sabato 27 febbraio 2010
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Sulle tracce di Alessandro Magno, nel cuore della spedizione che il condottiero macedone ha compiuto attorno al 330 a. C. in terre remote, ai confini del mondo allora conosciuto. È quanto si propone Roland Besenval, della Délégation archéologique française en Afghanistan, alla guida di uno scavo sistematico sul sito dell’antica Battra (o Battria). È qui che più di 2300 anni fa è avvenuto il primo, reale incontro tra Occidente ed Estremo Oriente; è qui che un esercito di impavidi guerrieri, eroi destinati a divenire leggendari e paradigma perenne di qualsiasi successiva spedizione militare, ha conquistato terre remote, sede di civiltà, che quasi si perdevano nel mito, ed ha lasciato segni tangibili della propria presenza. Da queste parti – oggi nel nord dell’Afghanistan, pochi chilometri a sud del fiume Amu Daria – Alessandro e i suoi uomini hanno dato vita a una sorta di civiltà greco-buddhista, nata dal fortunato incontro del pragmatismo ellenistico con la spiritualità orientale. E, quasi a suggello politico di una volontà di fusione di istanze culturali così diverse, Alessandro da queste parti conobbe e sposò Roxane, figlia di un principe locale: un amore sincero, lasciano trapelare le fonti, al di là delle ragioni di Stato. Un amore vissuto anche per ribadire un’attrazione verso l’altro sesso, che interpretazioni troppo precipitose, fondate su fonti coeve intenzionate a dipingere un’immagine ambigua e un po’ manierata del condottiero macedone, hanno nei secoli messo in dubbio.Oggi la città di Battra torna alla luce, con una missione di studiosi, che opera tra i mille pericoli di una regione dal governo debole e infestata dalla guerriglia talebana. Proprio da queste parti l’archeologia è vista come pericolosamente rivelatrice di un passato florido e diverso rispetto alla purezza dell’islam; e in quanto tale va avversata. Tutti ricorderanno quando nel marzo del 2001 i talebani in preda a un’insensata furia iconoclasta fecero saltare le due splendide statue dei Buddha di Bamiyan. «Qui si rischia – dice l’archeologo Besenval – ma il rischio rende ancora più affascinante il nostro lavoro e lo ammanta di un alone di leggenda». Ed è così che a poco a poco riemergono resti di edifici ellenistici, abitazioni modeste e santuari di elegante fattura, dedicate a divinità locali, e tuttavia riferite a dèi olimpici, a sottolineare uno dei più riusciti esempi di sincresi propri della conquista di Alessandro, conquista certamente politica ed economica, ma profondamente rispettosa del sostrato culturale e religioso. E gli edifici non erano certo vuoti: vasellame, attrezzi agricoli, oggetti dell’arredo; molto di epoca macedone, ma tanto anche di epoche precedenti (quella persiana) o successive (romana, sassanide, cristiana e islamica) a testimoniare lunghi periodi di benessere e stabilità, oggi lontano ricordo. Tornano alla luce vestigia dall’evidente valore religioso: nelle vicinanze sono stati rinvenuti i resti di un mausoleo, appartenuto a un membro della famiglia del profeta Maometto e a capo delle locali scuole coraniche. E soprattutto testimonianze precise, dall’indubbio spessore storico, in grado di evidenziare lo spirito di ospitale accoglienza dei nobili della Battriana verso il conquistatore macedone: manoscritti su pergamena da poco apparsi sul mercato antiquario di Londra ed evidentemente trovati in queste zone e poi trafugati sono lettere in antico aramaico, che evidenziano nel loro contenuto estrema disponibilità e curiosità verso l’esercito di Alessandro, pure destinato a prevalere militarmente e a imporre la propria legge.
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