lunedì 23 maggio 2022
Una ricerca giapponese ha ricalcolato i dati sulla base dei quali nel 2019 EHT aveva pubblicato l'immagine del buco nero della galassia M87. Che non avrebbe una forma a ciambella...
In alto a sinistra il buco nero M87 come appare nell’elaborazione dell’EHT. In basso a destra, dopo una serie di varie elaborazioni, come appare al gruppo di ricercatori dell'Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone. Le altre immagini sono una via intermedia

In alto a sinistra il buco nero M87 come appare nell’elaborazione dell’EHT. In basso a destra, dopo una serie di varie elaborazioni, come appare al gruppo di ricercatori dell'Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone. Le altre immagini sono una via intermedia

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L’immagine del primo buco nero mai scattata, quella cioè di M87 che si trova nella galassia omonima, potrebbe non essere come l’abbiamo sempre vista da quando è stata pubblicata nel 2019. Dopo tre anni di analisi, infatti, un gruppo di ricercatori giapponesi ha realizzato un'immagine di quel buco nero che appare notevolmente diversa da quella rilasciata dall’Event Horizon Telescope. I ricercatori affermano che il gruppo EHT potrebbe aver commesso un errore.

Per realizzare la prima immagine del buco nero, l'EHT ha collegato la potenza di otto radiotelescopi in tutto il mondo così da lavorare come fossero un unico gigantesco telescopio, chiamato interferometro, grande quasi come il nostro Pianeta. Ogni coppia di telescopi ha registrato una particolare lunghezza d'onda della luce che sono poi state “fuse” per creare l'immagine finale. "Se l'immagine del cielo fosse una canzone musicale, si può pensare all'interferometro come ad un sistema che rileva le singole note di quella canzone", ha affermato Geoffrey Bower, scienziato del progetto EHT. Queste "note" sono state combinate utilizzando un algoritmo che incorpora altre informazioni sul buco nero e sulla configurazione del telescopio per riempire la mancanza delle informazioni (nell’esempio delle note gli intervalli tra una nota e l’altra) e trasformare le misurazioni dell'interferometro in un'immagine. La caratteristica più evidente dell'immagine finale dell'EHT è un anello luminoso, che sarebbe il risultato della gravità del buco nero che deforma la luce del plasma caldissimo che vortica intorno ad esso.

In tutto questo, stando ai ricercatori giapponesi, c’è un fatto importante da sottolineare. Riempire gli “spazi vuoti” per generare un'immagine implica partire da alcune ipotesi. Se si inizia con un diverso insiemi di ipotesi rispetto a quelle dell’EHT, si otterranno immagini diverse. Da qui è iniziato il lavoro del gruppo guidato da Makoto Miyoshi dell'Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone che li hanno portati a chiedersi se l’anello di luce di M87 sia realmente fatto come lo abbiamo visto.

Hanno rielaborato i dati dall'EHT con una differenza significativa: invece di limitare la luce raccolta dai telescopi a un'area relativamente piccola come ha fatto l’EHT, hanno assunto un campo visivo molto più ampio. Con questa modifica, nella loro immagine finale, non è apparso alcun anello. L'immagine da loro elaborata invece, mostra due distinti punti luminosi: uno che rappresenta l'area direttamente attorno al buco nero, e un altro di lato, che forse rappresenta la base di un getto di materia che in altre immagini (di altri telescopi) si vede essere emesso da M87*.

Miyoshi afferma che il campo visivo ristretto potrebbe aver causato artefatti nell'immagine finale dell'EHT che sono correlati alla disposizione della rete del telescopio, non a strutture reali nello spazio. «Può darsi che lo stesso errore abbia formato l'immagine dell'anello anche nel caso della recentemente fotografia di Sagittario A*», afferma Miyoshi, riferendosi al buco nero nel cuore della Via Lattea. Il suo lavoro suggerisce che l'immagine EHT di M87*, e forse anche quella del Sagittario A*, non dovrebbero apparire a forma di ciambella.

La risposta dell’EHT a Miyoshi è arrivata quasi immediatamente ad opera di Bower: «L'approccio di allentare i vincoli dell'EHT sul campo visivo non è corretto perché il campo visivo riflette l'area effettivamente osservata dal telescopio, non una scelta arbitraria. Utilizzando un campo visivo straordinariamente ampio si disperde l'intensità della luce attorno all’immagine». Forse la risposta a questi dubbi arriverà da una nuova immagine con dati ripresi nel 2018 e all’inizio del 2022 che dovrebbero avere una risoluzione ancor più elevata e portarci ancor più vicini alla realtà e mostrare che ha effettivamente ragione.

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