venerdì 5 aprile 2013
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Matteo Ricci a Mountain View. Il gesuita che fu apostolo della Cina e, insieme, maestro nell’arte della memoria va in trasferta nella città californiana dove ha sede Google, la società che ambisce a dare struttura elettronica al desiderio di un sapere ordinato e coerente. Va bene, basta con le metafore, anche se in effetti l’occasione si presta. «La Civiltà Cattolica», storica rivista della Compagnia di Gesù, si rinnova. E lo fa anche grazie a un accordo con Google, che sta avviando il processo di digitalizzazione dell’intero archivio del quindicinale. A partire dal primo fascicolo, uscito il 6 aprile 1850. «Abbiamo voluto che il nuovo corso della rivista prendesse il via nella stessa data, sia pure a distanza di 163 anni», sottolinea il direttore, padre Antonio Spadaro, critico letterario e teorico della cyberteologia, disciplina che prende le mosse da una domanda di ingannevole semplicità: in che modo è possibile pensare Dio nell’era dell’informatica?L’accordo con Google le farà molto piacere, immagino.«Non potrebbe essere altrimenti. In questo modo, infatti, sarà possibile mettere a disposizione di tutti, e gratuitamente, un patrimonio straordinario. Non dimentichiamo che la nostra è la più antica tra le riviste italiane che non abbiano mai interrotto la pubblicazione. Ed è, ci tengo a sottolinearlo, una testata che fin dall’inizio ha nell’innovazione il suo tratto caratteristico».A che cosa si riferisce?«A metà Ottocento non era affatto normale che una rivista ecclesiastica adoperasse una lingua nazionale anziché il latino. Nel caso specifico, si trattava della lingua di una nazione che, di fatto, ancora non esisteva ancora. La nascita della “Civilità Cattolica”, da subito molto attenta alle vicende italiane, precede infatti quella dello Stato unitario. Fin dall’inizio c’è una novità di sguardo e di linguaggio, che va di pari passo con l’interesse per la tecnologia».Non starà esagerando?«Niente affatto. A pochi anni dalla nascita della rivista, i padri di “Civiltà Cattolica” acquistarono dall’Inghilterra una macchina tipografica d’ultima generazione, che permetteva di tenere testa alla crescente richiesta di copie».Oggi, invece, la rivista si sposta nell’ambiente digitale.«Sì, ma senza dimenticare che ci troviamo in una fase di transizione e, di conseguenza, l’entusiasmo assoluto per la tecnologia sarebbe altrettanto parziale del rifiuto aprioristico a beneficio del cartaceo. Da domani, in sostanza, “La Civiltà Cattolica” sarà disponibile come “applicazione” per i tablet di ogni piattaforma. Già questa, per noi, è una scelta significativa: è il segno che ci rivolgiamo a tutti, con la maggior apertura possibile. Nello stesso tempo, però, abbiamo voluto che il prezzo dell’abbonamento digitale fosse lo stesso di quello all’edizione cartacea (la quale, del resto, consente di accedere alle app appena descritte). È un invito a non enfatizzare il passaggio, che rimane comunque importante. Dal nostro punto di vista, non si tratta semplicemente di adoperare la strumentazione tecnologica più aggiornata, ma di interrogarci su quale possa essere il ruolo di una rivista culturale in questo particolare momento storico».Che cosa cambia nella nuova «Civiltà Cattolica»?«C’è una riforma grafica, che arriva dopo oltre quarant’anni dalla precedente, datata 1971. L’obiettivo, al quale abbiamo lavorato con il grafico Turi Di Stefano, era di non stravolgere l’immagine della rivista e di rafforzare, al contrario, il richiamo alla tradizione. Abbiamo scelto un carattere tipografico molto snello, realizzato in open source, molto impiegato nelle pubblicazioni scientifiche e dotato, per di più, di un nome suggestivo: Cardo. Caro salutis est cardo, scriveva Tertulliano. La carne è il cardine della salvezza. E poi, per la prima volta, sulla copertina compare lo stemma della nostra casa romana: le due C di “Civiltà Cattolica” intrecciate con la tipica Croce ignaziana. Un elemento tradizionale, ancora una volta, che è anche un logo di estrema modernità».Novità solo formali?«Niente affatto. I contenuti sono stati rimodulati per rendere la rivista più adatta alle esigenze attuali e per favorire ancora di più il confronto con il mondo laico. Sappiamo che già adesso tra i nostri lettori ci sono molti non credenti e pensiamo che questo fenomeno possa essere ulteriormente favorito dalla stagione che la Chiesa sta vivendo».Anche grazie al Papa gesuita...«Circostanza provvidenziale, di cui ci rallegriamo. Ma il ripensamento della rivista era iniziato molto prima. Anzi, nel 2006 fu proprio Benedetto XVI, durante un’udienza privata con la redazione, a ribadire come, “per essere fedele alla sua natura e al suo compito”, la rivista fosse chiamata a “rinnovarsi continuamente”».I contenuti, dicevamo.«Le “Cronache”, che finora costituivano un appuntamento abituale, spariscono e sono sostituite dai “Focus”. Al posto di una sintesi degli eventi legati alla vita della Chiesa, della politica italiana e di quella internazionale, i lettori troveranno approfondimenti più ampi, che toccheranno gli stessi temi e ne includeranno di nuovi, tra cui l’analisi dell’economia e dei fenomeni sociali. Una rubrica fissa sarà inoltre dedicata alla “Vita della Chiesa”, alla quale in queste settimane i media di tutto il mondo hanno preso a guardare in una prospettiva interessante, contraddistinta da maggior attenzione per l’annuncio del Vangelo. Più frequenti saranno anche gli spazi dedicati al “Profilo” di figure rilevanti o all’intervista: è una maniera, tra l’altro, per arricchire i punti di vista presenti su “Civiltà Cattolica”, i cui articoli continuano a essere opera degli “scrittori”, tutti gesuiti».Una sollecitazione al dialogo?«Non l’unica. Puntiamo molto anche sull’opportunità di interazione offerta dai social network. La pagina Facebook e il profilo Twitter di “Civiltà Cattolica” sono destinati ad assumere un’importanza sempre maggiore, così come la valorizzazione dell’archivio anche sotto forma di instant book digitali. In ogni caso, lo ripeto, a essere chiamati in causa non sono gli strumenti o i supporti, ma l’idea di rivista, la visione del mondo che un’impresa come questa esprime».
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