sabato 22 aprile 2023
Una strategia “win-win” per uscire dalla crisi può nascere dall’aprirsi a format nuovi. Da diffondere attraverso la rete delle parrocchie
Serve una sinergia tra libri e pastorale

Ansa-Carlo Ferraro

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Cercare il lettore (che non c’è). Dell’arguto e, come sempre, provocante intervento di Giuliano Vigini, pubblicato qualche giorno fa su queste pagine, mi ha colpito questo invito: l’editore cattolico deve provare a trovare quel lettore che attualmente non ha. Perché, semplicemente, non esiste. Facciamo due conti, che a chi si occupa di lettere spesso fa bene: 20 milioni di euro di fatturato (l’editoria cattolica nel 2022); 7 milioni (circa) i fedeli che varcano regolarmente ogni domenica una chiesa per la messa domenicale. Due numeri che significano questo: mediamente ogni fedele investe meno di 3 euro all’anno (dicesi 3 euro all’anno!) per la propria formazione spirituale, culturale e personale in libri. Caporetto.

Facciamoci qualche domanda. Che fare? Qui, come su tante cose, il nodo è l’educazione. Iniziando ex capite: abbiamo educato i preti, quando lo si poteva fare (seminario), all’importanza di quella pratica che è la lettura (e il pensare) che può alimentare il tanto declamato «rendere ragione della speranza che è in noi»? Quanti preti (oggi) citano (e consigliano) un libro con passione durante la loro omelia domenicale? E la formazione? I migliaia e migliaia di incontri per catechisti, animatori, leader pastorali che si tengono da Bolzano a Palermo hanno un qualche collegamento con la lettura di un breve saggio, di una testimonianza di vita, di un commento al Vangelo che apra squarci inediti di riflessione e di adesione? Questo sul fronte della Chiesa, che, mi pare in Italia, assista disarmata e afona al tramonto di quell’editoria cattolica che, invece, ha innervato la stagione del post-Concilio. E che può ancora dire e dare qualcosa in questa stagione nuova che ci sta davanti.

Giustamente il cardinale Zuppi nel suo recente intervento al Consiglio permanente della Cei ha sottolineato: «Dobbiamo nutrire una cultura cristiana, che dia significato e forma alla parola “insieme”». «Nutrire» è un bel termine. Ma come editori cattolici sembra che non abbiamo più «fame»: le strutture religiose paiono ormai testardamente gelose di quei loro carismi che stanno finendo insieme al decadimento demografico dei loro istituti (“Non possiamo più noi? Muoia Sansone con tutti i filistei”, pare l’adagio); l’editoria laica ha inventato mille e più format per uscire dal recinto dell’«editoria=libro di carta»: reading, lezioni, eventi, festival, gruppi di lettura, che invece sono termini quasi stranieri nel mondo cattolico, il quale, per contro, pare subire il fascino vischioso della sindrome d’assediamento. Lo sfoltimento di tanti e tanti volumi pubblicati per convenienze ed equilibrismi clericali dovrebbe diventare, in questi tempi difficili, un must. Ma tant’è.

Invece. Se i protagonisti dell’editoria cattolica e chi ha la responsabilità pastorale di guidare le comunità e di offrire momenti di irrobustimento della fede trovassero una sinergia qualificata e motivante, tante e tante esperienze si potrebbero costruire: Vigini ne suggerisce alcune (libro del mese: ogni diocesi consiglia ai propri fedeli, tramite quel telefono senza fili pazzesco che nessuna istituzione pubblica oggi in Italia ha, si chiamano omelie domenicali e avvisi del parroco a messa, la lettura di un libro al mese – una sera ci si trova a discuterne, magari con una tisana d’inverno; un premio per il libro spirituale dell’anno), qualche altre potrebbero nascere da occasioni feconde e promettenti come il workshop tra editori cattolici e Dicastero la cultura, convocato dal cardinale Tolentino de Mendonça in Vaticano. Qualche esperimento si potrebbe fare a livello locale (nulla diventa più contagioso di un’esperienza che funziona): una realtà ecclesiale (diocesi, vicariato, decanato, gruppo di parrocchie) si allea con il mondo degli editori cattolici per una proposta annuale di formazione pensata (non organizzata, pensata!) insieme. L’editoria offre qualità di proposte, la pastorale ci mette una piattaforma di presenze. Gli editori mettono a disposizione la loro capacità comunicativa, la pastorale strutture, persone e passione. Win win. Scommettiamo che può succedere?

*Responsabile editorialeLibreria editrice vaticana e vicepresidente Uelci

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