sabato 29 febbraio 2020
Juve-Inter e altre cinque partite rinviate (al 13 maggio). Il ministro Spadafora plaude alla decisione della Lega di A, Marotta no: «Preoccupato per il futuro»
Coronavirus e sport. Inter e Ludogorets schierate in campo per l'Europa League nello stadio di San Siro vuoto il 27 febbraio 2018. Poi è stato deciso lo stop anche ad alcuen partite in Serie A, tra le polemiche e i sospetti

Coronavirus e sport. Inter e Ludogorets schierate in campo per l'Europa League nello stadio di San Siro vuoto il 27 febbraio 2018. Poi è stato deciso lo stop anche ad alcuen partite in Serie A, tra le polemiche e i sospetti - Reuters

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Clamoroso al Cibali, no anzi, allo Juventus Stadium. L’ennesima ferale notizia di questi giorni tristi e davvero solitari, spiove all’improvviso come un cross in area di rigore: Juventus-Inter stasera non si giocherà. Causa Coronavirus il match-scudetto di Torino è stato rinviato a mercoledì 13 maggio. Nel silenzio irreale si alza il coro rabbioso: «campionato falsato!». Serpeggia caustica l’indignazione generale per la decisione a sorpresa della Lega di Serie A che con un comunicato che odora di bollettino medico, si giustifica: «vista l’emergenza epidemiologica da Covid-19 si procede al rinvio al 13 maggio di Juve-Inter, Milan-Genoa, Parma-Spal, Sassuolo-Brescia e Udinese-Fiorentina». Cinque gare su 10 non si giocano. Dopo gli anticipi di ieri, Lazio-Bologna e Napoli-Torino, oggi scenderanno regolarmente in campo anche Lccce-Atalanta e Cagliari Roma, mentre per Samp-Verona di domani si deciderà in giornata.

«Bene il rinvio, così si è garantito il pubblico», plaude fuori dal coro il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora soddisfatto per la «collaborazione che in queste ore è stata dimostrata da Figc, Leghe Calcio e anche dal Coni». Il rinvio di Torino non convince affatto l’ad interista Giuseppe Marotta: «Questa decisione repentina può essere anche comprensibile rispetto ai cittadini, ma da dirigente sportivo sono preoccupato perché se dovesse essere ufficializzato il blocco fino all’8 marzo delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, mi chiedo: come riusciremo a gestire alcune partite della prossima giornata come Atalanta-Lazio e Inter-Sassuolo, con squadre impegnate anche in Europa? Va adottato un criterio univoco e armonioso. Come Inter abbiamo chiesto di convocare e con urgenza un Consiglio straordinario, i temi da discutere sono tanti e delicati. Nel momento in cui parliamo di calcio dobbiamo cercare di farlo nel migliore dei modi adottando una scelta univoca, e sarà difficile visto che il calendario è compresso di impegni. La sfida europea di giovedì scorso (ritorno dei sedicesimi di Europa League con il Ludogorets, disputata a porte chiuse a San Siro) – continua Marotta – è stata un’esperienza surreale. Sono preoccupato per il futuro. Di sicuro la situazione poteva essere affrontata prima, evitando decisioni dell’ultimo momento».

Solidale con Marotta il tecnico del Lecce Fabio Liverani che tuona: «Credo che, come al solito, in Italia si prendano decisioni a vantaggio di chi vuole decidere i propri tempi: vengono prese decisioni senza senso e senza logica. Da qui e sino al 24 maggio porta tutte le persone a vedere il lato oscuro del calcio. Questo campionato è stupendo, ha lotte stupende come scudetto, salvezza ed Europa, ma una soluzione del genere va solo ad interesse di poche società». Il Lecce oggi ospita l’Atalanta e per i tifosi bergamaschi al seguito all’arrivo in Salento si stanno predisponendo dei controlli sanitari. Tifosi scatenati sui social e classiche reazioni scomposte, specie dalla frangia interista che nella maggioranza si allinea al commento-sfottò: «Signori, la Juve non è pronta per lo scontro al vertice con l’Inter».

La società bianconera non ha preso poi così male lo slittamento («che salvaguarda la salute pubblica») ma a primavera dovrà far fronte a due sfide-scudetto in quindici giorni: entrambe a Torino, con la Lazio il 26 aprile e poi il recupero con l’Inter del 13 maggio. Intanto già da mercoledì prossimo però lo Stadium potrebbe riaprire per il ritorno della semifinale di Coppa Italia Juventus-Milan, unico limite: divieto di accesso per i tifosi provenienti dalla Lombardia, Veneto e Emilia Romagna. Fissata per maggio, al 20, la finale di Coppa che si disputerà allo stadio Olimpico di Roma, ma sette giorni prima della finale di Europa League di Danzica e a dieci da quella di Champions allo stadio Olimpico Atatürk di Istanbul.

Altro falsamento in caso di Inter e Juve finaliste nelle rispettive competizioni? Ma maggio è assai lontano da questi giorni cupi dell’abbandono, anche del pallone nazionale. E non consola che la vicina Svizzera abbia annullato tutte le partite odierne del campionato di calcio salvo far proseguire il torneo nazionale di hockey. Una domenica bestiale quella che la nostra Repubblica fondata sul pallone si appresta a vivere.

Ricordi amari di cancelli sbarrati e tribune deserte che rimandano a quel sanguinoso 6 febbraio 1995, quando Vincenzo “Claudio” Spagnolo, tifoso del Genoa, venne pugnalato e ucciso dall’orda milanista della Banda del Barbour prima della gara di Marassi. Una tragica replica, con due settimane di stop del campionato si ebbe a seguito dell’altra domenica di sangue, 2 febbraio 2007: negli scontri avvenuti nel derby Catania-Palermo in cui perse la vita l’ispettore di Polizia Filippo Raciti. Il mondo del calcio sgomento si arrese e proclamò la serrata degli stadi. Nove giorni dopo, nell’autogrill aretino di Badia al Pino si consumò l’assurda morte del 26enne tifoso laziale Gabriele Sandri, ucciso dal colpo di pistola dell’agente di Polizia Spaccarotella, mentre con gli amici stava salendo a Milano per assistere a Inter-Lazio che non si disputò.

Il campionato però quella giornata nerissima vide solo il rinvio di Roma-Cagliari e di Atalanta-Milan che si fermò per via degli scontri scoppiati tra le opposte tifoserie. La violenza fuori e dentro gli stadi, così come il razzismo giustifica sempre lo stop, ma in questo momento il calcio si piega al “morbo” e lo fa proprio nel giorno in cui la Lazio scala in vetta alla classifica. La storia di cuoio racconta che anche nella stagione 1973-’74, quella del primo scudetto dei biancoazzurri il campionato era a rischio sospensione, a causa del colera scoppiato a Napoli.

La stessa psicosi collettiva allora portò a scene di ordinaria follia per le strade partenopee e al ricovero di oltre mille persone - in una settimana - all’ospedale di Cotugno. Un milione di napoletani vennero vaccinati contro il colera e quella fu la più grande profilassi mai registrata dopo la Seconda Guerra Mondiale. Si era alla vigilia di un torneo in forte discussione per problemi di sicurezza sanitaria e che alla fine si aggiudicò la Lazio di mister Tommaso Maestrelli e il suo bomber Giorgio Chinaglia. La storia si ripete e nel delirio social delle ultime ore, tra uno scongiuro e l’altro contro il Covid-19, gli unici a sorridere sono i laziali che, in coro, intonano il loro mantra virale: «Non succede, ma se succede...».

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