martedì 20 settembre 2011
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Semplice come una colomba, forte come l’aquila che da due stagioni ha nidificato in coppa al Vesuvio. È questa la parabola “biblica” di Edinson Cavani, 24 anni, uruguayano di Salto, al confine con l’Argentina di Diego Armando Maradona, l’ultimo re di Napoli. Diego e Edinson, così vicini e così lontani: il diavolo e l’acqua santa, ma uniti dalla genialità e dalle origini italiane. Incerte quelle di Maradona, campane o calabresi (il grande boh?), sicure quelle di Cavani, il nonno sbarcò in Uruguay da Maranello, «per scampare alla fame». Dice il nipote prodigio, che come una Ferrari ha percorso a 300 all’ora la lunga strada del ritorno alle radici italiche. Prima tappa: Palermo. L’altra metropoli di un Sud caldo e accogliente: «Mi sono subito sentito a casa mia». Ma nella casa di Zamparini c’era bisogno di fare cassa. Così, l’estate del 2010, il “mangiallenatori” per antonomasia l’ha ceduto volentieri all’altro iscritto al sindacato dei presidenti vulcanici, Aurelio De Laurentiis. Costo dell’operazione 17 milioni. Un affarone. Lo scorso campionato Edinson ha messo a segno quelle 26 reti (29 in 37 gare fino ad oggi) che hanno trascinato il Napoli al terzo posto e ritorno degli azzurri in Champions League dopo 21 anni. «Oggi non bastano 100 milioni per acquistare Cavani», ha detto in estate il CinePadrone partenopeo. E dopo la tripletta rifilata domenica sera al Milan, la quinta da quando è a Napoli, per Cavani forse ora di milioni non sono sufficienti neppure 200. È lui l’oro di Napoli, il “Matador”. L’uomo morbido e in più nella squadra dell’ispido Mazzarri che, scaramantico più di De Laurentiis, non vuole sentir parlare di scudetto. Quello, il tricolore, ieri, nel giorno di San Gennaro, è stato il miracolo più invocato dal popolo. I maestri del presepio di via San Gregorio Armeno, intanto associano la figurina in cartapesta del santo patrono con quella dal volto scavato, come Eduardo, di Cavani. Ma nel gioco scanzonato del sacro e profano, il ragazzo d’Uruguay, cresciuto alla scuola dei Salesiani, sceglie sempre la prima via, quella infinita che porta al Signore. Il calcio per Edinson-gol è anche una missione, in cui indicare la strada giusta alle nuove generazioni. «Noi calciatori dobbiamo essere d’esempio per i più giovani che ci osservano e ci imitano. Si tratta di un’enorme responsabilità per non deludere i giovani, per non deludere Dio», scrive nella sua autobiografia Quello che ho nel cuore (Mondadori). Pulcinella strizza l’occhio sotto la maschera e sulla ruota di Napoli si gioca il terno: “87”, primo storico tricolore, “25” gli anni di assenza dello scudetto e naturalmente il “7” del Matador. La lampadina Edinson che si accende puntuale ad ogni gara e diventa il finalizzatore delle trame musicali di Lavezzi e quelle geometriche del kafkiano Hamsik. Il San Paolo - unico stadio da sold out, insieme allo Juventus Stadium, nella povera Serie A - è un catino che ribolle più che mai di passione e che sogna ad ogni gol di questo goleador di razza, quanto il vecchio Careca. Ma quando ancora era solo il moccioso rapato a zero, il “Pelito” - il pelato - che pedalava cinque chilometri per arrivare agli allenamenti, il suo idolo era Batistuta. Il primo “mister” è stato papà Luis. Una delle stelle fisse nel suo cammino, con Sole, «la mia compagna per la vita, al mio fianco non solo nelle vittorie, ma in ogni evento che la vita ci riserva, bello o brutto che sia». Il primo grande evento a Napoli è stata la nascita di Bautista, il primo figlio di Edinson e Sole. Un dono grande per quello che tutti i napoletani dei due mondi ormai considerano un eroe. Però Cavani manda a dire ai suoi milioni di fans deliranti: «Il mondo non ha bisogno di eroi, ma di persone che hanno la forza e il coraggio di vivere con semplicità la propria esistenza». Parole che scavano in profondità, eticamente pesanti, quanto un gol-scudetto, per il quale rinuncerebbe fin da ora alla Champions, per consegnarla al Milan. Generosità dell’Atleta di Cristo (è evangelico pentacostale) che prima di entrare in campo ripete sempre a se stesso: «Dio è la mia salvezza, io avrò fiducia e non avrò paura di nulla». Parola di Edinson Cavani, semplice come una colomba, forte come l’aquila.
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