mercoledì 13 gennaio 2016
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​Sessantotto anni sono ormai trascorsi da quella tragica domenica dell'11 gennaio 1948, durante la quale, a seguito di una brutale aggressione contro la comunità italiana, 54 civili furono barbaramente massacrati a Mogadiscio e altrettanti rimasero gravemente feriti. Gianfranco Fazzini aveva 11 anni, e suo padre fu ucciso sotto i suoi occhi. Ora Gianfranco è scomparso, ma la figlia Tiziana desidere ricordare agli italiani quel massacro ormai pressoché sparito dimenticato se non dagli storici. eccidio tomba.jpgLo stesso Gianfranco Fazzini scrisse per Avvenire un toccante racconto di quei giorni (era il 10 gennaio 2002). Ecco qui di seguito stralci dell'articolo.

"All'epoca, la Somalia era allo sbando e ormai logora dopo 7 anni di una dura Amministrazione militare britannica, una Somalia nella quale regnavano incuria, vandalismo e miseria ma anche tanta insicurezza. Soprattutto era una Somalia in attesa di una nuova ed efficiente amministrazione che la preparasse ad ottenere l'indipendenza.A tal proposito erano giunti in visita nella regione somala i rappresentanti delle Nazioni Unite. C'è da dire che l'amministrazione della Somalia era all'epoca contesa tra italiani e inglesi. I rapporti tra gli italiani e i somali erano piuttosto  buoni e la maggior parte di questi ultimi era anche favorevole ad un ritorno dell'Italia. La predilezione fu dimostrata anche con una grande manifestazione di piazza proprio in occasione dell'arrivo della commissione Onu, alla quale parteciparono migliaia e migliaia di somali. Ma tali esternazioni di simpatia verso gli italiani non erano certamente gradite alle autorità britanniche. Bisognava dimostrare ai rappresentanti dell'Onu che gli italiani non dovevano guidare la Somalia. E fu proprio durante un'imponente manifestazione anti-italiana organizzata per domenica 11 gennaio dalla Syl (Lega dei Giovani Somali), che si infiltrarono ed entrarono in azione alcuni gruppi di turbolenti importati da altre regioni per colpire i nostri connazionali. La Lega dei Giovani Somali era un club nato a Mogadiscio nel 1943 con l'appoggio e il sostegno delle locali autorità britanniche e fra i suoi aderenti alcuni appartenevano alla gendarmeria, ma non erano tutti anti-italiani. Era la tarda mattinata di quella domenica quando i nostri connazionali venivano  in un primo tempo aggrediti e poi ferocemente massacrati, per le vie cittadine, nei bar, nei negozi e soprattutto nelle loro abitazioni, e tra le vittime purtroppo tanti erano ancora ragazzi. Diverse abitazioni venivano completamente saccheggiate e devastate. I morti restavano abbandonati mentre i feriti erano costretti ad attendere per ore quei soccorsi che non arrivavano mai. Alla fine di quella giornata di sangue, il bilancio per i nostri connazionali fu di 54 morti e altrettanti feriti, alcuni dei quali in condizioni disperate. Molti riuscirono a salvarsi la vita solo perché stavano assistendo alla messa festiva, ma anche altri raggiunsero in tempo la chiesa restando ben protetti al suo interno per ore e ore: nella cattedrale di Mogadiscio si salvarono circa 800 persone. Né si devono dimenticare i tanti somali rimasti uccisi e feriti mentre cercarono di venire in aiuto agli italiani. Le spoglie delle vittime, ricomposte da alcuni volontari, venivano sistemate in casse di legno, quindi deposte nel cimitero italiano di Mogadiscio. Nel 1951, durante il periodo dell'Amministrazione fiduciaria italiana in Somalia, fu costruito anche un monumento-ossario, che però in anni successivi fu smantellato perché ritenuto «ingombrante» dal governo somalo. Nel 1968 il governo italiano decise di rimpatriare tutte le salme dei caduti in Africa Orientale, compresi i morti dell'eccidio.Responsabilità nell'eccidio furono ammesse dal governo di Londra solamente dopo molti anni. All'inizio, infatti, la vera e propria caccia agli italiani venne definita un «incidente», passando sopra alle non poche responsabilità delle locali forze di polizia e della gendarmeria".

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