblica, ma che comunque -come è la norma qui - fa pagare gli interventi: quello di Clever è costato 500 dollari, una cifra enorme per William.

Grazie alle cure dell'ospedale di Entebbe, Clever ora riesce a gestire bene il suo problema, anche se è uno dei pochissimi qui che non potrà risolverlo completamente. Ma fa una cosa che non aveva mai fatto prima: andare a scuola. Grazie anche al secondo miracolo in famiglia: papà William è stato assunto nell'ospedale di Emergency come addetto alle pulizie, manda i soldi a casa e può pagare le tasse scolastiche. La scuola è obbligatoria e pubblica, come l'ospedale Mulago, ma anche qui bisogna pagare rette non simboliche.

Storie che confermano la filosofia dell'organizzazione umanitaria voluta da Gino Strada per dare medicina di eccellenza a chi ne ha bisogno, perché il diritto alla salute se non c'è anche per i più poveri, è un privilegio. Merito di un'organizzazione di alto livello e di personale medico che lavora per realizzare una missione. Il dottor Franchella sorride: "Sono sempre più convinto che è più quello che ricevo che quello che dò".









© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI