mercoledì 18 ottobre 2017
Argentina: dopo la crisi del 2001 il 45% della popolazione cade in povertà. Nasce il Movimento dei Lavoratori Esclusi, appoggiato da Bergoglio. Il loro promotore Juan Grabois ne racconta le origini
L'arcivescovo Bergoglio in visita in una delle "villas miserias", le baraccopoli di Buenos Aires (Ansa)

L'arcivescovo Bergoglio in visita in una delle "villas miserias", le baraccopoli di Buenos Aires (Ansa)

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Tre incontri hanno cambiato la vita di Juan Grabois, classe 1983, l’avvocato dei cartoneros argentini: quello con la sua attuale moglie, ad appena sedici anni; quello con le piazze in rivolta a Buenos Aires per la gravissima recessione economica esplosa nel 2001; quello con Jorge Bergoglio, il cardinale che, nel 2005, aprì le porte della cattedrale ai Movimenti dei Lavoratori Esclusi argentini. Certo è che lo storico dirigente dei Movimenti popolari di Buenos Aires, antagonista per definizione, non avrebbe mai potuto immaginare di entrare un giorno a far parte dell’istituzione per eccellenza: il Vaticano. La nomina dell’11 giugno 2016 di Juan Grabois a consultore del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale porta la firma di papa Francesco. [...]

Com’è nata la sua amicizia con Jorge Bergoglio?

«Nasce dal mio impegno con i lavoratori esclusi di Buenos Aires. Per me è iniziato tutto nel 2001, quando in Argentina è esplosa la crisi del debito a causa del neoliberismo feroce degli anni Novanta. È cominciata una recessione durissima, durata anni, che ha portato più del 45% di argentini al limite della soglia di povertà. Senza più un lavoro regolare né le tutele sociali. Tanti scelsero di inventarsi un lavoro, con quella che noi chiamiamo “economia popolare”. Un esempio sono stati i cartoneros, gli abitanti delle villas miserias (le baraccopoli poverissime di periferia), che iniziarono ad andare la sera nei quartieri del ceto medio a frugare nell’immondizia per cercare cartone e metallo da riciclare. Nasce così il nostro Movimento dei Lavoratori Esclusi, frutto dell’amicizia tra un gruppo di studenti e i cartoneros di Buenos Aires. Il contesto era di una grande sofferenza, fatta da un lato dalla persecuzione dello Stato, dall’altro dallo sfruttamento di questi lavoratori in nero, tra cui tanti bambini. Il 40% dei cartoneros erano minorenni. Uno dei nostri motti era: “Se i bambini non hanno l’infanzia, l’Argentina non avrà futuro”. Nello stesso tempo, però, lottavamo contro chi criminalizzava i genitori: dal momento che i cartoneros lavoravano di notte, molte volte non sapevano dove lasciare i bambini e se li portavano con loro. Per questo, nel 2005, abbiamo presentato una istanza per avere borse di studio che permettessero ai bambini di avere un luogo dove stare e studiare di notte mentre i genitori lavoravano. Siamo riusciti a ottenere un provvedimento favorevole, ma mai attuato. Abbiamo spedito diverse lettere per chiedere un sostegno pubblico a diverse personalità, tra cui l’arcivescovo di Buenos Aires. Il cardinale Bergoglio ci ha risposto comunicandoci che avrebbe celebrato una Messa in cattedrale stesso giorno della nostra manifestazione. Fece un’omelia molto forte, criticando l’indifferenza dei governanti di fronte alla dolorosa situazione di così tanti bambini nelle strade della città. Nel 2007 gli abbiamo scritto di nuovo, per invitarlo a un evento in occasione del 1° Maggio dal titolo Per una società senza schiavi né esclusi. Era una manifestazione rivolta ai cartoneros, ai lavoratori del tessile, ai migranti, spesso sfruttati o vittime della tratta delle persone. Fu un momento decisivo, perché una parte consistente della nostra militanza aveva un pessimo giudizio sulla Chiesa. Discutemmo a lungo sull’opportunità di invitare il cardinale. Alla fine spedimmo la lettera a Bergoglio, che in quel momento era oggetto di una campagna di diffamazione da parte del governo. Lui non partecipò alla manifestazione, ma mi telefonò e mi invitò per dialogare insieme. Nacque un’amicizia immediata, perché ci trovammo in grande sintonia sulla lettura della realtà, sulle condizioni sociali, sul livello di decadenza della politica e sulla necessità di un maggiore protagonismo da parte dei Movimenti popolari per cambiare la realtà. Decidemmo di proporre una Messa pubblica con lo stesso leitmotiv della manifestazione: per una società senza schiavi e senza esclusi. Da quel momento il cardinale Bergoglio ha celebrato la Messa per i lavoratori esclusi una volta l’anno. Fino al 2013! Il nostro rapporto di amicizia è continuato, con altri dialoghi, ma anche con dei fatti, per me molto importanti».

Lei è credente?

«Mia madre è cattolica, mio padre è ebreo, io sono stato battezzato e ho fatto la Prima Comunione. Solo da qualche anno, però, sono tornato a Messa. Non è che avessi mai perso la fede, ma la Chiesa mi sembrava ipocrita, perché non dava il buon esempio. L’incontro con Bergoglio mi ha fatto intuire che non era tutto come immaginavo io. Mi è tornata una certa fiducia nell’istituzione ecclesiastica, e ho iniziato a capire anche quale fosse la mia corresponsabilità, da laico, per non far diventare la Chiesa una struttura burocratica lontana dalla vita reale della gente. Ora vado quasi tutte le domeniche a Messa e ho battezzato i miei tre figli: la prima ha tredici anni e poi ho due gemelli di quattro anni».

Il Papa è stato criticato per la decisione di coinvolgersi in modo così diretto con i Movimenti popolari. Una delle accuse è che il modello sociale da voi proposto, e in un certo modo avallato dal Pontefice, è un modello veteromarxista, già fallito nella storia.

«Il Papa ha detto che né lui né la Chiesa hanno il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale. I Movimenti popolari neanche. Sono molto eterogenei tra loro. Il nostro programma si basa sul reclamare tre diritti fondamentali, che ciascuno desidera per i propri figli: tierra, techo, trabajo [terra, casa, lavoro, ndr]. Chiunque voglia cercare un substrato ideologico a questa rivendicazione così umana ed elementare si confonde».

Non è proprio così… Tra le critiche c’è anche quella di chi sostiene che papa Francesco abbia portato gli apologeti del marxismo in Vaticano…

«Il Papa ha scherzato più volte sul fatto che gli danno del marxista perché ripete che il cuore del Vangelo sono i poveri, ma la realtà è che i marxisti hanno rubato alla Chiesa la bandiera! Al di là delle battute, sappiamo che nella Chiesa ci sono casi di corruzione, di pedofilia, di ideologia neoliberista, anticristiana quanto il marxismo autoritario, e quindi penso che chi bolla il Papa come marxista lo faccia intenzionalmente con lo scopo di non discutere i problemi strutturali che lui continuamente denuncia».


Testo tratto dal volume Ho incontrato Francesco. Papa Bergoglio raccontato dai protagonisti del nostro tempo di Alessandra Buzzetti e Cristina Caricato in uscita dalle edizioni Paoline (pagine 200, euro 22). Tra gli altri intervistati: il presidente palestinese Abbas e quello colombiano Santos, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo e Tawadros II papa della Chiesa ortodossa copta; Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma e Antje Jackelén, arcivescovo luterano di Uppsala.

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