venerdì 31 dicembre 2010
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Nel 1973 viene scoperta in Usa la particella JPsi e, quasi contemporaneamente,  nei laboratori di Frascati i ricercatori  dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare provano a produrla aumentando l’energia dell’acceleratore italiano di allora, "Adone". «È sera, si trattiene il respiro e poi, di colpo, tutti gli apparati fanno i fuochi di artificio. Attorno a me, un firmamento di luci sfolgoranti. Ero appena laureato e ricordo l’eccitazione che mi prese nell’assistere dal vivo all’avvenimento», racconta il professor  Roberto Petronzio, ordinario di Fisica teorica all’Università di Roma Tor Vergata e  presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn)È stato un anno emozionante, sotto questo profilo, il 2010? Quanto ha portato avanti i confini della conoscenza?«La vera novità è stato l’acceleratore Lhc (Large Hadron Collider) anche se la sua entrata in funzione era attesa. Dopo il travaglio iniziale, la grande macchina che si trova a Ginevra ha superato le più rosee previsioni. Ci ha ripagati. L’Lhc può rispondere a tutte le sfide che gli vengono lanciate. E dobbiamo aspettarci che produca a sua volta nuove domande. La natura è più  furba delle nostre teorie. I prossimi anni saranno comunque "rivoluzionari", si trovino novità oppure no. Nel secondo caso, le teorie oggi in vigore, basate su decenni di studi, andrebbero riviste, e i paradigmi mutati».C’è chi resta indifferente di fronte a ricerche così sofisticate. Non le capisce.«L’atteggiamento si nota anche nei confronti delle imprese spaziali. Ma vediamo le ricadute tecnologiche e le applicazioni avanzate. Agli acceleratori è richiesta un’incredibile precisione. Impianti delle dimensioni del Duomo di Milano vengono assemblati con un livello di esattezza pari a un centesimo di millimetro. Gli strumenti elettronici debbono "leggere" gli eventi con una velocità sempre maggiore, Nell’esperimento chiamato "Alice" si è arrivati a misurare un centesimo di miliardesimo di secondo. E ricordiamo che la rete di Internet ha avuto origine proprio nell’ambito della fisica delle particelle. I ricercatori avevano bisogno di scambiarsi rapidamente i risultati. Qualcosa di analogo sta per accadere oggi con il sistema della griglia, in inglese "grid", che già conosciamo. Grazie alla griglia elettrica, infatti, quando accendiamo una lampadina, non sappiamo quale centrale stia producendo l’energia che usiamo. Allo stesso modo, non avremo più i calcolatori nella nostra casa, ma interfacce con le loro prese che ci metteranno a disposizione la potenza di calcolo di una diffusa rete».La fisica delle particelle dà una mano all’informatica e questa sostiene la prima. In quale altro campo questa collaborazione può essere utile?«Oggi il 30% dell’energia che passa nei cavi elettrici va perduto. Nei magneti superconduttori, invece, la corrente fluisce senza incontrare resistenza e perciò senza perdite. Se questo fenomeno - la superconduttività - potesse essere sfruttato un giorno senza dover abbassare troppo la temperatura (grazie a studi a largo raggio), i consumi di energia cadrebbero drasticamente».Ma, a parte questi aspetti pratici, quali sono gli obiettivi di fondo della fisica delle particelle?«Uno, soprattutto: capire come è fatto il mondo, spiegarlo secondo un unico disegno. E il mondo si presenta a noi fisici sempre più organizzato. Questa risposta permette di recuperare una centralità della conoscenza dell’uomo rispetto al resto dell’universo, e di rifiutare una visione imperniata sull’arbitrarietà e sul caso».Sul tavolo c’è anche la questione della materia oscura.«L’universo è costituito all’80% di materia che non conosciamo, di cui certamente non siamo fatti. L’acceleratore Lhc potrebbe darci informazioni preziose per poter rispondere a questa grande domanda. La conoscenza ci dice che l’uomo è diverso dal resto dell’universo. Se così non fosse, saremmo un pianetino marginalizzato in mezzo alle tante galassie, fatto di una trascurabile quantità della stessa materia di cui è composto l’universo».È questa spinta ideale che induce i giovani ad abbracciare gli studi di fisica delle particelle?«Si dedicano a questa passione perché ricercano qualcosa che abbia un valore. e non il denaro o il benessere economico. Si tratta di una comunità laica che persegue un ideale, al di là dei vantaggi materiali e personali».La fisica italiana quanto è attiva oggi sul fronte della conoscenza?«Lavoriamo al Cern, dove siamo la schiera più numerosa (1.300-1400 persone), pari a quella Usa. I laboratori del Gran Sasso sono all’avanguardia nella ricerca sui neutrini. La presenza dell’Infn è capillare nelle università. Si rilancia l’Italia in una prospettiva di eccellenza nel campo degli acceleratori, nel quale ha sempre avuto un ruolo di primo piano. Spiccano le applicazioni nell’imaging diagnostico con un’altissima risoluzione. Siamo interessati alle ricerche di fisica nucleare in tema di distruzione delle scorie radioattive pericolose. I reattori di quarta generazione già mirano a ridurre l’impatto facendolo scendere da centinaia o migliaia di anni a 30-40 anni. Un grosso passo avanti. Da segnalare, nella fisica delle astro-particelle, la missione spaziale Ams: partirà nel 2011 e servirà a studiare l’antimateria primordiale».
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