«Li ruscelletti che d’i verdi colli / del Casentin discendon giuso in Arno,/ facendo i lor canali freddi e molli / sempre mi stanno innanzi e non indarno / chè l’immagine lor vie più m’asciuga / che ’l male ond’io nel volto mi discarno…». Sono versi di Dante, al trentesimo canto dell’<+corsivo>Inferno<+tondo> ( vv.63-68 ), allorquando il poeta incontra Maestro Adamo falsificatore di monete e adesso qui nel regno infernale condannato alla idropisia: gli stanno innanzi le dolci acque del Casentino, ma non può inumidire le sue labbra né può dissertarsi.Dai tempi di Dante a oggi tanta acqua è passata sotto i ponti, eppure il Casentino è rimasto, nella sua forma geografica di un’ampia e profonda conca, una zona della Toscana ricca di fiumi, di ruscelli, di boschi, di foreste, di antiche pievi, di prati immensi che danno un senso di pace e di riposo, di una fuga di colli in cui l’occhio spazia da una parte all’altra fra le province di Firenze, di Arezzo e la Romagna.Il viaggiatore che sale su fino alla cima del passo della Consuma (a mille metri di altezza) e poi scende giù per tornanti e brevi rettilinei si trova a destra e a sinistra paesi antichi e carichi di storia che hanno mantenuto alcune caratteristiche fino ad oggi: Stia, Pratovecchio, Montemignaio, Strada in Casentino, Castel San Nicolò , Poppi, Bibbiena, Camaldoli, Chiusi La Verna e il celebre convento la Verna… e poi sale su fino a Badia Prataglia... Mentre isolato nei campi, tra Pratovecchio e Borgo alla Collina, sorge il gioiello della pieve di Romena. Nel fondo valle scorre il fiume Arno dopo aver preso origine da una delle cime che cinge il Casentino, il Falterona. Tutta una zona da vedere, da ammirare, da godere, lontana dalla città, eppur così importante per la storia politica e religiosa. Varia e variegata nelle sue forme e nella sua vegetazione, il Casentino ha anche delle discrete attività industriali, in special modo quelle della lana e del legno.Il nostro ipotetico viaggiatore che supera Borgo alla Collina e arriva nella piana di Campaldino si trova dinanzi a una valle ormai del tutto abitata, ma un tempo aperta campagna, là dove avvenne nel 1289 la celebre battaglia tra Guelfi e Ghibellini, tra Arezzo e Firenze che segnò il tramonto delle fortune ghibelline in Toscana e l’ascesa di Firenze nella sua voglia espansionistica nei confronti di Arezzo e poi di Siena e Pisa. Una targa ancora oggi ricorda quel cruento avvenimento a futura memoria. Qui, alzando lo sguardo verso la collina, ammira il celebre castello di Poppi, il Palazzo pretorio, dei Conti Guidi. Una splendida testimonianza architettonica e artistica del secolo XII. Domina tutta la vallata, svetta solenne e maestoso, in una posizione ideale per la difesa, a quasi 500 metri di altezza. Il cortile interno, dalle pareti ornate di stemmi, dà il senso della eleganza e della potenza del Casato, mentre i ballatoi conducono a saloni e stanze dove si conservano opere della scuola di Botticelli, di Taddeo Gaddi, terrecotte robbiane, l’antica cappella con affreschi di scuola fiorentina del secolo XIV e la biblioteca dove si conservano manoscritti e incunaboli del secolo XI. Attualmente adibito a mostre e iniziative culturali, il Castello nella sue forme classiche ed eleganti è uno dei monumenti più belli della Toscana.Proseguendo ancora si incontrano celebri monumenti che racchiudono l’eredità spirituale di due santi fortemente presenti nella storia della Toscana e oltre: san Romualdo e san Francesco, rispettivamente a Camaldoli e a La Verna. Si direbbe che nella storia più significativa e ancora attuale del Casentino, le due località sono
habitat, eremi, memoria storica e estasi spirituale ed estetica.Si arriva a Camaldoli immersi nel fresco di una grandiosa foresta di abeti, di castagni, faggi, ippocastani, querce… in un ambiente che già conduce il visitatore quasi al di fuori della
societas, della
civitas, del
secolo presente e "obbligato" a entrare in un silenzio e in una preghiera che san Romualdo nel 1012 prese a regola di vita facendo costruire la prima cella e la prima cappella e dando fondamentalmente ai suoi discepoli la Regola d’oro che era già di san Benedetto: «Ora et labora». Alla morte del santo, nel 1027, la Congregazione dei Camaldolesi era già diffusa e cominciava ad avere le sue norme consuetudinarie comunitarie che vennero approvate poi dal papa Pasquale II nel 1113. Nell’interno della chiesa del monastero da notare in modo particolare l’opera vasariana del 1538
Madonna col Bambino e i SS. Giovanni Battista e Girolamo.Proseguendo per una strada interna disagiata e immersa nella vegetazione o per la provinciale che scende a Poppi e prosegue per Bibbiena si arriva a La Verna, nel Comune di Chiusi La Verna. Allora, nel 1213, quando il conte Orlando Cattani di Chiusi donò il monte a san Francesco, era un territorio triste e isolato, oggi invece è meta di pellegrinaggi, di gite, di escursioni, di convegni, di esercizi spirituali perché dire La Verna è dire san Francesco, e san Francesco in mondo particolare nell’atto di ricevere le stigmate nella primitiva grotta dove lui dormiva. Tutto il complesso testimonia della vita del Santo e dei suoi immediati discepoli, man mano che venne ingrandito con i suoi cinque chiostri e quasi inciso sulla grande rocca sospesa sulla valle circostante. Qui l’arte lasciò grandi testimonianze (come in Assisi ) nella memoria della vita di Gesù o del Santo Poverello: le terrecotte
Adorazione del Bambino e i SS. Francesco e Antonio da Padova, L’Ascensione e
L’Assunzione di Maria di Andrea Della Robbia. Passando di luogo in luogo, di rocca in rocca, di grotta in grotta si risente l’eco delle parole del Santo e i versi del Sommo poeta con cui abbiamo aperto e chiudiamo questa lunga nota: «Poiché la gente poverella crebbe / dietro a costui, la cui mirabil vita / meglio in gloria del ciel si canterebbe…. / nel crudo sasso intra Tevere e Arno / da Cristo prese l’ultimo sigillo / che sue membra due anni portarno». (<+corsivo>Paradiso<+tondo>, XI, vv. 94-96; 106-108 ).