venerdì 1 aprile 2016
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Non dice e non tace, ma significa, ossia “dà segni”, per mezzo di segni si esprime, con un procedimento comunicativo che diventa lampante una volta decifrato, rimanendo pur sempre esposto all’avventura dell’interpretazione. Così è, secondo un celebre frammento di Eraclito, “il dio che è in Delfi”, vale a dire il solare – e abbagliante – Apollo. Non il notturno Dioniso della contrapposizione cara a Nietzsche, ma il luminoso, l’imperturbato Apollo. Prima di prendere la forma ordinata del tempio, la sapienza degli antichi ha infatti percorso la via obliqua del labirinto. Senza mai abbandonarla del tutto, peraltro, tanto che si potrebbe sostenere che la compostezza del tempio serva in realtà a celare le giravolte del labirinto, non diversamente da quanto accade spesso nelle cattedrali gotiche. “Enigmi, oracoli e sogni” sono, secondo l’elenco suggerito dal sottotitolo di questo importante saggio di Simone Beta, le manifestazioni più evidenti di una corrente altrimenti sotterranea che attraversa per intero l’antichità, spingendosi poi in territorio patristico e oltre. Nel Labirinto della parola Beta, docente di Filologia classica all’Università di Siena, non disdegna di chiamare in causa l’autorità di testimoni di molto successivi, tra i quali spiccano i nomi di William Shakespeare (ricordate le ambigue profezie delle streghe in Macbeth?) e di Jorge Luis Borges, insuperato cultore delle kenningar , le parole-enigma diffuse tanto nelle mitologie nordiche quanto in quella greco- romana. Un viaggio affascinante e documentatissimo, che trasporta il lettore in zone solitamente poco frequentate se non dagli eruditi, ma che non può fare a meno di scegliere come punto di partenza il cruciale indovinello che la Sfinge rivolge a Edipo. La risposta che tutti conosciamo, osserva Beta, è incompleta, forse addirittura errata, perché l’animale che al mattino avanza su quattro gambe, su due a mezzogiorno e su tre alla sera non è genericamente “l’uomo”, ma un uomo in particolare: Edipo stesso, ferito nei calcagni alla nascita e costretto ad appoggiarsi al bastone dopo essersi consegnato alla cecità. Nessun enigma, insomma, è mai risolto in via definitiva. E nessun solutore può ritenersi abbastanza abile da evitare il rischio del fraintendimento, come dimostra la leggenda riferita a Omero, nella quale il padre di tutti i poeti viene tratto in inganno dal trabocchetto ordito da una banda di ragazzini. La gamma delle occorrenze setacciate da Beta è vastissima, si va dai frammenti dei lirici e dei presocratici fino alla tarda leggenda di Alessandro, altra figura monumentale la cui saldezza è messa a repentaglio dall’oscurità degli oracoli. E ci si addentra anche nel territorio del sogno, in compagnia del De divinatione ciceroniano e del gran trattato di Artemidoro, che per molti secoli, prima che arrivasse il dottor Freud, ci ha fatto da guida tra le visioni della notte. Oltre che dalle parole (non di rado distorte dall’assunzione di un punto di vista inappropriato), l’enigma passa attraverso i numeri, in una ridda di corrispondenze che Beta analizza con competenza non priva di leggerezza. Vertiginosa, infine, la categoria delle “parole senza immagini e immagini senza parole”, sotto la quale ricade la proverbiale laconicità degli spartani. Parlano e parlano, gli ateniesi. Ma ai loro avversari basta tracciare un paio di segni nella sabbia e il messaggio arriva, forte e chiaro. Tutto sta, come al solito, nel saperlo interpretare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Simone Beta IL LABIRINTO DELLA PAROLA Einaudi Pagine 348. Euro 32,00 Classici Dal filologo Beta un itinerario tra enigmi e oracoli del mondo greco-romano MITO Edipo e la Sfinge nel dipinto di Jean-August Dominique Ingres (1808)
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