sabato 8 ottobre 2011
La Commissione le ha scelte per la loro «battaglia non violenta in difesa della sicurezza» Polemiche in Liberia, dove martedì si vota per le elezioni presidenziali.
Un segno che vale di Fulvio Scaglione
Eugenio Melandri, fondatore di Chiama l'Africa (Radio inBlu)
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La prima donna africana capo di Stato, la pacifista che ha sfidato i signori della guerra liberiani e una delle attiviste simbolo della Primavera araba: il Nobel per la Pace 2011 si è tinto di rosa con tre donne insignite del prestigioso premio. Si tratta del presidente liberiano Ellen Johnson-Sirleaf, della connazionale pacifista Leymah Gbowee e del volto della ribellione yemenita, Tawakkul Karman. La Commissione di Oslo ha scelto di premiarle per «la loro battaglia non violenta per la sicurezza delle donne e per i diritti delle donne alla piena partecipazione all’impegno per la costruzione della pace». «Non è possibile conquistare la democrazia e una pace duratura senza che le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini nel contribuire allo sviluppo a tutti in livelli della società», ha affermato il presidente della Commissione, Thorbjoern Jagland. La decisione era largamente attesa: molti esperti avevano predetto che la Primavera araba sarebbe stato il tema favorito di quest’anno; analogamente le protagoniste della battaglia femminile per la pace e le pari opportunità in Africa erano indicate fra le favorite. In particolare molti attendevano un tributo alla pioniera Ellen Johnson-Sirleaf, divenuta nel 2005 prima donna eletta alla guida di uno Stato africano, la Liberia. Temperamento battagliero, la sua scalata nella stanza dei bottoni ha spalancato le porte all’impegno femminile nel continente nero. Economista formatasi a Harvard, ex ministro delle Finanze, appena arrivata alla presidenza, dopo 14 anni di guerra civile, ha dichiarato una lotta senza quartiere alla piaga della corruzione. La Commissione di Oslo l’ha premiata per aver «contribuito a pacificare la Liberia, promuovendo lo sviluppo economico e sociale e rafforzando la posizione delle donne». Un riconoscimento giunto peraltro a pochi giorni dalle presidenziali liberiane, per cui la Johnson-Sirleaf corre per un secondo mandato. Proprio questa concomitanza ha spinto i suoi sfidanti a protestare. L’oppositore Winston Tubman, principale avversario nelle elezioni di martedì prossimo, ha definito «provocatoria» l’assegnazione del premio in piena campagna elettorale. Lo stesso Tubman ha inoltre affermato che il Nobel è immeritato, perché «la signora Sirleaf ha commesso violenze in questo Paese». L’opposizione contesta al presidente il sostegno dato alla ribellione armata dell’ex dittatore Charles Taylor, sostegno da cui poi la Sirleaf si era smarcata. Meno controversa l’assegnazione del Nobel all’altra liberiana premiata, Leymah Gbowee. «Questa non è una tradizionale storia di guerra», aveva scritto nella sua autobiografia, la storia di «un esercito di donne» che hanno trovato «la limpidezza morale, la perseveranza e il coraggio di alzare le nostre voci contro la guerra e riportare la sicurezza nella nostra terra». L’avvocato non esitò a indire nel 2002 uno sciopero del sesso femminile che costrinse Taylor ad ammettere il suo movimento rosa al tavolo dei negoziati di pace in Ghana. Infine il tributo al volto della protesta in Yemen, l’attivista Tawakkul Karman, che ha dedicato il premio a «tutti gli attivisti della Primavera araba» e lo ha definito un vittoria della «rivoluzione yemenita e del suo carattere pacifico». Molti esperti avevano predetto un omaggio alle protagoniste della Primavera araba ma i nomi più gettonati erano quelli dell’egiziana Esraa Abdel Fattah e della blogger tunisina Lina Ben Mhenni. Ma la Commissione di Oslo ha preferito premiare – inviando un evidente messaggio politico – una delle icone di una rivolta ancora in corso (i morti in Yemen crescono ogni giorno e il presidente Ali Abdullah Saleh è ancora al potere). Madre di tre figli e giornalista, Tawakkul ha trascorso mesi nella Piazza del Cambiamento di Sanaa, invocando libertà e democrazia. Arrestata a gennaio, era stata scarcerata sotto la pressione delle migliaia di manifestanti scesi in strada per chiedere la sua liberazione. A 32 anni è la prima donna araba ad essere insignita del Nobel per la Pace.
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