martedì 23 marzo 2010
Francesca Porcellato, che 22 anni fa vinse la sua prima medaglia alle Paralimpiadi di Seul nell’atletica, ha ottenuto il podio più alto nella 1km sprint di fondo.  Un oro del destino, conquistato proprio il 21 marzo, lo stesso giorno cioè (38 anni dopo) in cui un terribile incidente la rese paraplegica.
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Mai ai stanca. Di provare e di vincere. Francesca Porcellato, che 22 anni fa vinse la sua prima medaglia alle Paralimpiadi di Seul nell’atletica, ha ottenuto il podio più alto nella 1km sprint di fondo. Da uno sport all’altro, con la stessa determinazione. E questo è l’oro del destino, conquistato proprio il 21 marzo, lo stesso giorno cioè (38 anni dopo) in cui un terribile incidente la rese paraplegica. Dal 21 marzo del 1972 infatti Francesca è su una sedia a rotelle, da quando un camion la investì nel cortile di casa: aveva appena 18 mesi. Oggi è una donna matura, grande, vincente in tutti i sensi.Dopo anni di atletica, l’esordio agonistico sugli sci fu a Torino 2006: «Dalla velocità e dalla competizione non riesco a star lontana», aveva confidato a chi le chiedeva chi glielo faceva fare a 38 anni a rimettersi in gioco, a partire dal basso con le gare amatoriali, a sfiancarsi con gli allenamenti per ottenere la qualificazione per Vancouver 2010. Forza di volontà. La Porcellato ha ancora tanto da dire. E in previsione dei prossimi Giochi Invernali, a Sochi nel 2014, per allenarsi potrebbe scegliere anche di tornare a fare le maratone. Il record del mondo (1h.38.29) categoria sitting donne è suo, e troverebbe un competitor (non un collega di gara, ovviamente) all’altezza: tal Alex Zanardi che domenica ha portato la sua handbike sui sanpietrini della maratona di Roma con il tempo di 1h15’53". Sono dunque sette le medaglie azzurre a Vancouver. Un bilancio decisamente migliore di quelli degli atleti olimpici normodotati, che porta l’Italia al 10° posto del medagliere invernale. Un risultato che ha alle spalle anni di lavoro, di collaborazioni strategiche. Come quella con la Ferrari che a Maranello, grazie al campione paralimpico e ingegnere aerospaziale Alessandro Paleri, ha testato proprio i monosci usati nel fondo nella galleria del vento e ne ha migliorato gli ammortizzatori. Buona anche l’esperienza dei team dello sledge hockey e del curling, rispettivamente settimi e quinti, che dopo l’esordio di Torino 2006, si sono qualificati, anche in questo caso a differenza degli olimpici e hanno combattuto con nazionali di lunga tradizione. Per la cronaca il titolo paralimpico 2010 dell’hockey è andato agli americani, quello del curling ai canadesi.Vancouver 2010 è stata la Paralimpiade delle conferme e di qualche addio. Come quello di Gianmaria Dal Maistro e Tommaso Balasso. «È uno scherzo per attirare i media.... No, è vero: ci ritiriamo, almeno io, dalle gare ad alto livello», afferma Dal Maistro, che sulle orme della sua mentore e campionessa paralimpica Silvia Parente sta pensando a impegnarsi, magari dando vita a un’associazione o a una scuola di sci, per la promozione dello sport fra i bambini. Non si sa se si ritireranno i fratelli Brian e Robin Mckeever che nelle gare di fondo hanno vinto tutto, e tutti ori. Oro al collo anche per Alexi Salamone, il giocatore dello sledge hockey americano, vittima del disastro di Chernobyl. Ha commosso invece la vicenda di Nijaz Nemi, unico atleta della Bosnia, che durante la guerra balcanica del 1992-1995 ha perso una gamba a causa di una mina. Oggi lavora con la ong Intersos e insegna ai bambini bosniaci a riconoscere e a evitare le mine. Con la cerimonia di chiusura della scorsa notte il testimone è passato alla Russia, leader del medagliere paralimpico di Vancouver con 38 podi, che ospiterà nella cittadina di Sochi la prossima edizione dei Giochi olimpici dal 7 al 23 febbraio, e paralimpici dal 7 al 16 marzo 2014. In questi ultimi ci saranno gli atleti con disabilità intellettive. Un ritorno dopo che sono stati unificati i criteri per certificare le caratteristiche dell’atleta.
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