giovedì 29 novembre 2018
Le intelligenze artificiali entrano nell'istituzione torinese con il progetto Sas: una nuova interfaccia supera la tradizionale ricerca per parola-chiave e crea nuove connessioni fra storia e presente
Una interfaccia del progetto Sas realizzato nel Polo del ’900 di Torino, che consente grazie alle intelligenze artificiali di effettuare la ricerca di documenti e immagini anche per colore

Una interfaccia del progetto Sas realizzato nel Polo del ’900 di Torino, che consente grazie alle intelligenze artificiali di effettuare la ricerca di documenti e immagini anche per colore

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Ci sono archivi vecchi e polverosi in cui è obiettivamente difficile muoversi e rimandano a ricerche d’altri tempi, da topi da biblioteche. Ci sono, e sono sempre di più, archivi digitalizzati in cui si possono agevolmente fare ricerche in maniera semplice per parola e argomenti. Ma oggi a Torino si inaugura un progetto in grado di offrire qualcosa di più. Potremmo chiamarla la rivoluzione del colore. O della forma. O dei concetti. Perché al Polo del ’900 – istituzione culturale (visitata proprio lunedì anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella) che racchiude 19 importanti archivi – sarà possibile cercare documenti, notizie, testimonianze non solo e non tanto con la tradizionale formula della parola-chiave, ma proprio a partire dal colore, dalla forma, dal concetto. Archivi che – grazie all’intelligenza artificiale – dialogano con chi effettua la ricerca. Una ricerca 4.0, il digitale applicato alla memoria. Per parlare a tutti, dai più giovani ai più anziani, con una nuova interfaccia che apre gli scaffali della storia e li rende fruibili anche a chi non è abituato a questi luoghi. Fuori dagli usuali schemi mentali. Un percorso possibile grazie al progetto Sas – Smart Archive Search che nasce dalla collaborazione fra il Polo del ’900 e il centro di ricerca Her - Human Ecosystems Relazioni di Roma con il sostegno della Compagnia di San Paolo, nell’Anno europeo del patrimonio culturale. Gli agenti software intelligenti analizzano gli archivi raccogliendo titoli, metadati e contenuti, accorpandoli secondo pattern ricorrenti: forme, colori, concetti, nomi, indicazioni di luogo... Il risultato è la creazione di interfacce innovative che rendono possibile l’accesso all’archivio e alla storia del Novecento attraverso modalità di interazione più naturali, accanti e funzionali che aprono la ricerca archivistica a fasce di utenti non specializzate: un “algoritmo archivista” navigherà all’interno dei 400mila documenti del Polo del 900 – dall’archivio del Centro internazionale di studi Primo Levi a quello della Fondazione Antonio Gramsci, dai documenti della Fondazione Carlo Donat-Cattin a quelli dell’Associazione nazionale Partigiani – classificando testi, immagini e video, riconoscendo somiglianze, analogie, creando nuove modalità di accesso e di ricerca.

«L’archivio è un insieme di informazioni complesse. Ed è una grande sfida per l’intelligenza artificiale e il digitale – spiega il professore Simone Arcagni, esperto di Nuovi media e nuove tecnologie dell’Università di Palermo e autore del libro L’occhio della macchina (da poche settimane in libreria per Einaudi) –. L’archivio è il posto dove riponiamo le nostre informazioni culturali e storiche, la nostra memoria. Se il digitale cambia il nostro mondo culturale, politico e sociale, anche il nostro approccio può e deve cambiare, trovando formulazioni diverse. Può provare a mettere in crisi modelli che davamo per scontati e offrirci invece delle capacità e punti di vista nuovi. Ecco allora che il Polo del ’900, che è la somma di più archivi offre l’opportunità di entrare in un patrimonio culturale variegato e di riutilizzarlo in maniera diversa, facendo scoprire ed emergere connessioni a cui non avevamo pensato. Una sfida fantastica, ma anche necessaria. Il rischio d’altra parte – continua Arcagni – non è di poco conto: in gioco c’è la perdita della memoria o l’accumulo di memoria che nessuno utilizza perché lontana dalla pratica quotidiana». Come dire, l’archivio sarà vivo se sarà usato: «Se un software attraverso modalità nuove permette la partecipazione della gente, l’archivio allora riprende vita». Tecnologia al servizio della cultura, come avviene in fondo per l’arte (pensiamo alla diffusione di mostre immersive, dove i capolavori non ci sono, ma vengono abitati, vissuti attraverso video, proiezioni, ambienti virtuali). «Bisogna entrare nella logica per cui il digitale non è uno strumento tecnologico – riprende Arcagni – ma un modo di pensare. Dobbiamo metterci in testa che noi siamo tecnologia ed evolviamo con le tecnologie che cambiano e si evolvono con noi».

A dare una dimensione vitale e partecipativa agli archivi del Polo del ’900 sono due artisti ed esperti di inclusione digitale: Oriana Persico e Salvatore Iaconesi, che oltre ad aver lavorato allo Smart Archive Search hanno realizzato una installazione visuale intitolata Legami che a partire dalle news pubblicate in tempo reale da giornali, riviste, magazine online e social network, dialogherà con l’archivio del Polo del ’900 rilasciando pezzi di memoria connesse al presente. «L’archivio, grazie alle intelligenze artificiali, risponderà alle sollecitazioni del presente dimostrando quanto sia importante la storia per leggere quello che accade oggi intorno a noi», evidenzia la Persico. Un workshop (in programma oggi) offrirà a due fasce di cittadini, i più giovani e i sessantenni, di «addestrare le intelligenze artificiali», aggiungendo elementi, dati e specificazioni alle ricerche che effettueranno. La ricerca archivistica facilitata dall’uso delle moderne tecnologie – spiega Alessandro Bollo, direttore del Polo del ’ 900 – «crea un nuovo impatto culturale e sociale sulle singole persone e sulle comunità, con sviluppi futuri che sicuramente rivolgeranno un’attenzione particolare alle nuove generazioni e al ruolo della scuola». L’uso delle intelligenze artificiali «permette a tutti i cittadini di avere a disposizione nuovi strumenti per riappropriarsi della memoria del ’900 e allo stesso tempo, nuove occasioni per sperimentare in prima persona il rapporto uomo- tecnologia, comprendendone meglio l’uso e le potenzialità. Con progetti come Sas si gettano le basi per rendere sempre più accessibili i patrimoni culturali attraverso un esempio di innovazione civica che sposando arte, scienza, tecnologie e cittadinanza, sperimenta approcci nuovi ricchi di potenzialità». Così la storia e gli archivi si liberano della polvere e trovano il colore del presente.

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