martedì 19 settembre 2023
Effetto Arabia (e non solo) anche sulla massima competizione europea: da Messi e CR7 fino al Pallone d'oro Benzema, sono ben 15 i recenti vincitori della Coppa a non giocare più questo torneo
L’ultimo Pallone d’oro, Karim Benzema, 35 anni, nuovo giocatore dell’Al-Ittihad, club dell'Arabia Saudita

L’ultimo Pallone d’oro, Karim Benzema, 35 anni, nuovo giocatore dell’Al-Ittihad, club dell'Arabia Saudita - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Il Pallone d’oro in carica la Champions League non la giocherà. E neppure colui che il trofeo personale più ambito l’ha vinto più volte in carriera, e neanche l’altra icona del ventennio, quella che ha lo stesso numero di Palloni d’oro e Champions vinte. Insomma: Karim Benzema, Lionel Messi e Cristiano Ronaldo al via di questa edizione del più importante trofeo per club europeo non ci saranno, e stiamo parlando di tre degli ultimi quattro vincitori del Pallone d’oro appunto, tutti coloro che l’hanno vinto dal 2008 a oggi, con l’unica eccezione di Luka Modric, al contrario rimasto fedele alla linea, anzi alle stelle, dell’Uefa. Si tratta, in fondo, di un significativo segno dei tempi, perché la cesura portata dall’irruzione della Saudi Pro League, assieme alla scelta di Messi di lasciare l’Europa per l’America, racconta la necessità, per l’Uefa, di cambiare la narrazione della Champions attuale, proiettandosi sul futuro perché, se si guarda alla mitologia del passato, le defezioni sono urticanti. Sono infatti ben quindici i recenti vincitori della coppa ad avere scelto il calcio di altre confederazioni, e non sono nomi da poco: Fabinho, Firmino, Henderson, Mané e Wijnaldum che trionfarono nel 2019 col Liverpool, Mendy e Kanté con il Chelsea nel 2021, Benzema che ne ha alzate cinque, l’ultima delle quali nel 2022 col Real, Mahrez e Laporte lo scorso 10 giugno col Manchester City, per non dimenticare naturalmente Cristiano Ronaldo e la sua cinquina con Manchester United e Real, Messi, Busquets, Jordi Alba (i tre finiti nella Mls) e Neymar campioni col Barcellona. Complessivamente fanno 28 Champions, e si parla di campioni che hanno segnato la storia della competizione, da vincenti o da sconfitti, si pensi per esempio a un Neymar che, a 31 anni, dopo averne giocate undici di fila tra Barça e Psg, ha deciso che non ne valesse in fondo più la pena.

Ecco perché la Champions League 2023-24, oggi, nella giornata inaugurale della fase a gironi, nasce come un ibrido: pur essendo l’ultima a disputarsi con il noto formato degli otto gironi all’italiana (dalla prossima stagione il format cambierà e la prima fase avrà un singolo girone con classifica unica per tutte le 36 squadre iscritte, che però giocheranno otto partite tutte contro avversarie diverse decise dal sorteggio), è anche la prima a voltare pagina per quanto riguarda l’identikit dei giocatori da copertina. A livello di palmarés individuale è la Champions meno Champions di tutte, ma è vero anche che la sparizione dell’ombra proiettata dai fuoriclasse che hanno segnato sinora gli anni Duemila amplierà gli spazi di luce per la generazione Y, quelli nati intorno al 2000, una next generation che vanta già nomi notissimi ma che, ora come non mai, può brillare di luce propria e far dimenticare chi non c’è più. Si ricomincia allora da Erling Haaland, campione uscente con il Manchester City di Guardiola che stasera affronterà la Stella Rossa – curiosità: il club serbo riporterà sui campi della Champions il nome di Gazprom, bandita altrove ma tuttora main sponsor della società – alle 21, dal Real Madrid del terzetto formato da Bellingham (2004), Rodrygo (2001) e Vinicius (2000) che domani sfiderà l’Union Berlino, dal veterano Mbappé che è ancora legato al Paris Saint-Germain e che, con i suoi 25 anni ancora da compiere, è da considerarsi tra i veterani. E poi Ferran Torres, Musiala (domani c’è un gustoso Bayern-United), Kvaratskhelia, Osimhen; si potrebbe andare oltre, ma il concetto quello è: il futuro sarà un’altra cosa, ma è qui, e il resto è altrove.

Per le quattro italiane impegnate tra oggi e domani, insomma, è forse l’annata giusta per osare, considerando che c’è una geografia di forze da ridisegnare. Comincia il Milan alle 18.45 a San Siro contro il Newcastle (Sky e Now), il che significa affrontare il club foraggiato dal fondo saudita Pif, quello che in estate ha strappato ai rossoneri Sandro Tonali, il grande simbolo estivo di una a da Basso Impero che ormai perde anche i capitan futuro. Partita carica di suggestioni, e anche di aspettative, perché le ore passate dalla scoppola del derby sono ancora troppo poche, e del resto era stato proprio il derby, la scorsa primavera, a chiudere al Milan la strada per la finale. Psg e Borussia Dortmund completano il girone dei rossoneri, che avranno molto da sudare per superare il turno. Più abbordabile, ma difficoltoso, il girone della Lazio, stasera alle 21 (anche su Canale 5) all’Olimpico padrona di casa contro l’Atletico Madrid di Simeone, un ex, l’antitesi di Sarri dal punto di vista del gioco, mentre la sfida tra Feyenoord e Celtic inizierà a dire chi sarà il terzo incomodo. Domani, mercoledì, scenderanno in campo il Napoli e l’Inter, entrambe alle 21, il primo sul campo del Braga (nella cui compagine azionaria, con una quota di minoranza, c’è Qatar Sports Investments) e la seconda, finalista lo scorso giugno a Istanbul, in casa della Real Sociedad. Il Napoli è nel gruppo con l’Union Berlino di Bonucci e il Real di Ancelotti, superabile ma non così scontato considerando che gli azzurri, al di là dei sogni di De Laurentiis, non sembrano avere un po’ smarrito la forza mentale che ha contraddistinto la squadra di Spalletti la scorsa stagione. L’Inter non si può lamentare del suo girone, uno dei più abbordabili: oltre alla Real Sociedad, ci sono un Benfica che, nonostante il pericolo Di Maria, non pare poter ripetere il percorso del 2023, e un Salisburgo che non può impensierire più di tanto chi, pochi mesi fa, ci è andato così vicino che, oggi, non può smettere di crederci.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: