lunedì 7 novembre 2016
Ci sono nel mondo luoghi storici che oltre a essere vetrina commerciale sono soprattutto “salotti” dove ancora oggi s'incontrano gli scrittori: dalla Shakespeare&Company di Parigi alla Saba di Trieste
La storica libreria Shakespeare & Company di Parigi (Wikimedia Commons)

La storica libreria Shakespeare & Company di Parigi (Wikimedia Commons)

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Diceva Umberto Eco che il libro è come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici: una volta che sono stati inventati non è possibile fare di meglio. A chi spaventa la scomparsa dei libri di carta e la loro imminente sostituzione con nuovi formati e nuove tecnologie, basti ricordare l’esistenza di quei luoghi sparsi per il mondo che non sono semplici librerie, ma veri e propri “templi” del libro e della cultura. E che non a caso sono ancora oggi frequentati assiduamente dagli scrittori o citati nei loro romanzi. Sarebbe sicuramente ingeneroso provare a stabilire una gerarchia per classificarli, quel che è certo è che finché esisteranno luoghi come questi, il fascino dei libri sugli scaffali, dell’odore della carta, dei consigli di librai competenti è destinato a sopravvivere a qualsiasi moda o innovazione. Se a Parigi batte ancora forte il cuore della famosa Shakespeare&Company, da oltre due secoli Londra ospita la Hatchard’s, una delle più antiche e prestigiose librerie del Vecchio continente. La sua facciata solenne di vetro e legno scuro spicca ancora oggi al numero 187 di Piccadilly Circus, nel cuore pulsante della capitale britannica. Fondata nel lontano 1797, fu la libreria preferita di Oscar Wilde, Rudyard Kipling e Jane Austen. Un altro cliente di spicco era Lord Byron, uno dei più grandi poeti del romanticismo inglese, che all’inizio dell’Ottocento viveva dalla parte opposta della piazza. Ma fu Virginia Woolf a farla entrare a pieno titolo tra i luoghi mitici della letteratura inglese del XX secolo: in un giorno di giugno del 1923, la sua Signora Dalloway si affacciò a una vetrina di Hatchard’s e lesse i versi dalle pagine aperte di un libro di Shakespeare. «Cosa sta sognando – si chiede la Woolf – nel guardare la vetrina? Cosa sta cercando di recuperare? Quale immagine antelucana di un giorno in campagna le è balenato leggendo questi versi?». Anche adesso che è di proprietà della catena Waterstones, la libreria conserva al suo interno i rivestimenti e i caminetti originali dell’epoca che fanno fare un salto nel tempo al visitatore, facendolo sentire parte di un antico salotto letterario. Sulle sue pareti, confusi tra gli oltre centomila volumi suddivisi in cinque piani, sbucano i pannelli di legno ai quali sono affisse foto di incontri rimasti nella storia e di sessioni di libri autografati con personaggi come Bette Davis e Salman Rushdie.

In oltre 110 anni di storia la libreria Lello&Irmao di Porto si è guadagnata invece l’epiteto di «cattedrale del libro», anche per l’atmosfera di sacralità che gli deriva dalla straordinaria bellezza del palazzo che la ospita, al n. 144 di Rua das Carmelitas, nel centro storico della terza città più popolosa del Portogallo. L’edificio mescola neogotico e liberty, ha pareti in legno intarsiato, colonne ornate di bassorilievi in bronzo che rappresentano i grandi della letteratura portoghese e un soffitto riccamente decorato con al centro un’immensa vetrata sulla quale è dipinto il motto della libreria, Decus in labore (Dignità nel lavoro). Il suo fondatore, José Pinto de Sousa Lello creò all’inizio del ’900 un salotto letterario che riunì i più importanti uomini di cultura dell’epoca. Ma il suo successo è cresciuto enormemente in anni recenti, da quando si è scoperto che la scrittrice britannica J. K. Rowling ha frequentato assiduamente questa libreria durante i suoi anni di permanenza a Porto, traendone ispirazione per Hogwarts, la scuola di magia di Harry Potter. Da allora è diventata meta di pellegrinaggio per migliaia di fan e semplici curiosi, tanto da spingere gli attuali titolari a introdurre il pagamento di un biglietto d’ingresso convertibile in uno sconto in caso di acquisto di libri.

La Marga Schoeller Bücherstube di Berlino può invece annoverare tra la sua clientela alcuni dei più grandi scrittori del XX secolo, da Hermann Hesse a Thomas Mann, da T. S. Eliot a Samuel Beckett, da W. H. Auden al più volte premio Pulitzer Thornton Wilder. Fu fondata nel 1929 da Marga Schoeller, una libraia passata alla storia per essersi sempre rifiutata di vendere letteratura nazista, e che alla fine della guerra ricevette dagli Alleati la licenza per vendere libri inglesi. Durante la Guerra fredda divenne la principale istituzione letteraria di Berlino Ovest e nel 1974 si è spostata dalla sua sede storica sul Kurfürstendamm a poche centinaia di metri di distanza, sulla Knesebeckstraße, dov’è possibile trovare ancora oggi una sezione di letteratura inglese molto curata insieme a una vastissima scelta di testi di filosofia, scienze sociali e letteratura anti-razzista.Al di là dell’oceano, una delle librerie più note e celebrate dalla letteratura è senz’altro la City Lights di San Francisco, fondata nel 1953 da Lawrence Ferlighetti e Peter Martin nel quartiere italiano della città californiana. Anche grazie alla sua attività editoriale ha giocato un ruolo chiave nella cultura statunitense del Secondo dopoguerra, divenendo lo storico ritrovo degli scrittori della Beat generation. Jack Kerouac la cita in uno dei suoi capolavori (Big Sur), ma la storia della City Light rimarrà per sempre legata alle controversie legali che seguirono la pubblicazione di Urlo di Allen Ginsberg. Il poema fu censurato e Ferlinghetti finì in carcere per averlo pubblicato, con l’accusa di diffusione di oscenità. Il processo ebbe un risalto nazionale e innescò una gigantesca mobilitazione che portò infine al rilascio di Ferlinghetti, creando un precedente storico di appello al Primo Emendamento (libertà di parola e di stampa) per la pubblicazione di materiale controverso di interesse sociale.Non di rado però, questi luoghi della memoria finiscono fagocitati dalle crudeli leggi di mercato: in Italia è successo in tempi recenti a librerie storiche come la Croce di Roma e la Guida di Napoli – entrambe scomparse –, mentre dopo un periodo di crisi si è salvata la libreria antiquaria di Umberto Saba a Trieste. Il grande poeta lavorò per quasi quarant’anni in quello che lui stesso definì un «antro funesto», in via San Nicolò 30. Nel 1921 pubblicò a sue spese, con il marchio editoriale della libreria, Il canzoniere e nella quiete del suo retrobottega produsse gran parte della sua opera poetica, divenendo uno dei poeti più importanti del Novecento. La sua libreria fu anche un importante luogo d’incontro di artisti e scrittori, frequentato tra gli altri da Carlo Levi, Gianni Stuparich, Virgilio Giotti e Italo Svevo, che si presentava quasi ogni sera prima della chiusura. Gestita oggi da Mario Cerne, figlio del socio del poeta che ereditò la libreria alla sua morte, la “Saba” continua a custodire un patrimonio librario unico in Italia.

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