domenica 4 maggio 2014
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Invidiati, temuti ma anche ammirati per essere stati pionieri di un diverso modo di essere missionari, scienziati, confessori di re cattolici o semplicemente, come direbbe il loro ex generale Pedro Arrupe, «uomini per gli altri». È la storia in fondo della Compagnia di Gesù e dei suoi religiosi: i gesuiti. Il libro, scritto da uno storico di professione e figlio dell’ordine ignaziano, lo statunitense John W. O’ Malley, Gesuiti. Una storia da Ignazio a Bergoglio ( Vita e pensiero, pp. 146, euro 13) ci racconta i quasi cinque secoli di vita della Compagnia di Gesù, cadenzata da luci e ombre, torti e ragioni, successi e insuccessi, fino ad oggi. Padre O’Malley conduce quasi per mano il lettore alla nascita della Compagnia, alle intuizioni di Ignazio di Loyola e dei suoi primi compagni su quello che poi sarebbe diventato uno degli ordini più influenti nella storia della Chiesa, durante tutta la Riforma cattolica; leggendo queste pagine si incontrano i grandi pionieri di un modo diverso di fare evangelizzazione, soprattutto in Oriente, come Matteo Ricci o Alessandro Valignano; soprattutto si riconosce alla Compagnia di Gesù l’aver allevato nel suo seno uomini di grande ingegno e capaci di dialogo con il mondo delle scienze moderne come Cristoforo Clavio (amico di Galileo) o nelle arti figurative come il fratello coadiutore (il «Beato Angelico dei gesuiti») pittore e architetto Andrea Pozzo. Il libro si addentra nell’espansione nel mondo e soprattutto in Europa degli ignaziani, anche a livello geopolitico (un ampio sguardo viene dato anche alle reducciones in Paraguay), ma narra anche le controversie teologiche di cui furono protagonisti molti dei suoi membri: da quella sulla grazia con i domenicani a quella più feroce ed esiziale con i «nemici» di sempre della Compagnia, i giansenisti.  Amare e quasi romantiche sono le pagine dedicate alla soppressione del 1773 da parte di Clemente XIV e alla faticosa ricostituzione dell’ordine, 41 anni dopo, da parte di Pio VII. Il segreto e la forza dei gesuiti secondo O’Malley risiede nell’apostolato intellettuale e dell’educazione, nell’attenzione ai poveri ma anche nel sapersi adattare a ogni tipo di circostanza; (l’autore cita, non a caso, il famoso motto del gesuita Jeronimo Nadal: «Il mondo è la nostra casa»).  Vengono ricordati anche i momenti di crisi dopo il Concilio, l’incomprensione con Paolo VI vissuta da Pedro Arrupe nel 1974 durante la XXXII congregazione generale (tra i cui delegati figuravano anche Carlo Maria Martini e Jorge Mario Bergoglio )o di frizione, anni dopo, con Giovanni Paolo II. Padre O’Malley non nasconde la crisi di vocazioni e in un certo senso di identità che l’ordine ha subìto nel mondo occidentale ma intravede nell’elezione, per la prima volta, di un gesuita sul soglio di Pietro e nella vitalità delle province asiatiche della Compagnia (India in primis) l’autentica frontiera su cui i figli di sant’Ignazio sapranno spingersi, per continuare a incidere, soprattutto oggi in un mondo globalizzato, sui fatti più importanti ma anche su quelli più particolari della storia.
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