domenica 27 dicembre 2020
Dieci anni di Realismo terminale: 2010-2020. Già festeggiato alle Università Roma 3 e all’Accademia di Brera, il Realismo Terminale interpreta l’accatastamento dei popoli e degli oggetti
Siate veri realisti, l'uomo vive ormai di cianfrusaglie

Solinas

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Dieci anni di Realismo Terminale: 2010–2020. Già festeggiato alle Università Roma 3 e all’Accademia di Brera, il Realismo Terminale si presenta come interprete dell’accatastamento dei popoli e degli oggetti in atto in perenne crescita. Nel 'manifesto' edito nel 2010 da Mursia con omonimo titolo, le metropoli erano già allora definite “ pandemie abitative”. Oggi, sempre presso Mursia, Guido Oldani firma Dopo l’Occidente/Lettera al Realismo terminale, con prefazione della stessa editrice Fiorenza Mursia. Questo canone si propone come planetario e il suo linguaggio, soprattutto mediante la similitudine rovesciata, rende conto del fatto che la natura sta sempre più assomigliando agli oggetti. Se «L’Europa è una pezza dell’Arlecchino del mondo», l’Occidente – sostiene Oldani nel libro dal quale anticipiamo alcune pagine –, è ormai un ex, ma il suo lievito, se ben impiegato, potrebbe far fermentare il pianeta.

Il tempo passa, anche quando non glielo si chiede e, come in questo caso, mi pare dandomi piuttosto ragione; se fosse una vicenda finanziaria, sarebbero maturati degli interessi. Sto parlando naturalmente, e di cosa se no, del Realismo Terminale. Un decennio trascorso non è poi niente. Il mio libriccino omonimo è stato tradotto per intero negli annali di italianistica degli Stati Uniti, così in Cina mi ha procurato il primo premio alla carriera destinato a un poeta italiano. Questo sull’asse est-ovest; a nord e sud il RT ha saputo far parlare di sé. Nel frattempo, ancora il tempo, il RT è diventato un Movimento. Qui una parte importante nei rapporti critici soprattutto con le università, è dovuta a Giuseppe Langella, autore in proprio fra quelli della prima ora, cui successivamente si aggiungerà l’italianista Daniele Maria Pegorari, narratore.

L’incursione nel mondo delle arti visuali pare non poco promettente e attiva. Cito qui a esemplificazione della tessitura in corso, “l’albero del RT” dello scultore Brunivo Buttarelli, nostro compagno di strada. (...) La dimensione dell’“accatastamento” di uomini e cose nelle metropoli continua senza posa e, se non sbaglio, dal 60 al 70% della popolazione del mondo abita in questi vivai realistico terminali. La natura, in questo decennio, violentata, sembra soffrire della sindrome di Stoccolma e, da una parte assomiglia sempre di più agli oggetti, dall’altra sembra, forse conseguentemente, a loro aggrapparsi come per cercarvi salvezza. Insomma, la similitudine rovesciata, bottiglia molotov del nostro armamentario retorico, secondo cui «il pianeta è sempre più simile a un soprammobile», è sotto gli occhi di tutti. Oggi, in quest’aria di convalescenza pluricontinentale e di astenia culturale, l’Occidente, in retromarcia, vive quasi solo di celebrazioni delle ricorrenze. Il RT è come un turacciolo che, per quanto si cerchi di affogarlo tenendolo al fondo, tanto più schizza verso l’alto superando la superficie sulla quale poi va a ricadere, posandosi beffardamente, come se stesse vincendo una gara sportiva.

E il linguaggio? Basta ascoltare i ragazzi, viaggiando in metropolitana e ci si rende conto che esso è sintetico in una profluvie di paragoni fra corpo e cose, vita e oggetti, tempi e biglietti d’ingresso. Mi pare una strada in discesa, un’opportunità per usare la testa in modo sbrigativo ed efficace, tale da affrontare a pieni polmoni la grottesca iniquità male orchestrata nell’ouverture del terzo millennio. Insomma, a dieci anni dalla nascita, il RT ha decuplicato le sue ragioni di esistere. Va ancora detto che il RT è uno strumento di consapevolezza come quando un’automobile si schianta contro un muro. Essa poetica consente un’ immediata presa d’atto di questa era nuova con la quale siamo partiti alla deriva. Infine, questa lingua sintetica, incalzante e sorprendente potrà rivitalizzare tutta la rosa dei venti dei saperi, che oggi sono ridotti ad esprimersi in maniera retorica, fiacca e collassata. Il RT è l’esperanto dello stile, non astratto ma reale, costituito da semplici manufatti, alla portata dell’esperienza di tutti, adesso, dopo l’Occidente, quando l’umanesimo è diventato l’attuale “realesimo”. Il primo è l’immersione di un tempo nella classicità, il secondo è sciacquare l’inizio del terzo millennio nell’universale bottega delle collezionabili cianfrusaglie. Finalmente, oggi ci arriva l’ovvia notizia che «…ora sulla Terra ci sono più oggetti che esseri viventi». Insomma, il RT ha in sé le contraddizioni di un materialismo spirituale. Il mondo è diventato un solo pane, mentre lo si impasta, nell’attesa della cottura. L’ex Occidente può adesso contribuire alla sua lievitazione.

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