venerdì 23 novembre 2012
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​«Li ruscelletti che d’i verdi colli / del Casentin discendon giuso in Arno,/ facendo i lor canali freddi e molli /  sempre mi stanno innanzi e non indarno / chè l’immagine lor vie più m’asciuga / che ’l male ond’io nel volto mi discarno…». Sono versi di Dante, al trentesimo canto dell’<+corsivo>Inferno<+tondo> ( vv.63-68 ), allorquando il poeta incontra Maestro Adamo falsificatore di monete e adesso qui nel regno infernale condannato alla idropisia: gli stanno innanzi le dolci acque del Casentino, ma non può  inumidire le sue labbra né  può dissertarsi.Dai tempi di Dante a oggi tanta acqua è passata sotto i ponti, eppure il Casentino è rimasto, nella sua forma geografica di un’ampia e profonda conca, una zona della Toscana ricca di fiumi, di ruscelli, di boschi, di foreste, di antiche pievi, di prati immensi che danno un senso di pace  e di riposo, di una fuga di colli in cui l’occhio spazia da una parte all’altra fra le province di Firenze, di Arezzo e la Romagna.Il viaggiatore che sale su fino alla cima del passo della   Consuma (a mille metri di altezza) e poi scende giù per tornanti e brevi rettilinei si trova a  destra e a sinistra  paesi antichi  e carichi di storia  che hanno mantenuto alcune caratteristiche  fino ad oggi: Stia, Pratovecchio, Montemignaio, Strada in Casentino, Castel San Nicolò , Poppi, Bibbiena, Camaldoli, Chiusi La Verna e il celebre convento la Verna… e poi sale su fino a Badia Prataglia... Mentre isolato nei campi, tra Pratovecchio e Borgo alla  Collina, sorge il gioiello della pieve di Romena. Nel fondo valle scorre il fiume Arno dopo aver preso origine da una delle cime che cinge il Casentino, il Falterona. Tutta una zona da vedere, da ammirare, da godere, lontana dalla città, eppur  così importante  per la storia politica e religiosa. Varia e variegata nelle sue forme e  nella sua vegetazione, il Casentino  ha anche delle discrete attività industriali, in special modo quelle della lana  e del legno.Il nostro ipotetico viaggiatore che supera Borgo alla Collina e arriva nella piana di Campaldino si trova dinanzi a una valle ormai  del tutto abitata, ma un tempo  aperta campagna, là dove avvenne nel 1289 la celebre battaglia  tra  Guelfi e Ghibellini, tra Arezzo e Firenze che segnò  il tramonto delle fortune ghibelline in Toscana e l’ascesa di Firenze nella sua voglia espansionistica nei confronti di Arezzo e poi di Siena e Pisa. Una targa ancora oggi ricorda quel cruento  avvenimento  a futura memoria. Qui, alzando lo sguardo verso la collina, ammira il celebre castello di Poppi, il Palazzo pretorio, dei Conti Guidi. Una splendida testimonianza  architettonica e artistica del secolo XII. Domina tutta la vallata, svetta solenne  e maestoso, in una posizione ideale per la difesa, a quasi 500 metri di altezza. Il cortile interno, dalle pareti ornate di stemmi, dà il senso della eleganza  e della potenza  del Casato, mentre i ballatoi  conducono a saloni e stanze dove  si conservano  opere della scuola di Botticelli, di Taddeo Gaddi, terrecotte robbiane, l’antica cappella con affreschi di scuola fiorentina del secolo XIV e la biblioteca dove si conservano manoscritti e incunaboli del secolo XI. Attualmente  adibito a mostre e iniziative  culturali, il Castello nella sue forme classiche ed eleganti  è uno dei monumenti più belli della Toscana.Proseguendo ancora si incontrano celebri monumenti che racchiudono l’eredità spirituale di due santi fortemente presenti nella storia della Toscana e oltre: san Romualdo  e san Francesco, rispettivamente a Camaldoli e a La Verna. Si direbbe che nella storia più significativa e ancora attuale  del Casentino, le due località sono habitat, eremi, memoria  storica e estasi  spirituale ed estetica.Si arriva a Camaldoli immersi nel fresco di una grandiosa foresta di abeti, di  castagni, faggi, ippocastani, querce… in un ambiente che già conduce il visitatore quasi al di fuori della societas, della civitas, del secolo presente e "obbligato" a entrare in un silenzio  e in una preghiera che san Romualdo nel 1012 prese a regola di vita  facendo costruire la prima cella e la prima cappella e dando fondamentalmente ai suoi discepoli la  Regola d’oro che era già di san Benedetto: «Ora et labora». Alla morte del santo, nel 1027, la Congregazione dei Camaldolesi era già diffusa e cominciava ad avere le sue norme consuetudinarie comunitarie che vennero approvate poi dal papa Pasquale II nel 1113. Nell’interno della chiesa del monastero da notare in modo particolare l’opera vasariana  del 1538 Madonna col Bambino e i SS. Giovanni Battista e Girolamo.Proseguendo per una strada  interna disagiata e immersa nella vegetazione o per la provinciale che scende a Poppi e prosegue per Bibbiena si arriva a La Verna, nel Comune di  Chiusi La Verna. Allora, nel  1213, quando il conte Orlando Cattani di Chiusi  donò  il monte a san Francesco, era un territorio triste e isolato, oggi invece è meta di pellegrinaggi, di gite, di escursioni, di convegni, di esercizi spirituali perché dire La Verna è dire san Francesco, e san Francesco in mondo particolare nell’atto di ricevere le stigmate nella primitiva grotta dove lui  dormiva. Tutto il complesso  testimonia della vita  del Santo e dei suoi immediati discepoli, man mano che  venne ingrandito con i suoi cinque chiostri  e quasi inciso sulla grande rocca sospesa sulla valle circostante. Qui l’arte lasciò  grandi testimonianze (come in Assisi ) nella memoria della vita di Gesù o del Santo Poverello: le terrecotte Adorazione del Bambino e i SS. Francesco e Antonio da Padova, L’Ascensione e L’Assunzione di Maria di Andrea Della Robbia. Passando di  luogo in luogo, di rocca in rocca, di grotta in grotta si risente l’eco delle parole del Santo e i versi del Sommo poeta con cui abbiamo aperto  e chiudiamo  questa lunga nota: «Poiché la gente poverella crebbe / dietro a costui, la cui mirabil vita / meglio in gloria  del ciel si canterebbe….  / nel crudo sasso intra Tevere e Arno / da Cristo prese l’ultimo sigillo / che sue membra due anni portarno». (<+corsivo>Paradiso<+tondo>, XI, vv. 94-96; 106-108 ).
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