mercoledì 21 marzo 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
​«Maestro dei cattolici italiani in campo sociale». Con questa definizione, il 13 gennaio 1953 Camillo Corsanego presentò a Pio XII la figura di Giuseppe Toniolo, perorandone ufficialmente la causa di beatificazione. Il 29 aprile prossimo, quasi sessant’anni dopo, Toniolo sarà solennemente beatificato. È stato il protagonista di un periodo importante nella storia del movimento cattolico italiano, quella della Rerum Novarum e del cattolicesimo sociale in genere. Dopo di lui sono venuti altri, tra cui Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi, interpreti di stagioni diverse in cui il movimento cattolico riuscì finalmente a trovare uno sbocco anche politico. Il confronto con queste grandi figure non ha favorito Toniolo, spesso considerato meno importante di altri nella storia del cattolicesimo italiano. La sua beatificazione rappresenta perciò un’occasione per riscoprirne l’originalità, a partire da un profilo spirituale certamente non comune. Nato a Treviso nel 1845 e morto a Pisa nel 1918, Toniolo fu anzitutto un ricercatore, un professore e un uomo di cultura (anche se visse pure il matrimonio e la famiglia all’interno di un forte senso della vocazione laicale cui si sentiva chiamato). Dedicò la sua tesi di laurea a dimostrare l’importanza del nesso tra etica ed economia. Anche in Italia, infatti, era iniziato il decollo industriale e, sottolineando l’importanza delle scelte e dei comportamenti morali, egli intendeva rivendicare la rilevanza della fede religiosa anche nel campo dei fenomeni economici. È stato infatti un intellettuale di livello europeo, i suoi studi si inseriscono nel grande dibattito del suo tempo sul rapporto tra cristianesimo e capitalismo, da Max Weber a Werner Sombart. Ma non si è chiuso nell’erudizione: tutta la sua elaborazione culturale è infatti attraversata da una forte spinta apologetica. E, come nella migliore tradizione dell’apologetica ottocentesca – conobbe, seppure indirettamente, anche le opere di Mohler e di Rosmini –, ha avvertito l’importanza degli obiettivi pratici, anzitutto quello di rivitalizzare la fede del suo tempo e renderne efficaci le opere. Insistere sul nesso tra etica ed economia, non a caso, gli permise in seguito di richiamare più volte le classi dirigenti – i «padroni» cristiani – ad assumersi le loro responsabilità «verso il popolo» e «per il popolo». Si radica in questa spinta anche la sua riflessione sul corporativismo, inteso come orientamento dell’attività economica verso il bene comune di tutte le parti sociali. E, davanti all’inerzia e alle colpe delle classi dominanti, giunse a sostenere la necessità di sindacati operai, in grado di far valere i diritti dei ceti subalterni, con il «Programma di Milano» da lui proposto nel 1894. Era inevitabile che non potesse rimanere chiuso nei suoi studi e infatti fu presto coinvolto nell’attività dell’«Opera dei Congressi». Ma era anche inevitabile che entrasse in conflitto con un cattolicesimo intransigente, bloccato dal peso della «questione romana». La sua attività in campo economico sociale, infatti, è stata importante anche perché ha aiutato il cattolicesimo italiano a intraprendere strade nuove, liberandolo da una contrapposizione sterile e controproducente nei confronti dell’Italia post-unitaria. Egli operò in assoluta fedeltà alle direttive papali e con costante attenzione per l’unità dei cattolici italiani, non rinunciando però a sollecitarli perché uscissero dalla loro afasia e riuscendo a spingerli verso la prospettiva della «democrazia cristiana». Coltivando un forte senso dell’obbedienza ed esercitando sempre una grande pazienza, egli fu in realtà il primo autentico leader laico del cattolicesimo italiano, esercitando un’autorevolezza diffusa, distinta ma non conflittuale con l’autorità ecclesiastica. In questo ruolo, egli aiutò la Chiesa del suo tempo a riconciliarsi con la storia e a riprendere il confronto con il mondo moderno. Tra le sue iniziative più significative ci sono l’Unione cattolica per gli studi sociali in Italia e la fondazione della Rivista internazionale di scienze sociali. Con la nomina a presidente dell’Unione popolare, la sua leadership venne riconosciuta ufficialmente da Pio X e Toniolo poté lanciare iniziative innovative come le Settimane Sociali dei cattolici italiani. Il suo impegno per il coinvolgimento più attivo delle donne nel movimento cattolico non fu invece accettato e Toniolo, fedele al suo atteggiamento spirituale di sempre, lasciò l’incarico. Continuò però gli studi e l’attività pubblica, suggerendo tra l’altro nel 1917 un’iniziativa per la pace. A Toniolo è stato spesso rimproverato un anacronistico legame con il mito del corporativismo medievale. Ma, al di là degli aspetti inevitabilmente datati del suo pensiero, il suo profondo senso della storia gli ha permesso di elaborare una visione complessiva del ruolo della Chiesa nella storia europea dell’età moderna e contemporanea molto apprezzato da De Gasperi e ancor oggi attuale. Il suo pensiero storico, non a caso, liberò i cattolici italiani da un atteggiamento puramente difensivo e li rimise in dialogo con gli uomini e le donne del loro tempo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: