giovedì 24 giugno 2021
L'incontro con Giacomo Costa SJ e Dario Fabbri moderato dalla giornalista di Avvenire, Lucia Capuzzi in diretta streaming qui dalle 21.30
Globale. Il mondo iperconnesso e i suoi conflitti / La diretta

Vicenza, Padova e Vittorio Veneto sono le sedi nelle quali si svolgono gli eventi conclusivi del Festival Biblico, giunto alla 17ª edizione. IL PROGRAMMA DEL FESTIVAL BIBLICO​​

Globale-locale: la diade, entrata con forza nel dibattito geopolitico a partire dagli anni Novanta, è una delle grandi linee di faglia del XXI secolo. Su di essa collidono tensioni politiche, modelli economici, sistemi di valori. Con un evidente paradosso: la società più aperta della storia è agitata dallo spettro della frantumazione in asfittici universi paralleli, impermeabili gli uni agli altri. L’universalismo spinto convive con il sogno-delirio dei mondi chiusi e perfettamente omogenei, per razza, etnia, religione. Degli “io” iperconnessi quanto tragicamente distanti. Un segno dei tempi e del nostro tempo con cui il magistero di papa Francesco ha saputo misurarsi e offrire un’interpretazione originale, alla luce del concetto guardiniano di opposizione polare, fin da Evangelii gaudium. «Nell’Esortazione apostolica del 2013, il Pontefice descrive in modo colorito il conflitto in atto. Da una parte ci sono i “passeggeri mimetizzati del vagone di coda” che vivono in “un universalismo astratto e globalizzante”. Dall’altra “il museo folcloristico di eremiti localisti”», spiega padre Giacomo Costa, direttore di “Aggiornamenti sociali”, che oggi alle 21.30 discuterà di “Globale” con Dario Fabbri, giornalista di “Limes”, al Festival Biblico di Vicenza.

L’incontro sarà trasmesso in diretta streaming qui sul sito di Avvenire.

Ad aprire una strada di incontro possibile a queste due vasi apparentemente non-comunicanti è la “fraternità”. Lungi dall’essere un vagheggiamento ideale, è la «fraternità a ridare fecondità alla tensione tra globale e locale, senza schiacciare nessuno dei due poli. Le sfide attuali sono tanto enormi e complesse: solo insieme si possono affrontare. Creare legami, recuperando la dimensione affettiva ed empatica tra gli esseri umani, è vitale per abitare il presente», sottolinea il sacerdote gesuita e acuto analista dell’attualità sociale. «In questo, il pensiero di papa Francesco dà una scossa forte agli Stati Uniti in piena sindrome da stanchezza imperiale, di cui la tensione spasmodica tra globalizzazione e ansia di ripiegamento», aggiunge Fabbri, consigliere scientifico e coordinatore per l’America della rivista di geopolitica.


Costa e Fabbri: «La fraternità è la cura alla globalizzazione»



Invenzione a “stelle e strisce”, la globalizzazione è l’espressione della supremazia mondiale Usa. «È l’altra faccia dell’impero – prosegue Fabbri –. Proprio per questo, hanno con la dimensione globale un rapporto tanto controverso. L’onere di essere superpotenza, perseguito a partire dagli anni Settanta e diventato effettivo con la fine della Guerra fredda, pesa come un macigno sulle spalle della società statunitense. Le ragioni sono tante. Mantenere l’ordine mondiale implica un alto costo umano in termini di missioni militari. La globalizzazione, inoltre, intesa come grande mercato, è anti-economica per il perno del sistema: i politici hanno sacrificato sull’altare della supremazia l’industria nazionale. Gli Usa si fanno inondare di merci per tenere gli altri legati a loro e per farsi ripagare il debito. Una superpotenza, inoltre, deve mantenere giovane la popolazione, attraverso l’immigrazione: ogni anno, negli States, arriva oltre un milione di lavoratori legali e due milioni di illegali».

Le difficoltà delle missioni belliche all’estero, la crisi manifatturiera e la migrazione generano frustrazione: il bersaglio indistinto è la globalizzazione. Da qui gesti inconsulti come l’attacco al Campidoglio del 6 gennaio. «Attenzione, però – dice Fabbri –, Washington non è disposta a rinunciare al ruolo di superpotenza. Nessun impero si ritira a vita privata. La tensione, dunque, resta latente». A meno di non cambiare orizzonte, uscendo dalla camicia di forza del dominio internazionale. Proprio ciò che propone Francesco. «Il Papa ci invita a camminare insieme, anche quando costa fatica, ma senza fermarci. È uno sforzo che richiede molta energia e creatività nonché la valorizzazione della sfera affettiva del legame. L’obiettivo è edificare comunità globali di trasformazioni, fatte di soggetti in relazione che diventano motori di cambiamento», sottolinea padre Costa. Il noi, spazio della fraternità concretamente sperimentata, diviene la chiave di volta per articolare globale e locale, sfuggendo a derive spersonalizzanti o a spinte centrifughe.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI