martedì 10 maggio 2016
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Un giovane maestro elementare arriva nella Lucania degli anni Cinquanta con l’incarico di educatore. Deve preparare la popolazione, che vive sparsa in campagna, ai mutamenti della Riforma agraria, fare opera di convincimento, discutere con i più riottosi sulla bontà di ciò che sta per accadere, dire loro che sarà un passaggio epocale e vantaggioso. Naturalmente dovrà anche mettere in conto le difficoltà socio-psicologiche a cui andrà incontro, compreso il rischio di addentrarsi in un mondo che vive di regole antiche e consolidate, in cui domina il familismo amorale, la rassegnazione, l’incompatibilità nei confronti del nuovo e la sua missione (se così possiamo definirla) rischia di naufragare. Il giovane maestro si chiama Giuseppe Bufalari e la sua esperienza è narrata in un romanzo latamente autobiografico che si intitola La masseria, uscito per i tipi di Ceschina nel 1960 e ora prossimo a tornare in libreria sotto la sigla di Hacca editore (con prefazione di Andrea Di Consoli, postfazione di Antonio Celano, p. 395, euro 17). All’epoca in cui il libro fu pubblicato per la prima volta l’icona del Meridione era stata consegnata alla posterità dal Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi e da Sud e magia di Ernesto De Martino. L’immagine della terra non toccata dalla profondità del tempo e dai flussi della Storia era diventata una dimensione così totalizzante da soffocare qualsiasi altra chiave di lettura. Oggi questa immagine è improponibile. Il concetto di Mezzogiorno si è dilatato fino ad abbracciare una geografia che arriva a inglobare il continente meridiano: un insieme di destini e di antropologie che, pur avendo confini labili, guarda al mare come luogo di condivisione e di appartenenza, come scenari di conflitti e di lingue incomunicabili. Il Mediterraneo è tutt’altra geografia rispetto al Meridione, non solo per ragioni di quantità e di misure, è un contenitore di identità capace di mettere in crisi la percezione di un Occidente stabile e inattaccabile. Eppure, proprio perché l’occhio si è abituato a guardare alla vastità di questo continente, diventa indispensabile comprendere i caratteri di discontinuità che presentava un romanzo come La masseria. Probabilmente se Marco Forti non l’avesse citato in un saggio uscito sul 'menabò 4' (1961) nessuno oggi se ne sarebbe ricordato. Riproporlo di questi tempi non assume soltanto il valore di un recupero testimoniale, ma offre l’opportunità di ripensare a quanto fosse movimentata già nei primi anni Sessanta la percezione di quelle regioni appenniniche, dove il fenomeno dell’occupazione delle terre, avvenuto negli anni immediatamente prima di quelli raccontati nel romanzo, era stato il prologo della riforma agraria. Il libro di Bufalari s’incammina oltre Levi e oltre Scotellaro, da un lato sovverte la matrice del Sud immobile che aveva accompagnato l’epopea contadina dentro i contorni della non-Storia, dall’altro dà compimento alle lotte contro il latifondo. E si presta a una lettura stratificata di quei fenomeni contraddittori che hanno condizionato negativamente il Mezzogiorno e che in questo libro invece sembrano scricchiolare sotto l’urto di una modernità, i cui segni hanno il rumore delle ruspe impiegate a spianare i terreni o i ragionamenti di chi vuole rimanere a coltivare la terra o darsi un destino da operaio nelle città del Nord Europa. Sarà anche vero che in quel lontanissimo entroterra, nonostante la riforma agraria, non si sono modificate le sorti contadine e che anzi il corso dei fatti ha portato a un fallimento delle aspettative e all’emigrazione in altre città; sarà anche accreditata l’ipotesi che la prospettiva da cui osservare il Mezzogiorno, così come ci viene suggerito nella Masseria, ha fisionomie diverse rispetto agli stereotipi del tempo, ma tutto ciò riafferma la necessità di guardarsi indietro facendo spazio a interpretazioni alternative, obbedendo a quella logica secondo cui più si indaga il Novecento e più ci si accorge che esistono questioni chiarificate soltanto in apparenza. È il vantaggio o lo svantaggio di un secolo che spesso ha cambiato maschera, lasciando dietro di sé simulacri ancora da decifrare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Torna “La masseria”, romanzo del 1960 che racconta un mondo diverso dagli stereotipi in cui lo ingabbiava la cultura dell’epoca
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