mercoledì 4 settembre 2019
Già stamattina l’"avvocato" atteso da Mattarella per il varo della squadra dei ministri. Nel programma un secondo pacchetto di riforme con la «sfiducia costruttiva»
Il «patto costituente» del premier incaricato
COMMENTA E CONDIVIDI

Un silenzio totale, quello di Giuseppe Conte, nel giorno che fa svoltare la crisi verso il nuovo governo giallo-rosso. Una scelta politica chiara quella del premier: lasciare M5s e il voto su Rousseau in cima ai titoli dei giornali on line e dei tiggì, evitare anche solo con una parola di togliere la scena al leader politico pentastellato, Luigi Di Maio, reduce da settimane sulla graticola. Ma già stamattina al centro tornerà lui: il premier è atteso al Colle per il passo decisivo, la definizione della squadra dei ministri che a lui spetta proporre, ma che tocca a Sergio Mattarella nominare.

Da Palazzo Chigi emerge soddisfazione, ovviamente. E un crescente ottimismo. Perché il bagno di «sì» dei militanti solleva i vertici del Movimento dalla brutta sensazione di aver preso la strada più impopolare. Insomma, osservano gli uomini vicini al premier, ora che la base si è espressa il M5s può ritrovare nella nuova esperienza di governo quell’«entusiasmo » che Grillo ha invocato negli ultimi appelli. Gettarsi nell’avventura con meno paura e diffidenza.

Di più non dicono, da Palazzo Chigi. Anche se si fa fatica a nascondere un certo orgoglio circa il ruolo che il premier ha avuto per determinare il risultato su Rousseau. Il fatto che il quesito evidenziasse il suo nome, il fatto che il suo video di martedì sera sia stato l’unico appello a votare «sì» all’esecutivo con il Pd... Ma guai ad accennare a questi ragionamenti in pubblico, significherebbe allargare un fronte che invece Conte ha tutto l’interesse a restringere: quello interno al M5s sulla leadership di Di Maio. Al premier, in questa fase, va benissimo il ruolo di «garante» sia dell’esecutivo sia degli equilibri interni al Movimento. A Conte ora interessa una tregua sulla figura di Di Maio, non una guerriglia.

Una ritrovata sebbene parziale unità di M5s rende più solida l’idea di un governo di legislatura. Addirittura di un «patto costituente», questa la definizione che circola a Palazzo Chigi, che vada anche oltre il taglio del numero dei parlamentari e il ritorno a una legge proporzionale. Si fa strada l’ipotesi di un secondo pacchetto di riforme costituzionali con tre principi: la «sfiducia costruttiva», l’introduzione nella Carta della presenza dei governatori regionali in Senato quando si parla di Autonomia differenziata, l’abbassamento a 18 anni dell’elettorato attivo al Senato, in modo da rendere possibili maggioranze omogenee nei due rami del Parlamento (per i senatori cambierebbe anche l’elettorato passivo, che scenderebbe da 40 a 25 anni).

Un «patto costituente» che prevede anche una profonda revisione del pacchetto Fraccaro sulla 'democrazia diretta'. Accarezza questo sogno, tra gli altri, Giuseppe Conte. Trasformare un’imbarcazione di emergenza in un veliero che interviene sull’assetto istituzionale dando una forma più definita alla Terza Repubblica. Con una maggioranza che si guadagna 'sul campo' il diritto a gestire la partita più importante, quella del 2022 per il Colle più alto. Ma per tenere vivi questi «sogni», occorre che l’entusiasmo appena ritrovato non si infranga sulle prime difficoltà.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI