mercoledì 28 maggio 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Nel 1970, due anni prima di morire, mentre si trovava negli Stati Uniti Nicola Chiaromonte fece tappa assieme alla moglie Miriam al monastero delle benedettine di Regina Laudis, a Betlehem, nel Connecticut. Fu il suo ultimo saluto de visu a una suora a cui lo aveva unito per più di dieci anni un filo tanto robusto quanto misterioso. Un legame rimasto fino a oggi sconosciuto ai più, ma più intimo e pregnante di quelli con personalità come Albert Camus, Dwight McDonald o George Orwell, che sono spesso ricordati nelle biografie di quel critico letterario, saggista e "operatore culturale" di grande influenza nell’Italia del dopoguerra che fu appunto Chiaromonte: intellettuale di origini lucane passato negli anni ’30 per il movimento "Giustizia e Libertà", l’esilio parigino, la Guerra di Spagna finendo per tessere una rete di relazioni internazionali di primo livello.La religiosa si chiamava suor Jerome, al secolo Melanie von Nagel, ed era nata a Berlino nel 1908 in una famiglia dal tratto cosmopolita: il padre aristocratico, generale dell’esercito bavarese, e la madre statunitense. Dopo aver vissuto per un periodo in Italia insieme alle sorelle, nel 1944 si era sposata con un pittore originario del Dagestan riparato in Germania dall’Unione Sovietica e alla fine della guerra si era trasferita a New York. Il suo contatto con Chiaromonte avvenne tramite una delle sorelle più giovani, Ludovica von Nagel. Tra il 1946 e il 1948 costei era stata segretaria editoriale dell’Einaudi (nel 2008 le edizioni Archinto hanno pubblicato un prezioso volumetto di lettere tra lei e Cesare Pavese, Felice Balbo e Natalia Ginzburg ). Melanie, che nel frattempo era rimasta vedova, fece un viaggio in Italia nel 1957 in cui si congedò in un certo senso dalla sorella e dal mondo: di lì a pochi mesi entrò infatti come novizia nel monastero di Regina Laudis. Fu allora che conobbe Chiaromonte, con cui si creò un’intesa immediata: grande la sensibilità culturale di entrambi e l’attenzione al fenomeno religioso. Anche se diversissimo restava l’esito delle rispettive ricerche spirituali: Melanie decisa a votarsi a una vita contemplativa in seno alla Chiesa cattolica, Chiaromonte fermo nella sua distanza critica dal cattolicesimo e tanto più dalla Chiesa gerarchica, dopo aver consumato uno strappo con la fede vissuta in famiglia durante l’infanzia e anche con il fratello fattosi gesuita. Fra i due si instaurò un rapporto epistolare, all’inizio abbastanza formale. Qualcosa che non ci è noto scattò dieci anni dopo, nel 1967, dopo una visita di Chiaromonte a Betlehem: il carteggio si infittì – la religiosa ebbe un permesso speciale da parte della sua superiora – anzi divenne fluviale: ben 1.200 lettere in cinque anni, che sono oggi conservate in un fondo all’università di Yale. Suor Jerome von Nagel negli anni ’80 fece una selezione di quel materiale e lo mandò a Miriam Chiaromonte. Una piccola casa editrice di Forlì, "Una Città", lo ha ora pubblicato in un libro dal titolo Fra me e te la verità. Lettere a Muska di Nicola Chiaromonte (pagine 282, euro 18). Muska, anzi Mushka, era il nomignolo dato da Chiaromonte alla sua interlocutrice. Si tratta di un dialogo sui generis e non decifrabile fino in fondo, anche per la sua parzialità, manca infatti la voce di suor Jerome (che meriterebbe forse un’altra pubblicazione). Quello che emerge è un clima di grande confidenzialità in cui lo scrittore italiano mette al corrente l’amica claustrale del dipanarsi del suo lavoro editoriale, delle sue frequentazioni e delle sue letture vastissime. Sullo sfondo dell’attivismo quotidiano si intravede una costante: la riflessione sulla scomparsa del sacro nel mondo e sul suo possibile ritorno in forme inaspettate e che Chiaromonte auspicava lontane da quelle del cristianesimo storico, più vicine a quelle misteriche del paganesimo antico (importante in tal senso fu l’influenza del suo maestro per eccellenza, l’intellettuale e giornalista italo-russo Andrea Caffi, 1887-1955, affiliato alla massoneria). Ciò getta una luce anche sull’anima di una rivista importante quale fu “Tempo Presente”, che Chiaromonte fondò e diresse insieme a Ignazio Silone dal 1956 al 1968. Fu un mensile che cercò di creare uno spazio alternativo a gramscismo, idealismo crociano e cattolicesimo, introducendo suggestioni neo-spiritualistiche con un lavoro in parte simile a quello che contemporaneamente andavano realizzando le Edizioni di Comunità promosse da Adriano Olivetti.Quello tra Melanie von Nagel e Chiaromonte fu quindi un dialogo più sul divino che su Dio, che si interruppe solo con la morte dello scrittore. Mentre la religiosa, che aveva evidentemente un’affinità con gli spiriti religiosamente inquieti, pur essendo una benedettina esemplare come la ricordano ancora le consorelle, finì per stringere un forte legame intellettuale e di amicizia con un altro spirito nomade, Ivan Illich.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: