mercoledì 22 novembre 2017
Il presidente della Conferenza episcopale italiana autore della prefazione al libro scritto dal suo predecessore sui dieci anni alla guida della Cei
Bassetti: «Bagnasco, un pastore dal cuore generoso»
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Porto impressi nella memoria i volti luminosi e le parole di stima che percepivo ogni volta che lungo le strade di Genova, accennavo al cardinale Angelo Bagnasco. Come molti vescovi, nel settembre 2016 mi trovavo a partecipare al Congresso eucaristico nazionale, ospitato per l’occasione nel capoluogo ligure. Quante volte in quei giorni ho sentito ripetere con calore l’espressione: «Il nostro arcivescovo». Un operaio mi ricordava la sua attenzione al mondo del lavoro e a coloro che sono stati colpiti dalla piaga della disoccupazione. Una coppia mi sottolineava la particolare dedizione che il cardinale ha sempre avuto per la famiglia fondata sul matrimonio, i vibranti appelli alla sua tutela, lo sprone al mondo politico perché supportasse con maggiore convinzione quella che è la cellula fondamentale della nostra società. Un giovane mi citava i suoi incoraggiamenti, gli inviti alla speranza, il richiamo alla responsabilità. Un povero seguito dalla Caritas o l’ex detenuta la sua prossimità nelle difficoltà o gli aiuti silenziosi che riceveva. Persino i musicisti e le maestranze del Teatro Carlo Felice mi avevano raccontato l’abbraccio e il sostegno del cardinale nella crisi di questa realtà culturale. In tanti, inoltre, mi descrivevano i suoi abiti macchiati di fango, quando era subito accorso sulle strade della città devastata dall’alluvione a far sentire la prossimità della Chiesa a chi è ferito e anche a richiamare le istituzione all’impegno per il bene comune.

Ecco, quando una comunità è così stretta intorno al suo pastore, significa che egli è un autentico “servitore” del Signore nelle donne e negli uomini che sono stati affidati alla sua cura. L’impegno lungimirante del cardinale Bagnasco come presidente della Conferenza episcopale italiana, quello avveduto nella Congregazione per i vescovi, quello appassionato in qualità di presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa – per citare alcuni esempi – sono una sorta di estensione, un’ulteriore prova di quel suo stile di pastore che l’arcidiocesi di Genova ben conosce e può testimoniare. Personalmente, ne ho potuto sperimentare l’umiltà, l’intelligenza e la vicinanza in numerosi incontri, che ci hanno visto condividere un tratto significativo di cammino, in particolare durante gli anni in cui sono stato al suo fi anco come vicepresidente della Cei. Il cardinale Bagnasco ha traghettato la Chiesa italiana in mezzo a periodi non facili, per non dire delle autentiche tempeste che hanno costellato il nostro Paese nell’ultimo decennio. Noi vescovi gli dobbiamo molto e ringraziamo il Signore per averci donato in lui una guida, attenta a leggere i segni dei tempi e sapiente nell’affrontare le difficoltà, a cominciare da quella crisi antropologica ed economica che ancora marca la Penisola. Con i suoi interventi e i suoi gesti ha saputo tracciare la rotta.

Faccio mie le parole di papa Francesco durante l’Assemblea generale della Cei dello scorso maggio, quando ha sottolineato i «dieci anni di servizio» del cardinale Bagnasco per la Chiesa italiana e l’«amicizia bella» che c’è fra i due. In questa luce, la conversazione al centro di questo libro non è soltanto un sentito omaggio alla sua sapienza pastorale, ma anche un’efficace sintesi dei temi a lui cari. Tali temi, che prendono voce nei capitoli che seguono, appartengono in realtà all’agenda di ciascun pastore e ciascuna nostra diocesi: il rischio della tiepidezza nella vita di fede e la risposta della carità; l’individualismo, il pericolo di uno «Stato piegato ai diritti del singolo», ma anche le testimonianze di speranza che abitano il Paese; i lunghi anni della crisi finanziaria, ma anche la lezione che da questo tempo drammatico si può ricavare; l’emergenza educativa e la necessità di un patto tra famiglia, parrocchia, scuola e società; l’urgenza di essere Chiesa aperta, che incontra e va incontro; l’impegno dei cristiani nella società e nella politica; il volto missionario del sacerdote; il fenomeno delle migrazioni e il bisogno di “più” Europa. Ci tengo a concludere queste righe ricordando le parole con cui mi ha accolto come suo successore alla presidenza della Cei, quando mi ha invitato a essere semplicemente me stesso, sapendo di non essere solo.

Sono parole che tengo come riferimento. Mi aiutano ad affrontare con serenità la responsabilità che mi è stata data e a ricercare le vie per portarla avanti insieme, secondo lo stile di una Chiesa sinodale. Posso testimoniare, per l’amicizia che ci lega, come il cardinale Bagnasco se stesso lo sia sempre stato: come presidente della Cei ha sperimentato la comunione di noi vescovi e al contempo l’affetto e la riconoscenza di tanta gente del nostro Paese, credenti e non credenti, che in lui hanno trovato un “padre” dal cuore generoso. Anche grazie a questa sua sensibilità, la nostra Chiesa resta una Chiesa di popolo, amata dalla gente che le riconosce un ruolo fondamentale nella stessa vita sociale.

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