venerdì 1 aprile 2016
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BOLOGNA È un simbolico compleanno rumoroso e agitato questo che a Bologna celebra il cinquantenario della nascita dell’arte di strada con la mostra “Street Art – Banksy & Co. L’arte allo stato urbano”. Le polemiche suscitate dall’esposizione, organizzata da Genus Bononiae, ruotano attorno alla scelta di “strappare” e “privatizzare” alcuni lavori realizzati sui muri bolognesi: i favorevoli ritengono che in questo modo si siano salvate opere altrimenti destinate alla loro distruzione, mentre i contrari all’asportazione, con conseguente deposito dei graffiti nei musei o in sedi istituzionali, ritengono che così si sia negata la funzione pubblica dell’arte urbana. Il confronto è piuttosto acceso, ed è probabile che sul campo rimanga qualche “contuso”. Tutto bene, dunque. Così come si conviene quando si parla di “arte di frontiera” (la definizione è di Francesca Alinovi che con questo titolo curò nel 1984, proprio a Bologna, alla Galleria d’arte moderna, una storica mostra sul graffitismo newyorchese) che per antonomasia vuole essere tutt’altro che paludata, rassicurante, omologata. Che poi sempre ci riesca è un altro paio di maniche. La mostra, a cura di Luca Ciancabilla, Christian Omodeo e Sean Corcoran, è ospitata a Palazzo Pepoli e raccoglie trecento opere di molti dei principali protagonisti del graffitismo e delle diverse forme di arte pubblica indipendente che si fanno risalire alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Il percorso espositivo si sviluppa attraverso tre sezioni, la prima delle quali, “Città dipinta”, oltre alla presenza di illustri esponenti dell’arte urbana quali Blek le Rat, Invader, Obey, offre una retrospettiva di Banksy, Blu e degli Os Gemeos. Del celeberrimo artista inglese sono presentati i suoi famosissimi Rats, con i quali è intervenuto sui muri di tutta Londra, insieme a Love is in the air del 2003 proveniente da una collezione privata di Parigi e a Girl with gas mask del 2002 appartenente a una collezione tedesca. Dell’italiano Blu, considerato tra i più apprezzati street artist al mondo, sono presentate diverse opere tra cui il monumentale Senza titolo del 2006 che occupa una intera parete alta dodici metri. Del duo brasiliano degli Os Gemeos, i cui soggetti rimandano frequentemente a temi socio-politici, c’è The Guitar del 2007 con i tipici personaggi dalla pelle gialla. La seconda sezione, “Città scritta”, è dedicata alla tag, la forma più basilare di graffiti, cioè la firma del writer realizzata con spray o marker, ed è qui che incrociamo le opere di Cuoghi Corsello, Rusty, Dado. Infine, con la “Città trasformata” si focalizza l’attenzione sulla New York degli anni Ottanta grazie alla collezione donata nel 1994 dal pittore statunitense Martin Wong al Museo della città di New York che giunge per la prima volta in Italia. È la sezione che comprende i più grandi artisti di strada d’oltreoceano, ormai consegnati alla storia dell’arte, ovvero Keith Haring, Rammellzee, Daze, Futura. © RIPRODUZIONE RISERVATA Bologna, Palazzo Pepoli STREET ART BANKSY & CO. L’arte allo stato urbano Fino al 26 giugno Dran, “Art of Buffing”
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