A vuoto anche l'ultimo tentativo di scongiurare lo sciopero. In mattinata il presidente dei calciatori, Damiano Tommasi, ha proposto di firmare un accordo provvisorio valido fino al giugno 2012. Ma nonostante la mediazione della Figc la Lega calcio ha detto no. E poco dopo mezzogiorno Tommasi ha confermato: la prima giornata non si giocherà.La Figc ha preso atto e ha rinviato la prima giornata. Il presidente Giancarlo Abete ha espresso tutta la sua "amarezza". "L'Aic ha confermato l'intenzione di non scendere in campo in mancanza della firma sull'accordo collettivo - ha detto a Coverciano - e io ho interpretato di conseguenza la delega avuta dal consiglio federale all'unanimità per rinviare la prima giornata". Ma Abete ha aggiunto che "L'ipotesi di uno sciopero a oltranza è uno dei problemi che si pone. Permane il rischio pensando alle gare successive".Le prime reazioni non si sono fatte attendere. "Agli occhi degli italiani lo stop della prima giornata rappresenterebbe lo sciopero più anomalo della storia del Paese" ha sottollineato Rocco Crimi, sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega allo Sport. "È necessario abbandonare i personalismi e alcuni toni oggettivamente inaccettabili", aggiunge Crimi in una nota.LA ROTTURA DI GIOVEDI'La noiosa ed estenuante partita extra campo è praticamente chiusa. Non si è trattato certamente di un’amichevole d’agosto e i minuti di recupero non hanno regalato nessuna sorpresa. Manca ancora l’ufficialità del rinvio della prima giornata. L’arbitro dell’incontro, il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete, ha deciso di aspettare questa mattina per il triplice fischio. Ma il risultato ormai sembra segnato. Sarà sciopero, o lo “slittamento”, come va di moda chiamarlo adesso. Ma al di là della terminologia la sostanza non cambia, perché il campionato di Serie A non partirà come da calendario domani, ma è rimandato al 10 settembre, dopo la sosta per la Nazionale. Seppur con responsabilità diverse, la colpa di questa decisione va attribuita a tutte e due le parti: calciatori e Lega di A. Entrambe sono rimaste ferme sulle proprie posizioni iniziali, con i presidenti che non hanno messo la firma sul contratto collettivo e i giocatori che hanno deciso di trascorrere il weekend a casa, in famiglia e non in campo.Eppure ieri Abete ha tentato un’ultima mediazione per risolvere il nodo principale dell’accordo: quello dell’articolo 4, sulla tassa salva-Italia. Dopo un colloquio di un’ora con il numero uno del Coni, Gianni Petrucci, la Figc ha messo sul piatto 20 milioni di euro per salvare la baracca del pallone. La cifra - ricavata da risorse interne provenienti da tasse di associazione, sponsor tecnico, diritti tv e marketing - avrebbe dovuto costituire un fondo di garanzia per il triennio 2011-13, «da utilizzare nel caso in cui fossero emersi contenziosi sul contributo di solidarietà contenziosi sul contributo di solidarietà (previsto dalla manovra bis) che certifichino un maggior onere a carico della società». Niente da fare. Immediata la risposta del presidente della Lega A, Maurizio Beretta: «La posizione della Lega non è cambiata, non c’è margine per trattare». Parole che Abete non vuole interpretare come un attacco nei suoi confronti da parte dei club: «Non credo, anche perché il prezzo sarebbe troppo alto».Oltre che dalle imposte da pagare, le parti sono infatti divise dal punto 7 del contratto, relativo ai fuori rosa. I presidenti vorrebbero che fosse lo staff tecnico a stabilire le modalità di allenamento, preservandosi la possibilità di dividere la rosa in due gruppi separati. I calciatori invece, sostengono che in tal caso verrebbe lesa la «dignità professionale» di molti colleghi, costretti a vivere ai margini di una squadra. L’ennesimo “no” alla firma ha così dato il via al gioco delle accuse reciproche e delle voci grosse. Beretta ha giocato d’anticipo: «L’Aic decidendo di non scendere in campo si e’ assunta una responsabilità gravissima». Un’affermazione che l’Assocalciatori, con il vicepresidente Leo Grosso, bolla come «barzelletta comunicazionale» e rispedisce al mittente la paternità della decisione: «È la Lega che vuole fermare il campionato, la responsabilitá è solo sua». E Tommasi ribadisce: «Senza firma non si gioca».Un muro contro muro che ha mandato su tutte le furie il Coni, finora spettatore della disputa, e che ora parla di «situazione insostenibile». Il n° 1 del Coni, Gianni Petrucci, sostiene che «chi vuole perseverare sulla linea dura se ne assume le responsabilità, andando incontro anche a provvedimenti che l’ente che governa lo sport tiene in serbo nel suo statuto». Il comitato olimpico nazionale non si schiera ma bacchetta duramente l’atteggiamento che ha portato alla rottura tra Lega e Aic «condannando apertamente i toni esasperati e manifestando il più profondo rammarico per l’evolversi di una situazione che è divenuta nel tempo incomprensibile e insostenibile». L’invito è all’osservanza delle regole, principio nello sport a cui nessuno deve sottrarsi.La decisione di non giocare alla fine penalizza l’intero mondo calcio e tutto ciò che c’è attorno. In particolare, a perderci, sono le pay tv, che infatti prendono una posizione chiara, pur senza entrare a gamba tesa nella trattativa. «Non tradite la fiducia dei tifosi» (o degli abbonati? ndr), è l’appello firmato Sky Italia. L’ultima, insieme ad Abete, a non rassegnarsi all’idea di vivere il primo weekend della nuova stagione senza calcio.
Luca Mazza