venerdì 6 maggio 2016
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Le perplessità che potrebbero nascere dalla riproposta in un’epoca come la nostra, di commento preponderante sulla sorgività della creazione, in tutti i campi artistici, di un autore quale Callimaco, appartenente a un’epoca, quella ellenistica, recuperata non a caso dal decadentismo, vengono superate, le perplessità, da un confronto diretto con i testi. Almeno Callimaco, in polemica con la riproposizione di poemi epici, ammirava la poesia ricca di labor limae come la sua, un poetausignolo, di cui ci tramanda la memoria, e rifiutava la strada battuta da tutti, aspirando a distinguersi come poeta, appunto, epigrammatico ed elegiaco. Che nel volgere di pochi versi condensava un mondo. Spesso un mondo decadente di bisticci d’amori disordinati, di pletora di dèi. Un mondo di cui Callimaco eterna i nomi, soprattutto, con poche parole. Spesso si tratta di componimenti dolorosi, “in morte di”. Le perplessità cadono con testi come questo, tradotti dal poeta e filologo Meeten Nasr, in una versione nata decenni fa, stampata in poche copie, e fortunosamente ritrovata: «Mi dissero, Eraclìto, il tuo destino / e ho pianto ricordando quante volte / insieme conversando siamo giunti / al tramonto del sole. Da gran tempo / sei polvere, o tu d’Alicarnasso! Ma vivranno i canti tuoi d’usignolo e sopra quelli l’Ade / non getterà la sua mano rapace». Il bisogno universale di «cordialità» che è proprio dell’umanità si dispiega intero, insieme alla memoria di un poeta sopravvissuto proprio qui, in queste parole. Molto bello anche questo componimento: «O tu che presso alla mia tomba / conduci il piede! Sappi ch’io son figlio / e padre di Callimaco, quelli di Cirene. / Ambedue li conosci: l’uno fu a capo / dell’esercito patrio, l’altro ha cantato / più alto dell’invidia. Ed è ben giusto: / quanti le Muse videro fanciulli / con occhio benigno, neppur vecchi / li abbandonano mai». Il testo, per i più colti in grado di leggere il greco a distanza dagli anni scolastici, ha l’originale a fronte. Ci dice Meeten Nasr: «Callimaco si dimostra vero genio dell’economia verbale, dell’immediatezza e della visionarietà. Gran costruttore di personaggi e situazioni egli riesce con due soli versi ad ambientare un ieròn ìpnon (sonno sacro) fondato sulla negazione della morte dei “buoni” che, anche senza i “belli”, finirebbero di rappresentare al vivo l’intera essenza dell’umanità. Pertanto tutto ciò che è utile e necessario a smuovere i sentimenti viene da Callimaco trasportato poeticamente “sottomano” (il Vorhand, l’esserci della fenomenologia), cioè nel sottofondo percettivo di una specie di mago e infine in quelle sintesi perentorie che nelle sue mani possono diventare frustate abbaglianti». L’ultimo libro di Meeten Nasr è un’autoantologia 1982-2014, Scorre il giovane tempo, edita da La Vita Felice. © RIPRODUZIONE RISERVATA Callimaco GLI EPIGRAMMI Scelti e tradotti da Meeten Nasr La Vita Felice. Pagine 72. Euro 7,00
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