giovedì 16 maggio 2019
Sabato sera a Berlino la 40enne pallavolista dell’Agil Novara torna nel palazzetto che nel 2002 la incoronò campione del mondo per disputare la finale di Champions contro Conegliano.
Francesca Piccinini, 40 anni, al centro, in forza all’Agil Volley Novara

Francesca Piccinini, 40 anni, al centro, in forza all’Agil Volley Novara

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«Come mi sento? Come una melagrana... si intitola così anche l’autobiografia che scrissi qualche anno fa, e che andrebbe aggiornata. Mi piace questo frutto perché mi identifica. La melagrana non la trovi su ogni bancone al mercato della frutta, ma devi avere tempo e voglia di andare a cercarla e poi coglierla e assaporarla, con calma. Francesca è così, devi avere pazienza per scoprirne tutti gli spicchi più nascosti, quelli aspri e quelli più dolci, che fanno parte della mia personalità che ritengo profonda e mai scontata...». Comincia con questo flusso coscienziale l’incontro con Francesca Piccinini, alias “Lady Volley”. Quarant’anni e non sentirli, specie dall’alto dei suoi 185 centimetri statuari. Ventisei anni di “professionismo” (anche se lo sport rosa da noi ancora di fatto non lo è) filati, affrontati sempre con il sorriso e la solarità dell’eterna “Francy”, fino all’ultimo approdo, l’Agil Volley Novara. Una vita tutta all’attacco sotto rete, iniziata da “piccinina” nella natia Massa, alla Robur. Successi in serie, con una sala premi personale che a rileggerla tutta sembra L’Isola del tesoro. Nel forziere di casa Piccinini si contano infatti 14 titoli nazionali tra scudetti (5) e Coppe, più 9 riconoscimenti internazionali che possono salire a dieci, in caso di vittoria sabato sera nella finale di Champions, tutta italiana, a Berlino.

Novara-Conegliano si gioca nel Max Schmeling Halle, lo stesso palazzetto berlinese in cui nel 2002 con la Nazionale divenne campionessa del mondo...

C’ho pensato spesso in questi giorni, è una bella coincidenza, speriamo che porti bene. Di fronte c’è un Conegliano fortissimo, loro hanno vinto lo scudetto, noi la Coppa Italia: questa finale la considero un po’ una“bella”. Partiamo dal 50% di possibilità a testa, vediamo...

Se vince questa edizione 2019 sarebbe la settima Champions per lei che viene considerata la “Gigi Buffon” della pallavolo.

Ma Gigi, che ha un anno più di me, di Champions mi pare non ne abbia vinta nessuna. Semmai posso confrontarmi con Cristiano Ronaldo – sorride divertita – Ma quante ne ha vinte Cristiano? Ah, cinque... Non bastano.

È cresciuta a pochi chilometri dalla carrarina Maurizia Cacciatori, era lei il suo idolo?

“Mauri” è una grande amica e ci legano tante affinità, ma sono ruoli diversi, la Cacciatori giocava da palleggiatrice, io sono un attaccante. Per caratteristiche tecniche e fisicità guardavo con ammirazione all’americana Ke- ba Phipps che poi ho anche battuto, sempre in quella finale mondiale di Berlino...

Lì, in quell’Italia-Usa raggiunse l’apice, ma partiamo dagli inizi.

Ho debuttato in Serie A1 a 14 anni (con la Carrarese) e penso sia un record ancora imbattuto. Oggi è impossibile? No, le opportunità ci sono, poi dipende da ciò che sei e cosa sai far vedere a quell’età. Le italiane sono un po’ più penalizzate per via delle tante straniere nel nostro campionato, ma ripeto tutto è nelle loro mani. Il volley non fa figli e figliastri, se hai talento emergi e arrivi al vertice e in Nazionale, come è successo a me che a 16 anni mi chiamavano in tutte le rappresentative azzurre, compresa quella maggiore.

Possiamo dire però che la pallavolo le ha fatto “saltare” l’adolescenza.

Diciamo che mi hanno voluta adulta fin da subito, del resto ero fisicamente grande come adesso, perciò la pressione e l’attenzione nei miei confronti è stata immediatamente ai massimi. Ero una ragazzina, ma tutti volevano che in campo mi comportassi da veterana, da fuoriclasse consumata.

Ma fuoriclasse si nasce o si diventa?

Il talento o ce l’hai o non ce l’hai. All’inizio ho faticato anch’io, ma ho avuto la fortuna di giocare con delle compagne fortissime che mi hanno aiutato a crescere e a maturare in fretta, comportandosi da vere sorelle maggiori. Ed è quello che adesso sto facendo qui a Novara con le varie Egonu e Chirichella.

A 18 anni è stata la prima italiana ad andare a giocare in Brasile.

Un anno a Curitiba da coach Bernardinho, un guru del volley al quale non potevo dire di no. Ci teneva tantissimo che andassi a giocare nel suo ParanáVôlei Clube. Ero appena sbocciata e ho colto al volo l’occasione. È stata un’esperieanza bellissima anche sul piano umano, i brasiliani mi hanno fatto sentire come a casa... Come ero libera da impegni volavo da una città all’altra di quello splendido e contraddittorio Paese, in cui ho toccato con mano la miseria della favela ma anche la tanta ricchezza dei quartieri chic. Sono tornata in Italia solo perché l’anno dopo c’erano le Olimpiadi di Sydney 2000 e mi era impossibile giocare in Brasile e fare la “pendolara”.

Dopo di allora solo tappe italiane: Bergamo, Torino, Modena, Casalmaggiore e infine Novara. Tante avversarie battute e forse anche qualche nemica lasciata sul campo...

Nemiche, si fa per dire, tutte, ma solo nell’arco della partita, poi fuori non ho mai avuto problemi con nessuna delle mie avversarie. Sono una grintosa, con le mie compagne spesso urlo anche in allenamento, ma lo faccio esclusivamente per alzare il livello di tensione e mettere addosso, in primis a me stessa, la giusta carica agonistica che poi sarà fondamentale in partita.

Cosa cerca di trasmettere a quelle compagne di squadra che hanno vent’anni di meno?

L’esempio, è fondamentale. Io sono sempre la prima ad arrivare all’allenamento e l’ultima a lasciare il palazzetto. Non mi pesa lavorare tanto e tutti i giorni. Il campanello d’allarme suona proprio quando senti che tutto questo non riesci più a sostenerlo. Ogni estate quando vado in vacanza, stacco, e sotto l’ombrellone decido. Mi dico,“Francy che fai, continui o molli?” Finora è sempre contata la prima scelta… Del resto ho quarant’anni, ma sto fisicamente “da Dio” e infatti sono ancora qui, a giocarmi un’altra finale di Champions.

Quanto le piace questa Nazionale femminile multietnica?

Mi piace tantissimo e conferma che il lavoro sui giovani svolto dal Club Italia funziona. E poi adoro Davide Mazzanti, un ct che ha dato spazio a quelle ragazze che oltre al talento possiedono l’umiltà e la voglia di migliorarsi continuamente, e così è stato ripagato con un grandissimo 2° posto all’ultimo Mondiale.

Ma un coach donna non può esistere nel volley femminile?

Esistono, ma si contano sulle dita di una mano. La cinese Lang Ping che ha allenato a Modena e anche qui a Novara. è una fortissima, ha vinto tanto con la nazionale cinese che guida dal 2013... Io coach? Non ci penso neppure, dopo una vita passata in palestra non vorrei farne una seconda da allenatrice. Sono già consigliera in Federazione, ecco, restare nello sport come dirigente potrebbe essere un’idea.

Il presidente di Novara è suor Giovanna Saporiti, dicono che sia riuscita a “convertire” molte sue colleghe...

Beh, alla fede io sono arrivata già allenata. Sono molto credente, leggo spesso e trovo conforto nella Bibbia. E poi mi ritrovo molto in certi messaggi che lancia papa Francesco che è anche un grande “Papa dello sport”.

Chi è il suo primo tifoso?

Il mio papà, Roberto. Conserva tutto, con gli articoli di giornali che mi riguardano ha messo insieme 24 volumi, un’enciclopedia. Tempo fa mi ha fatto vedere il filmino del giorno del mio debutto… Mi sono emozionata fino a piangere.

Ma le riesce meglio ridere e persino recitare:l’ha fatto in Maschi contro femmine di Fausto Brizzi. Cosa ne pensa della vicenda di molestie che ha coinvolto il regista?

Brizzi con me è stato delizioso, nemmeno l’ombra di una avance. Purtroppo però, certe brutte storie di violenze fisiche e psicologiche ormai accadono quotidianamente... So che non è facile, ma io invito tutte le donne a trovare il coraggio di denunciare e di difendersi in ogni modo, prima che accada l’irreparabile. Che si sappia, da questo momento io sono in campo anche per portare avanti questa battaglia.

All’attacco, e sempre dalla parte delle donne. Ma spesso nello sport le mamme atlete sono penalizzate, è così anche nella pallavolo?

A Novara non ci sono mamme in squadra, ma nella mia lunga carriera ho giocato con tante madri e nessuna di loro è stata mai penalizzata, anzi una volta avuto il bambino spesso sono diventate ancora più forti. Ma questo è nel dna di noi donne che sappiamo fare più cose insieme, e a volte anche meglio.

Oltre alla settima Champions, non sogna anche un domani da “mamma,e magari un’altra Piccinini in campo?

Mi piacerebbe, ma bisogna essere in due per realizzare quel sogno... Se poi mia figlia scegliesse di giocare a pallavolo ne sarei orgogliosa, le direi: brava, hai fatto la scelta giusta.

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