giovedì 5 febbraio 2009
«Dubitare della posizione di Benedetto XVI nei confronti del mondo ebraico o della sua radicale condanna dell’antigiudaismo è semplicemente assurdo. C’è un vero accanimento»
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Robert Spaemann, uno dei più importanti pensatori tedeschi viventi, professore emerito di Filosofia alla presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco, dice di sentirsi «fisicamente male» nel prendere in mano la stampa tedesca di questi giorni e nel leggere gli «incredibili giudizi sulla figura di Benedetto XVI e sul suo Magistero». Professore, persino Angela Merkel si è sentita in diritto di chiedere 'chiarimenti' al Vaticano sulla sua posizione riguardo all’Olocausto. Cosa sta succedendo? «In questo momento in Germania c’è una specie di isteria collettiva, difficilmente spiegabile con i nudi fatti, perché dubitare della posizione del Papa nei confronti del mondo ebraico o della sua radicale condanna dell’antigiudaismo è semplicemente assurdo. Il motivo di questo accanimento va ricercato piuttosto in questo: nei media tedeschi Benedetto XVI è stato presentato in questi anni, ostinatamente, come un oscuro dogmatico, come un Panzer­Papst. E in molti giornalisti e commentatori si è accumulata un grande frustrazione nel vedere che il Papa non rientrava in questa caricatura. Ora pensano di aver trovato l’occasione che conferma i loro pregiudizi. Il secondo motivo è che c’è una grande opposizione a una riconciliazione della Chiesa con il mondo tradizionalista, così l’intervista del vescovo lefebvriano Williamson è stata vista come un assist formidabile per cercare di affossare questo processo». Com’è stata comunicata la notizia della revoca della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani? «Non sono stati spiegati per nulla né il senso profondo di questa decisione né i giusti termini della questione. Il Papa, per esempio, ha tolto la scomunica latae sententiae anche ai vescovi cinesi ordinati illecitamente – i vescovi della 'Chiesa patriottica' – che in diversi casi hanno persino mantenuto il proprio incarico. Quando ciò è avvenuto nessuno ha protestato. Ora Benedetto XVI ha compiuto un gesto simile e io penso che non avrebbe potuto fare altrimenti, volendo essere davvero un padre e un pastore, dal momento che ripetutamente gli era stato chiesto da parte lefebvriana di togliere una scomunica che era causa di un 'grande dolore'. Se non l’avesse fatto per considerazioni di mera opportunità 'politica' non si sarebbe comportato da padre. Questi quattro vescovi possono ora di nuovo confessarsi, ottenere l’assoluzione dei propri peccati, fare la comunione e morire con i sacramenti. E non sono stati riconfermati nella loro posizione a differenza dei vescovi cinesi. Tutto ciò è stato completamente omesso negli articoli che sono usciti in questi giorni. Anche se, bisogna aggiungere, per come è stata gestita la comunicazione di questa vicenda da parte vaticana, va riconosciuto che anche lì qualcosa non sembra funzionare appieno». Quali sono gli ostacoli che in Germania rendono difficile a molti, nei media, comprendere questo papato?«Come le dicevo prima, più che di mancata comprensione, si tratta della difficoltà ad accettare un Pontefice che sfugge a categorie logore e false. Un Papa che semplicemente ripropone con linearità la dottrina della Chiesa e lo fa senza quella durezza che tanti si aspettavano, ma con grande dolcezza e pacatezza. Davvero pensando a Benedetto XVI vengono in mente le parole del salmista, 'impugnabant me gratis', mi hanno combattuto senza motivo». Quanto pesa, in questi voluti fraintendimenti, l’ostilità all’ermeneutica che Benedetto XVI dà del Concilio Vaticano II, visto come riforma della Chiesa nella continuità con la tradizione? «Pesa molto. Gia l’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum ha incontrato grandi resistenze e critiche. Ora coloro che hanno ostacolato il tutto propongono questa associazione aberrante: Messa antica uguale a negazione dell’Olocausto. Nemmeno il Diavolo avrebbe potuto escogitare un modo più efficace per diffamare una decisione papale che, come diceva lei, va nel senso di un’ermeneutica della continuità per quanto riguarda il Vaticano II. In questo i cosiddetti 'progressisti' sono il rovescio della medaglia dei tradizionalisti. Entrambi, da posizioni opposte, sostengono che il Vaticano II è stata un nuovo e radicale inizio, con il quale la Chiesa preconciliare è stata in qualche modo liquidata. Nel sostenere questo, si sostengono a vicenda. Il Papa ha sempre ribadito l’assoluta importanza del Vaticano II, ma da leggere in continuità con i precedenti, non come l’inizio di una epoca totalmente nuova della Chiesa. E un Concilio non dogmatico, sui cui singoli punti è lecita una discussione. Quello che mi augurò avverrà ora con la Fraternità di san Pio V: che non ci sia più da parte sua un rifiuto in blocco del Vaticano II, ma piuttosto un confronto aperto e franco sui punti che restano per loro problematici».
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