domenica 24 ottobre 2010
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Tutto si può dire del neon, ma non che non sia servito a un tubo. Anzi questo gas nobile, scoperto da William Ramsay e Morris Travers nel 1898, finì proprio dentro a un tubo di vetro per realizzare un nuovo manufatto che avrebbe letteralmente rivoluzionato il modo di fare la pubblicità e di illuminare le città e gli interni delle abitazioni.La lampadina a filamento già era stata inventata qualche decennio prima da Edison e Swan, ma subito ci si pose il problema di creare lampade più efficaci e proprio nel tentativo di costruire lampadine migliori, l’ingegnere francese George Claude scoprì all’inizio del Novecento che il neon racchiuso in un contenitore di vetro produceva un’intensa luce arancione quando era attraversato da una scarica elettrica.La faccenda però non è che lo impressionasse più di tanto e quasi sicuramente gli esperimenti di Claude sarebbero rimasti nel chiuso del suo laboratorio se Jacques Fonseque, di professione pubblicitario, non intuisse le future applicazioni di quella luce colorata. All’inizio non mancarono comunque i problemi, soprattutto per la illuminazione degli interni. I tubi, infatti, producevano una luce cruda che falsava i colori e per ovviare questo inconveniente si pensò di utilizzare contemporaneamente tubi al neon e tubi al vapore di mercurio. I tubi venivano nascosti sopra cornici cave lungo le pareti in modo tale da proiettare i raggi sul soffitto e dar luogo, grazie alla fusione delle due fonti di luce, a una luce riflessa praticamente bianca. Utilizzando particolari miscele e modellando tubi, Claude e Fonseque si misero di buzzo buono a creare insegne al neon e proprio un secolo fa, nel dicembre del 1910, due tubi di una decina di metri ciascuno vennero presentati per la prima volta alla Expo di Parigi. Nel 1911 si registra invece la prima città illuminata al neon. Si tratta di Warren nell’Ohio. Due anni dopo, nel 1912, i due soci vendettero la loro invenzione a un barbiere di Parigi, che la usò come insegna per il suo atelier. L’anno seguente, nei Champs Elysees della capitale francese, apparve una pubblicità della Cinzano, la casa italiana che nel 1902 aveva aperto in Francia, a Chambery, il suo primo stabilimento all’estero. La scritta Cinzano appariva con lettere illuminate al neon alte più di un metro. Il difficile periodo della prima guerra mondiale fece registrare una battuta d’arresto anche perché le città venivano illuminate dalla sinistra luce dei bengala. Nel frattempo, nel gennaio del 1915, Claude brevetta la sua invenzione e subito dopo la fine del conflitto scoppia la neon-mania. Già nel 1919 il Teatro dell’Opera di Parigi sbalordì tutti con una gigantesca insegna al neon a colori rossi e blu. La vera neon-mania, però, si diffuse soprattutto negli Stati Uniti quando Claude scoprì che la colorazione della luce prodotta dal neon "mescolato" con altri gas contribuiva non poco ad incrementare la spettacolarità e la sua fama sarà tale da guadagnarsi l’appellativo di "Claude Neon". La prima grande insegna pubblicitaria fu costruita da Claude per un venditore di automobili Packard di Los Angeles, che la acquistò per 24 mila dollari e dopo quattro anni nella sola città di New York si potevano ammirare già 750 insegne al neon. Alle insegne al neon è stato dedicato anche un famoso museo, il Neon Museum che si trova in La Concha Motel a Las Vegas, forse la città che ha usato il neon nel modo più sfarzoso e spettacolare.Il museo raccoglie 150 insegne che nell’insieme raccolgono l’evoluzione di questi manufatti che negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo passato attirarono anche l’attenzione di diversi artisti. Il neon non sembra essere un gas particolarmente dannoso alla salute eppure qualche anno fa giunse dall’Università del Missouri un avvertimento che metteva in guardia i consumatori del latte contenuto in recipienti di vetro esposti alla luce bianca del "banco". La luce al neon, infatti, non solo avrebbe potuto alterare il sapore del latte, ma la luce fluorescente dei neon avrebbe potuto inibire certe proprietà benefiche di alcune vitamine contenute nel latte. Il neon sbarcò in Giappone nel 1926, dove la prima insegna al neon venne accesa alla Hibiya Park. Nessuno, però, avrebbe mai immaginato che un’ottantina di anni più tardi i tubi dismessi dell’illuminazione al neon sarebbero serviti per dar vita a quello che viene definito lo sport più pazzo del mondo, dove due contendenti si divertono a darsele di santa ragione spaccandosi reciprocamente tubi sulla schiena, con quali risultati cruenti potrete bene immaginare! Il neon è finito anche nella famosa canzone di Simon and Garfunkel The sound of silence e precisamente nella seconda strofa che racconta del personaggio solitario che camminando per la città attraverso strade strette e ciottolose tutto a un tratto viene colpito dal flash di una luce al neon («My eyes were stabbed by the flash of a neon light»). Dalla musica alla letteratura. Il neon è entrato nei titoli di due romanzi: Bibbia al neon di John Kennedy Toole e Pioggia al neon di James L. Burke.
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