giovedì 7 aprile 2016
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Vero nome di Gesù era Keshao Krishna, formalmente accettato nella sua sottocasta di bramini all’età di 12 anni in un terra allora di fede induista e di lingua Tamil. Se non ci credete, occorrerà attendere una traduzione in lingua inglese di Christ Parichay (“Introduzione a Cristo”). Un “caso” letterario perché concentra la visione mitologica e opportunista del cristianesimo che l’estremismo indù riesce a esprimere da quasi un secolo. Il volume, scritto nel 1946, è stato ristampato in lingua Marathi a Mumbai dallo Swatantryaveer Savarkar Rashtriya Smarak, istituzione impegnata a mantenere la memoria di Vinayak Damodar Sa- varkar e del fratello – autore del libro – Ganesh Damodar Savarakar. Il primo, ideologo di punta del nazionalismo induista non solo in funzione antibritannica ma anche antiislamica e anticristiana. Il secondo, pubblicista prolifico e cofondatore nel 1925 della Rashtriya Swayamevak Sangh (Rss, “Organizzazione dei volontari per la nazione”) che propugna il riscatto della “nazione indù” affidato ai bramini di alta casta come lui e i suoi compagni di impegno. Lo Rss ha attraversato novant’anni di storia diventando insieme laboratorio ideologico e centro propulsivo dell’estremismo induista che ha un obiettivo primario: l’hinduttva (induità), ovvero fare dell’India una nazione esclusivamente indù, recuperando fedi come cristianesimo e islam considerate deviazioni accidentali da un unico alveo induista. di recupero dei cristiani (il 2,5% della popolazione), migrati dall’induismo a causa della discriminazione, basato su incentivi più che su minacce e violenza, che pure non mancano. Il concetto di appartenenza è stato raffinato all’estremo: le caste non sono più discriminatorie ma inclusive; farne parte anche se ai livelli più bassi porta a riconoscimento di ruoli e integrazione e non a sfruttamento e emarginazione. Un veleno sottile, quello estremista, che si diffonde tra minoranze traumatizzate dai massacri antiislamici del Gujarat del 2002 e da quelli anticristiani dell’Orissa del 2008. Con un uso opportunista della legge, che riconosce benefici a caste un tempo dominanti e ora pressate dalla crisi, Non sorprende quindi che nel libro Gesù fosse di origine indiana meridionale, un bramino che predicò e testimoniò una forma di induismo. Per coerenza, Palestina e Arabia erano parte dell’ecumene indù. Non abbastanza, forse, poiché una volta sopravvissuto alla crocifissione con l’aiuto dello Yoga e della medicina ayurvedica, il Cristo sarebbe andato in India, nel Kashmir. Qui, in un monastero da lui fondato, avrebbe praticato l’ascesi su imitazione del dio Shiva, garantendosi così la salvezza dopo la liberazione volontaria dalle spoglie mortali all’età di 49 anni. Un cumulo di teorie fantasiose riproposte in linea con una volontà ma non ai cristiani. I leader cattolici indiani hanno definito il libro «senza senso», parte del «complotto» per accrescere le tensioni. «Il volume è solo un cumulo di fantasie personali, senza base scientifica, senza spiegazione razionale e nessuna prova a sostenerne il contenuto», ha segnalato all’agenzia Ucanews padre Nigel Barrett, portavoce dell’arcidiocesi di Mumbai. Nessuna malafede per Ranjit Savarkar, nipote dell’autore e a capo dell’istituzione che ne sta ripubblicandone le opere dopo 70 anni. «Il libro non era più reperibile da tempo e quindi ho deciso di renderlo nuovamente disponibile per i lettori. Il contenuto non è nuovo ma sappiamo che potrebe suscitare perplessità ». © RIPRODUZIONE RISERVATA In “Christ Parichay” Cristo diventa un bramino, sopravvissuto alla croce grazie allo Yoga. Il volume è parte di una politica di riconquista dei cristiani convertitisi a causa delle discriminazioni Un’immagine che associa Gesù a Krishna
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